La Pallavolo ha vissuto un silenzio olimpico lungo 30 anni. Un silenzio fatto di bocconi amari, bicchieri di… rabbia. Sconfitte brucianti, inattese, umilianti o ingiuste.
Prendete gli uomini che non hanno mai vinto dopo essere stati campioni di tutto e di tutti, quella “Generazione di Fenomeni” a cui da Barcellona ha vissuto l’appuntamento olimpico come un incubo.
Le donne poi solo a Parigi sono andate in semifinali, una follia, quasi una bestemmia sportiva per una nazionale che ha vinto di tutto e che vive l’appuntamento con la top 4 come obiettivo minimo e mal sopportato quando è stata fallito l’obiettivo finale che fosse continentale o mondiale. 
In terra franzosa poi sono andate in finale e poi hanno vinto, come naturale che fosse. Come voleva la naturalezza dopo anni di incertezze polemiche, vittorie (che sono state tante), sconfitte tantissime.
Ci voleva il santone Velasco, che ha dimostrato nella sua ultima (?) carriera di essere tornato uno straordinario vincente anche nella pallavolo dopo aver vinto negli anni Ottanta nei club, negli anni Novanta con la Generazione dei Fenomeni ed essere stato poi dirigente sportivo di sport e ora grande formatore a livello mondiale.
La filosofia dei piccoli passi, dei concetti semplici, coadiuvato da un “pozzetto” di livello assoluto formato da Lorenzo “Lollo” Bernardi che è semplicemente il Giocatore del Secolo (lo scorso) e Massimo Barbolini, allenatore campione del mondo anni fa sempre con la nazionale femminile e l’allievo (prediletto) in panchina dell’allenatore di La Plata.
Un cerchio che si era aperto nelle bellissime e drammatiche vittorie in World League e mondiali al Maracanazinho di Rio De Janeiro e a Cuba nei primi anni Novanta, si chiude a Parigi non con i maschi, ma con le femmine con la Enogu che raggiunge l’apice di una carriera in cui ha vinto tutti e che con l’oro in panchina con la Francia di Andrea Giani corona il percorso di un movimento che meritava come nessuno forse – quello della pallavolo – l’alloro olimpico.
