La poetica della scrittrice Yuleisy Cruz Lezcano

Il suo ultimo libro "Di un'altra voce sarà la paura"

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Yuleisy Cruz Lezcano è nata a Cuba, ma da molti anni vive vicino Bologna dove esercita nella sanità pubblica. Laureata in scienze biologiche. ha ottenuto una seconda laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna. Ha pubblicato numerosi libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi.

Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina, Spagna e con il giornale letterario del Premio Nabokov.

La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.

Il suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura” è stato selezionato per presentarlo al Salone Internazionale del Libro di Torino edizione 2024, è stato presentato nella Televisione di Stato della Repubblica di San Marino e in Tele Granducato della Toscana, sarà presentato con l’associazione Artinte di Barletta, Trani, Puglia ad agosto, è stata ospite del Festival del Borgo antico di Bisceglie, Puglia e della trasmissione televisiva Street Talk di Andrea Villani, che viene trasmessa in 22 reti televisive in tutta Italia. Il 6 settembre a presentato la raccolta presso l’ambasciata di Cuba a Roma

 

Yuleisy Cruz Lezcano è una donna bella e aggraziata nei modi. A prima vista trasmette una profonda sensibilità che cela la grande forza e passione di dare voce attraverso la sua poesia, alla drammatica vicenda della violenza di genere che purtroppo le cronache ci riportano frequentemente. Ha scelto la via della poesia per dare voce alle ferite dell’anima e del corpo delle donne. Una via che vuole lenire e plasmare quel morbo di violenza che certi uomini sono verso le donne. Le poesie come le rose, sono petali da raccogliere, contemplare e capire. Yuleisy vuole che questi petali diventino strumento di riflessione e d’immedesimazione per ogni persona: piccola, grande, uomo o donna che sia.

“Di un’altra voce sarà la paura” è il suo ultimo volume dedicato al tragico racconto del femminicidio, ma qual è l’altra voce della paura?

L’altra voce è la voce poetica, la mia voce, che non è per parlare di paura ma per fare sentire in qualche modo la donna meno sola, per aiutarla a far sparire le colpe, a esprimere rabbia, riconoscersi nel proprio corpo. Ho deciso di prestare la mia penna per parlare della violenza e sensibilizzare riguardo l’argomento, usando la poesia come strumento per esprimere rifiuto verso qualunque forma di abuso, violenza e intimidazione maschilista. E per non dimenticare che la violenza contro le donne continua ad essere presente con cifre allarmanti in tutto il mondo e che segna ancora la vita di donne e di bambine. Con le mie parole in modo quasi visivo descrivo e spiego la violenza di genere, spesso in modo poco addolcito, non per inesperienza poetica, ma volutamente per far entrare il lettore nella violenza, per causare repulsione riguardo al fenomeno, perché egli entri nei dolori delle donne, nelle sue ferite.

Vorrei che sia chiaro che non cerco consensi.  Spesso si parla di violenza e si cerca di offrire ai lettori concetti limitati nel loro significato da una convenzione consensuale. Io invece non ho cercato questo. Mi sono calata con le parole nella sofferenza e questo mi è servito e mi serve per esprimere rifiuto e per cercare il rifiuto della società odierna, che credo sia già presente. Penso però che spesso la società mostri incapacità di evidenziare i sentimenti che le donne provano, di identificare la voce delle vittime con la sua voce, senza ridurre le emozioni, giustificare o addolcire la violenza, normalizzandola. Credo sia facile liquidare il problema dicendo che è un male sociale che è “sempre esistito”, difficile da sradicare.

Pertanto prestando la mia voce non volevo che di fronte a questo tipo di violenza, le parole si mostrassero paralizzate e incapaci di esprimere orrore. Non volevo solo fotografare una realtà esterna e convenzionale. Volevo rimuovere l’epidermide dietro la quale si nasconde l’impossibilità di poter esprimere ciò che minaccia, entrare dentro il corpo della violenza ed esprimere la propria parte più individuale. Volevo inoltre prestare la mia voce per ribadire il diritto di ogni donna, come quello di ogni essere umano, a vivere e a scegliere la propria vita”.

Nella sua recente presentazione avvenuta presso l’ambasciata di Cuba in Roma lei ha detto che il suo linguaggio poetico vuole essere anche uno strumento sociale per il prossimo. Cosa intende esattamente?

“La poesia mi appare gravida di speranza perché tesa attraverso la sua fame per riempire di pienezza il senso delle parole; è uno strumento potente, perché può andare oltre e riuscire a dire quello che si vuole, creando immagini, cosa che in genere non fa il linguaggio comune. È difficile da definire, ma può trasmettere il dolore che la medicina non è in grado di diagnosticare; potrebbe, insomma, essere il flash che illumina l’esigenza di una uguaglianza nell’amore, entrare con immagini nelle ferite, dentro il corpo delle emozioni. È noto a tutti come l’azione poetica da sola o insieme alla musica nella canzone, non solo ha saputo trasformare la parola in un rituale condiviso, ma ho notato dopo le varie presentazioni che ho avuto per presentare questo libro, che la parola è riuscita a modificare formalmente la realtà in ogni momento. Per esempio quando ho presentato il libro Di un’altra voce sarà la paura nel Centro Sociale A Montanari APS di Bologna, è emersa da parte del pubblico presente, costituito da persone con più di 45 anni per la maggior parte, la richiesta di inserire nel loro calendario di attività un corso di auto-difesa per le donne, per prevenire la violenza. Ed è così che con la parola si agisce modificando la consapevolezza, aumentando le conoscenze e dando spazio a nuove idee che la parola poetica suscita. Proprio per questo, l’azione poetica si è storicamente manifestata come un enorme impulso di chiara vitalità attraverso cui creare e ricreare società. Attraverso l’uso speculativo del linguaggio, si può agire e modificare l’idea di verità del lettore. La poesia poi crea mimesi e mito. Può essere un motore per approfondire i capisaldi del bagaglio culturale. Per questo io credo nel potere della parola e sogno una Poesia che abbia un potere produttivo e di comprensione; una poesia che dia luce alla nostra società, dove fino ad oggi c’è stata l’oscurità; una poesia che metta tutta la sua energia al servizio di valori di empatia, solidarietà, capacità di seduzione e di lettura di quello che accade e di dove stiamo andando, per esprimersi con novità di risorse ai nuovi bisogni derivanti da un mondo egualitario, e così via esercitare una denuncia ferma e vorace che metta fine a questa nota piaga sociale come la “violenza di genere”.

Questo testo poetico ha un percorso alquanto di successo. È stato candidato al Premio strega 2024 e presentato anche al Salone Internazionale del libro di Torino. Quale è stato l’incontro più significativo con i lettori?

“Gli incontri più significativi sono stati nella biblioteca Comunale Bjornson di Monterenzio (Provincia di Bologna) che fra l’altro è stata la mia prima presentazione nel territorio bolognese, la presentazione nel Castello di Barletta con l’Associazione Artinte diretta da Giuseppe Arcieri e la presentazione nell’ambasciata di Cuba a Roma.

La prima è stata un’occasione unica perché il gruppo di lettori della biblioteca è stato attento, interessato e un pubblico di qualità, che ha partecipato attivamente alla presentazione con idee, domande e con rinforzi positivi acquistando il libro con la voglia di leggerlo. Dopo tale presentazione mi sono arrivate delle mail stupende, che mi hanno fatto capire che il mio libro è un libro “necessario” nel panorama attuale.

Nella seconda presentazione citata a Barletta, ho avuto un’accoglienza bellissima, abbiamo dialogato tanto io e i presenti e poi ho avuto come relatrice una persona molto preparata dal punto di vista letterario, che ha fatto un’analisi approfondita dei vari passaggi del mio libro e sulle figure retoriche e le metafore presenti. La dottoressa giovanissima Maria Grazia Memeo mi ha davvero stupita in modo positivo con l’analisi dettagliata del libro.

La terza presentazione è stata unica. Il pubblico era molto numeroso, l’Ambasciata di Cuba a Roma è una sede istituzionale di prestigio, che mi ha fatto respirare l’aria di casa. Poi a presentarmi c’erano

due persone competenti e preparate: il critico letterario Cinzia Baldazzi e il giornalista Fabio Sebastiani, che hanno donato un valore aggiunto alla mia presentazione. Di questa ultima presentazione mi rimangono emozioni vive, sono intervenute dal pubblico diverse voci del mondo poetico e della cultura per leggere le mie poesie, c’è stato uno scambio vivo. Ci tengo poi a menzionare la poeta Annamaria Ferramosca che ha espresso parole bellissime riguardo il mio modo di scrivere e il mio libro, sul quale successivamente ha fatto una recensione”.

Quanta sofferenza prova quando scrive i suoi versi dedicati agli stati d’animo di donne devastate dalla violenza?

“Affrontare un argomento del genere, comporta un dispendio emozionale non indifferente. Dopo avere scritto alcune poesie del libro rimanevo stanca, sfinita emotivamente e, man mano che scendevo con le immagini nei particolari delle scene di violenza, sentivo la necessità di fare decantare le poesie, fare delle pause. Poi ancora oggi dopo le numerose presentazioni, a volte le emozioni e il dolore hanno la meglio su di me. Sentire durante le presentazioni altre persone che leggono le mie poesie, spesso mi fa rivivere le stesse emozioni che provavo quando ascoltavo queste donne narrare le loro sofferenze, le stesse emozioni quando ascoltavo i fatti di cronaca che raccontavano questi fatti e mi sembrava anche di riviverle seppure in modo distaccato, perché ho superato le sofferenze ma non i dolori e le stesse violenze subite da me quando ero ancora una bambina. Bisogna dire che si superano le sofferenze ma restano i ricordi e si ricorda anche il dolore provato, anche se parlarne ci aiuta a mettere il dolore in quella scatola dove si racchiude il passato e aprire quella nuova scatola porta ad amarci, ad amare la vita e a valorizzare le cose belle che ci accadono. Il dolore davanti a tutto questo non ha ostacolato la mia voce poetica. Io come tutti voi sono una testimone. Possiamo essere tutti una fonte essenziale per recuperare il passato traumatico recente di tutte queste donne, esiste per ogni poeta impegnato nel sociale il dovere della memoria ed è per questo che nonostante le emozioni, con questo libro ho cercato delle rappresentazioni poetiche per descrivere l’accaduto”.

 

In questo tunnel di continue violenze che le notizie di cronaca ci documentano troppo spesso, lei vede o pensa che ci possa essere una strada per mettere fine a ciò?

“La strada esiste ed è la cultura, l’educazione all’affettività, al rispetto, al riconoscimento del valore dell’altro, anche in età precoce.

Esiste per quanto mi riguarda una dimensione etica della memoria, che deve produrre conoscenza, trasmettere le emozioni durante il racconto dell’esperienza di violenza, avendo però rispetto, con attenzione ai giudizi critici, che devono essere vincolati alla responsabilità verso l’altro, in questo caso verso la vittima. Devo dire però, che a volte nei mass media non si tiene conto del potere della parola, e della responsabilità etica che dovrebbero rispettare i mezzi di divulgazione di massa. Credo che oltre all’educazione anche il linguaggio e le modalità delle informazioni dovrebbero in moltissimi casi cambiare in meglio.

Per me giustizia e memorie non devono essere aspetti separati, perché “senza memoria della giustizia non esiste giustizia possibile” e il momento dell’informazione durante i fatti di cronaca, dovrebbero divenire anche un momento etico, concepito con rispetto delle vittime. Al riguardo credo che mandando in onda la vita privata delle donne vittime di violenza, queste, spesso, vengono nuovamente vittimizzate. È necessario sradicare la violenza mediatica.

La violenza mediatica è un tipo di violenza simbolica, che utilizza supporti mediatici. Specificamente, può definirsi come la pubblicazione o la diffusione di messaggi, immagini e opinioni stereotipate, che vengono usati da mezzi di comunicazione collettivi per riprodurre la dominazione, la mancanza di uguaglianza, la discriminazione nelle relazioni sociali, normalizzando la subordinazione delle donne nella società. La violenza mediatica ha il potere di rendere nuovamente vittima la donna, fornendo troppi dettagli sulla sua identità, i dettagli di un crimine, esibendo aspetti della sua vita privata, raccontando sulla sua famiglia, le sue attività. La cronaca non soppesa a volte le parole, bisogna pensare alla potenza del linguaggio e al messaggio che si trasmette. Spesso, si mette sotto accusa cosa stava facendo e dove stava andando la donna, creando una sorta di telenovela a puntate di temi familiari della vittima, che non hanno nulla a che vedere con il delitto sul quale si sta investigando. Questo tipo di situazione può veicolare il pensiero che la vittima in qualche modo si è esposta a quello che le è accaduto. Nel caso di omicidi o delitti commessi contro uomini non esiste questa ricerca incessante del linciaggio pubblico, non si raccontano i dettagli delle loro vite private”.

In questo suo percorso poetico sulla violenza di genere, che progetti futuri ha per il futuro?

“Non saprei, stavo scrivendo un saggio sulla poesia di scrittori in esilio ma poi durante una presentazione mi è venuta l’idea di scrivere un libro per l’infanzia per contrastare la violenza e creare stimoli in modo semplice all’affettività e all’empatia. I progetti futuri sono comunque in divenire. Per l’immediato futuro invece voglio continuare a impegnarmi sul fronte violenza contro le donne e le prossime presentazioni sono:

Sabato 14 di settembre sarò Ospite di Radio Canale Italia, nello spazio story time, che ha diverse sedi nazionali e un alto numero di ascoltatori per una nuova esperienza dietro i microfoni.

Il 28 settembre alle ore 18, 45 sarò nella libreria Alice di F