L’Italia è ripartita grazie al buonsenso

Il Professor Luca Andreassi in zona mista ci ricorda le previsioni sbagliate che volevano il 9 giugno 151mila malati di Covid in terapia intensiva

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Oggi è un giorno speciale. Oggi è il day after. Il giorno dopo il disastro.

Era il 4 maggio, infatti, quando gli esperti individuati dal nostro Governo, profetizzarono che, se si fosse riaperto, l’8 giugno si sarebbero verificati degli scenari apocalittici. Scenari in cui il virus avrebbe ripreso a correre talmente tanto velocemente che sarebbero stati necessari 151.000 posti in terapia intensiva. Centocinquantunomila.

A nulla servì osservare che nel momento peggiore della pandemia in Italia si era arrivati ad aver bisogno di 4000 posti. A nulla servì il lavoro di matematici, statistici, ingegneri che, analizzando i dati degli esperti della task force, dimostrarono che c’erano dei grossolani errori di calcolo. Sulle mie note su facebook anche io, umilmente, mi permisi di dimostrare quanto gli esperti avessero preso una topica clamorosa.

Ma niente. Conte col suo tono rassicurante ci diceva “morirete tutti”.
Brusaferro, uno degli ultimi in classifica secondo gli indicatori (Scopus) scientifici tra tutti i virologi del mondo, ribadiva “parola di esperto, parola di re”.

Si erano sbagliati. Oggi è evidente. I 151.000 posti in terapia intensiva sono oggi meno di 300. In 7 Regioni non si registrano nuovi contagi. In 11 non si registrano decessi.

Evidenze che, però, non sembrano allineare gli esperti con la realtà.

A Palazzo Chigi si continua a lavorare alacremente ad enciclopedie di regole. Per vincere il campionato di calcio servirà una laurea in ingegneria aerospaziale. Vincerà chi sarà in grado di sviluppare l’algoritmo pensato per definire la classifica.
E la scuola? Vogliamo parlare del quantitativo di regole proposte, pensate, ipotizzate, votate sulla riapertura della scuola? Con un’unica certezza. La scuola, unici in Europa, non è ripartita. E, soprattutto, non si capisce come potrà ripartire a settembre.

Mentre questo accade nei Palazzi del potere, dove gli esperti lavorano indefessamente su sudatissime carte, il Paese è faticosamente ripartito sostituendo al rispetto delle draconiane regole del Governo una sorta di fiducia sociale lasciata al buonsenso del cittadino. Buonsenso, in fondo, che, da solo, ha consentito all’Italia, in questi mesi, di uscire dalla crisi epidemiologica.

Ed ecco le strade piene di gente. Con la mascherina generalmente, ma non così distanziati. Nelle piazze si è tornato a manifestare. Dalla manifestazione del 2 giugno a quella a Piazza del Popolo senza alcun rispetto dei distanziamenti. Nei parchi, al mare, nei mercati la gente è tornata a comportarsi in maniera “normale”.
Una normalità associata a quell’odore di amuchina persistente che sta a dirci che la mano si stringe ma, magari, subito dopo, la si igienizza.

Ed in questo contesto, anche chi le regole le dovrebbe far rispettare, pare accettare la logica del buon senso. Pochissimi controlli, nessuna sanzione.

Il buonsenso vince sulle regole direte voi. Per molti ma non per tutti.

Perché tutto questo non vale più quando parliamo di ristoranti, negozi di abbigliamento, esercizi commerciali, palestre.

Lì siamo in un altro mondo. File per comprare un paio di scarpe, visto che gli ingressi sono contingentati, moduli da compilare nei ristoranti che hanno perso la metà dei coperti per rispettare il distanziamento fisico, prenotazioni obbligatorie, guai a non specificare se si è congiunti o solo amici o a non lasciare il numero di telefono in fase di prenotazione. Oppure vogliamo parlare del calvario dei titolari di palestre, soggetti a delle regole assurde per garantire mezz’ora di nuoto a bambini fermi da tre mesi? O a parrucchieri ed estetisti obbligati all’acquisto di grembiuli in plastica per il cliente, guanti, mascherine, sovrascarpe, buste di plastica per far riporre gli oggetti personali dei loro clienti. A dei costi dieci volte superiori a quelli pre covid.

Senza una ragione reale se non che questi siano posti facili dai individuare, controllare e sanzionare. Molto più semplice sanzionare un negozio di abbigliamento in centro che fa entrare una persona in più che le signore che si ammassano intorno alla bancarella di un mercato per accaparrarsi l’ultima canottiera esposta.

Insomma, esiste una parte fondamentale di questo Paese, protagonista di un pezzo importante del PIL, abbandonata a se stessa, oppressa da infinite regole che fanno passare la voglia alle persone di entrare in quei luoghi.

Quando si parla di semplificazione si intende anche la definizione di protocolli che siano in linea con la situazione epidemiologica attuale e che non creino discriminazioni nei confronti di qualche categoria.

Le regole. Le regole non viaggiano mai da sole ma devono essere accompagnate da un grande senso di responsabilità, anche e soprattutto da parte di chi le emana.

Un paio di secoli fa, il filosofo ambientalista Henry David Thoreau scriveva: “Qualsiasi sciocco può formulare una regola, e qualsiasi sciocco la osserverà.”

Oggi probabilmente evolverebbe il suo concetto in “Qualsiasi sciocco può formulare una regola, e qualsiasi sciocca regola vale solo per chi è in grado di farle rispettare”