Una firma per avallare la chiusura coattiva di un locale, e poi le ferie. Funziona così al Suar – Dipartimento Turismo e Attività Ricettive – di Roma Capitale, perché in fondo è agosto e la voglia di andare al mare c’è, anche dopo aver mandato a casa 52 dipendenti regolarmente contrattualizzati. E’ il caso di Borgo Ripa, uno dei locali più suggestivi di Roma che venerdì scorso ha chiuso i battenti con un’operazione condotta dalla Polizia Amministrativa del I Gruppo Trevi. Mancavano le carte in regola per la somministrazione di cibi e bevande secondo il Suar e secondo chi ha firmato l’ordinanza per poi andare in ferie, senza la possibilità di un confronto con chi quell’ordinanza l’ha subita. La proprietà di Borgo Ripa si è mobilitata immediatamente per fare chiarezza sull’accaduto, impugnando dalla sua una legge riguardante le dimore storiche e la possibilità di somministrare alimenti e bevande – Legge regionale del 14 agosto 2017, n. 9, art. 17, comma 63. Appuntamenti al Suar, alla Procura della Repubblica, al Comando della Polizia Locale, oltre che da vari commercialisti e legali, il tutto di fretta e furia perché a rischiare il posto di lavoro sono in 52 persone – con famiglie annesse. Si aggiunga a questo, che la fretta di mobilitarsi il prima possibile è stata dettata anche dalla paura del Ferragosto e delle conseguenti vacanze romane che hanno il potere- si sa – di rendere questa città inerme, mettendola in stand-by. Dopo due giorni di silenzio, arriva la risposta del Suar alle spiegazioni avanzate da Borgo Ripa. Secondo i professionisti del Dipartimento Turismo e Attività Ricettive – che dovrebbero avere la finalità di far ingranare la marcia giusta alla città e alle sue attività produttive, e non di renderla altresì claudicante – tale legge è in contrasto con il regolamento regionale n.7 agosto 2015, in cui al punto 1.05.a si prevede “la possibilità del servizio di ristorazione per i soli alloggiati”. Dunque
potrebbe somministrare cibi e bevande alle sole persone alloggiate presso la struttura ricettiva. Eppure di casi simili ce ne sono. Uno fra tutti quello del Castello di Santa Severa, fiore all’occhiello della Regione Lazio che tanto si è attivata per ridonargli splendore. Beh il Castello è divenuto recentemente una struttura ricettiva, un ostello nello specifico, ma che di certo continua a portare avanti la sua attività serale, proponendo aperitivi, musica e dopocena. Per fare chiarezza ad una così torbida vicenda, tutti i dipendenti mandati a casa dall’oggi al domani, sono tornati sul posto di lavoro. Ma stavolta con delle catene addosso. Perché i tempi burocratici per loro, che ad agosto lavorano, sono troppo lunghi e onerosi da sopportare. Meglio alzare la voce incatenandosi là dove lavorano e pagano le tasse. Tra loro c’è anche la proprietà di Borgo Ripa che chiede la riapertura del locale e una spiegazione più esaustiva che racconti cosa ha spinto all’ordinanza di chiusura coattiva. Ricordando che dalla sua ha – oltre ad una legge che parla chiaro, e oltre a casi simili come il sopracitato Castello di Santa Severa – 52 dipendenti regolarmente contrattualizzati.