Cercare l’uomo, trovando la lanterna

Fino a ottobre, ai Musei Capitolini, una mostra per parlare della “Nuova luce da Pompei a Roma”, con reperti restaurati e mai esposti al pubblico

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Diogene, svestito di tutto, camminava con una lanterna “cercando l’uomo”; secoli più tardi, Nietzsche, parafrasandolo, sottolineò la necessità di “trovare la lanterna, prima di cercare l’uomo”.
Ed è proprio per parlare della “Nuova luce da Pompei a Roma”, che a Villa Caffarelli, l’assessorato alla Cultura di Roma Capitale, la Sovrintendenza Capitolina, assieme all’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera (e l’organizzazione di Zètema), ha allestito una mostra a tema, visitabile fino all’8 ottobre 2023. Perché il rapporto dell’uomo con i sistemi d’illuminazione dura ininterrottamente da circa duemila anni…

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Com’erano rischiarate le sere e le notti di diversi secoli fa? Poco: questo si è sempre saputo. Ma la suggestiva proposta che viene da quest’evento (a cura di Ruth Bielfeldt, docente di Archeologia Classica all’Università di Monaco, e di Johannes Eber) è di affrontare, per la prima volta e in maniera organica, la dimensione estetica e le atmosfere della luce artificiale nell’antichità.

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Dal Campidoglio, perciò, muove i passi un viaggio nelle luminaria del mondo romano, grazie a 180 reperti originali in bronzo dai maggiori siti alle falde del Vesuvio (Pompei, Stabiae) e dalla Capitale stessa.
Nessun’altra città del passato, infatti, ha restituito così tanti sistemi di illuminazione come Pompei: lucerne, portalucerne e supporti per quelle figurative, soprattutto, oltre a celebri statue e sculture, oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) e al Parco Archeologico di Pompei (PAP).
Lungo il percorso espositivo – articolato in 9 sale – sono presenti pure reperti mai esposti (molti, appositamente restaurati), assieme a circa 30 opere dalle collezioni autoctone.
La luce artificiale romana è arte in sé: forme plastiche per superfici circoscritte dai bagliori; candelabri di bronzo che creano scenografie spettacolari, dove l’ombra è parte del disegno. Questo, investigando pure il tema della luce sotto una prospettiva antropologica, per comprendere le diverse sfaccettature della vita nell’antica Roma, dove, nel quotidiano, essendo un prodotto tecnico-culturale, l’illuminazione aveva un ruolo di primo piano, si potrebbe dire quasi di “mediatrice sociale”. Così, come, per questa occasione, diviene ponte fra passato e presente; ieri, si proponeva come linea-guida fra le persone.
Dalle lucerne alle lampade ludiche e sovversive del light designer Ingo Maurer; dalla grande lampada con pipistrello (dalla Villa di Arianna a Stabia) alle simulazioni digitali su modelli 3D, il passo è breve.

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Nella sede dei Capitolini, il visitatore è accolto da video didattici, repliche tattili, una postazione multimediale con contenuti digitali interattivi, un approfondimento legato al consumo di cibo che, attraverso stufe e scaldavivande, offre una ricostruzione della complessa coreografia della luce legata alla convivialità.
Ma anche lo spettro di atmosfere diverse: quella religiosa (con gli arredi del larario della Casa della Fortuna di Pompei); quella erotica (con le lucerne falliche, da taberne e botteghe); quella magica (con lucerne dionisiache). Nell’ultima sala, il racconto delle suppellettili che adornavano le case patrizie di Roma, ma pure la luce “alla luce” di eventi drammatici, cioè, in relazione agli incendi e alle modalità di organizzazione messe in atto per fronteggiarli.
In fundo, una spettacolare eruzione del Vesuvio: qui, non i calchi umani, ma gli oggetti in bronzo raccontano la paura vissuta in quei momenti. Quegli stessi oggetti che, a differenza delle persone, sono riusciti a sopravvivere per raccontarci la loro storia immortale.
Info: www.museicapitolini.org

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