25 Aprile festa di tutti gli italiani senza se e senza ma

Il 25 Aprile festa di tutti gli italiani perché nel '45 ha vinto un'idea di nazione libera e democratica contro il nazifascismo

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Andrea Titti - 25 Aprile corteo Io Cammino Insieme

Se c’era bisogno: oggi lungo le strade dei Castelli Romani si è reso plasticamente l’idea di come il 25 Aprile può essere ed è ancora una festa di popolo e non una occasione di divisione. L’iniziativa che ha reso possibile questo è stata lanciata poche settimane fa dal Coordinamento Restiamo Umani Castelli Romani, ed ha visto l’adesione di moltissime sigle tra associazioni e realtà attive sul territorio. Io Cammino Insieme, una passeggiata da Genzano a Castel Gandolfo, con tappe nelle piazze di Ariccia ed Albano Laziale, per promuovere i diritti umani, un’italia libera dai nazionalismi, un’Europa unita ed uno sviluppo sostenibile. Sono state circa un migliaio le persone, tra cui molti giovani, a sfilare ordinatamente sui marciapiedi, dalle 9:30 fino alle 13:00 quando si sono tenuti a Castel Gandolfo gli interventi istituzionali e dei promotori dell’iniziativa.

Una occasione che ci da spunto per riflettere serenamente sul senso del 25 Aprile che, purtroppo, ancora oggi vede polemiche e contrasti politici che non avrebbero ragion d’essere se si conoscesse la storia e si avesse davvero a cuore la nostra Patria.

Partiamo dalla storia quindi:. Il 25 Aprile è il giorno in cui, grazie all’intervento militare anglo-americano e degli alleati, unitamente alla resistenza italiana, fatta di cattolici, liberali, comunisti, repubblicani, monarchici e azionisti, l’Italia ha conquistato. o riconquistato la libertà prima, la democrazia poi. Tutto questo è stato possibile perché ad essere sconfitte furono le forze nazifasciste che avevano trascinato il popolo italiano, dopo 20 anni di dittatura, ad una doppia tragedia: quella del secondo conflitto mondiale e quella della guerra civile.

Chi nega questo non nega un’ideologia, nega la storia. Se nel 1945 avessero vinto le forze dell’asse italo-tedesco, l’Italia sarebbe stata uno stato satellite della Germania nazista, retto da un regime autoritario, subalterno alle volontà di Berlino, a carattere razzista.

La vicenda italiana tuttavia si caratterizza, rispetto al quadro degli altri paesi europei, per una sua specificità: quella di essere stata teatro di una sanguinosa guerra civile che dall’8 Settembre ’43 al 25 Aprile ’45, ha visto italiani combattere altri italiani, in nome di due idee di nazione contrapposte. Certamente il comportamento della Monarchia Sabauda che ha di fatto sciolto la nazione con la sua fuga da Roma e la gestione grottesca del periodo che va dalla defenestrazione di Mussolini all’annuncio dell’armistizio, è stato altro sale sulle ferite di una comunità stremata, servito a confondere ed esacerbare, persino giustificare, l’istinto di riscatto in tanti che non scelsero di battersi per la libertà, pensando, sbagliando, così di difendere l’onore e la natura dell’Italia come entità nazionale. Il cuore della festa di oggi però, è questo il punto, sta nella vittoria di un’idea di nazione libera e democratica, rappresentata dalla resistenza, contro un’idea di nazione autoritaria, espansionista, discriminatoria e razzista, incarnata dal nazifascismo.

Per questo il 25 Aprile è e dovrà restare per sempre la festa di tutti gli italiani che amano la libertà, senza se e senza ma.

Ogni guerra civile, più di una guerra mondiale, proprio perché guerra fratricida, lascia segni profondi e ferite aperte nell’animo di ogni popolo che la vive. L’Italia non ha fatto eccezione, con le sue scie di sangue anche a conflitto finito.

Alla politica, ai suoi rappresentanti più illuminati, di ogni parte e di ogni orientamento, il compito di lenire e ricucire quelle ferite, non in un indistinto “dimentichiamoci il passato”, ma attraverso un opera di riconciliazione nazionale che tenga ferma e viva la verità storica di chi aveva ragione e di chi aveva torto.

In questo percorso l’Italia, faticosamente, aveva fatto passi da gigante, sin dai primi anni del dopoguerra: ma oggi sembra essersi sfilaciato il filo della memoria. Ricordiamo una frase di Togliatti che, rivolgendosi agli ex combattenti della Repubblica Sociale disse: “Tra di noi c’è stato un malinteso, perché voi pensavate di combattere per la Patria, mentre in realtà a combattere difendendo l’onore dell’Italia eravamo noi della resistenza”. Per arrivare quasi ai giorni nostri, quando la destra, erede della tradizione post fascista, si era pensata e proposta come soggetto pienamente inserito non solo nei valori democratici della Costituzione, lo era sempre stato nel dopoguerra in quanto forza parlamentare, ma nell’antifascismo. Lo fece attraverso un percorso ideale, politico e umano, vero, perché doloroso, fatto apertamente, che purtroppo però ha visto sconfitti tutti coloro che ne avevano pensato l’approdo. Da questa sconfitta nasce il rigurgito culturalmente fascista degli ultimi anni, intriso di intolleranza e volgarità, che affolla il linguaggio ed i comportamenti di tanta parte della classe dirigente che oggi, magari non si definisce di destra, magari neanche lo è, ma di fatto scimmiotta tutti gli stereotipi, i peggiori stereotipi ed atteggiamenti, del fare fascista.

L’ostacolo che oggi tutti gli amanti della libertà sono chiamati a superare, starà nel battere questo rigurgito che, presentandosi sotto varie forme, apparentemente folcloristiche, banali, trascurabili, nella realtà sta sdoganando nell’opinione e negli atteggiamenti delle persone, concetti tipici di culture autoritarie e discriminatorie che tanto male hanno fatto all’Italia ed all’Europa.

Di Andrea Titti