Volley, una mamma denuncia il malcostume nei trasferimenti dei giocatori minorenni

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Pallone da volley
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Pallone da volley

La storia che pubblichiamo attraverso il racconto di una mamma, la signora Valentina Roncaglia, non rappresenta un unicum all’interno del mondo dello sport, degli sport di squadra e della pallavolo. La signora Valentina ha voluto renderla pubblica, rivolgendosi a Meta Magazine, perchè, da un lato esasperata per una situazione che a suo parere ha danneggiato sua figlia, giovanissima giocatrice di volley, dall’altro vuole essere una “denuncia”, rispetto a fatti ed accadimenti che succedono ma restano nel silenzio, portando tantissimi adolescenti ad abbandonare la pratica sportiva, perdendo tutto il loro entusiasmo e passione verso lo sport, che dovrebbe essere, ed è, un momento fondamentale di crescita svago e socializzazione.

Veniamo ai fatti: Valentina ci può riassumere i termini della vicenda che ha visto e, ancora vede, sua figlia protagonista suo malgrado?

“Mia figlia ha oggi 15 anni ed all’inizio di questa vicenda ne aveva 13. Lei, mia figlia, volendo iniziare a praticare la pallavolo, è stata iscritta, in accordo con noi genitori, all’Asd Marino Pallavolo e li, come da prassi, ha iniziato il suo percorso all’interno delle varie categorie del settore giovanile. All’inizio tutto benissimo, ottimo rapporto con le compagne, grande sintonia nei confronti dell’allenatore, poi, dopo un avvicendamento alla guida tecnica del gruppo, mia figlia, non trovandosi più a suo agio in quell’ambiente, ha deciso, in comune accordo con la famiglia, di allontanarsi dalla società”.

Tutto ciò ci sembra piuttosto normale però: dove si trova la stranezza o il comportamento scorretto da parte del Marino secondo lei?

“Arriva dopo, dopo che abbiamo scelto di far giocare mia figlia in un’altra società e dopo che, come prescritto dai regolamenti, ho manifestato alla società del Marino la volontà di giocare presso altra società, e dopo ho richiesto, come genitore, alla nuova società di chiedere al Marino la cessione del cartellino di mia figlia alla nuova società per l’appunto, dato che li non voleva più stare”.

Quindi?

“Quindi, alla richiesta della nuova società, Il Marino Pallavolo, ha risposto non con la cessione a titolo gratuito del cartellino della bambina, come prevederebbero i regolamenti della Federazione Italiana Pallavolo (Fipav), in riferimento ai tesserati dai 14 ai 24 anni, ma altresì ha richiesto all’altra società una contropartita economica, definita in due palloni da gioco”.

Ma lei ha fatto presente questo episodio alle autorità sportive competenti?

“Certamente si, ma non ne è sortito nulla, posto che ovviamente la nuova società mi ha manifestato la non volontà di procedere nella “trattativa”, non condividendone i termini”.

Ma sua figlia come ha vissuto questa storia?

“Ovviamente male, sia perchè, non volendo più giocare a Marino, aveva già subito stress che all’età di 13 anni sono poco indicati, sia perchè il sentirsi al centro di una “disputa”, ne altera naturalmente l’equilibrio in una fase della crescita psicofisica molto delicata, tanto che, si era preso la decisione, anche per sua volontà, di abbandonare lo sport e smettere di giocare a pallavolo”.

Tutto questo a quando risale?

“Ad ottobre 2013”.

Dopo di che cosa è successo?

“Io personalmente ho deciso di andare sino in fondo a questa storia, poichè la storia dei due palloni mi aveva davvero indignata. Oltre che agli organi competenti, avevo manifestato seria intenzione di denunciare la cosa alla stampa, perchè è un’ingiustizia gratuita sulla pelle degli adolescenti quella che troppo spesso alcune società pongono in essere”.

E perchè non lo ha più fatto?

“Perchè non appena la dirigenza del Marino Pallavolo ha compreso questo mio intendimento, sembrerebbe che abbia, immediatamente contattato l’altra società, proponendo la cessione in prestito gratuito per un anno del cartellino di mia figlia, come prevedono i regolamenti federali, senza far più menzione di alcuna contropartita economica o in materiale tecnico”.

Ed ora che siamo agli inizi di una nuova stagione agonistica e che il prestito è scaduto cosa sta succedendo?

“Siamo alle solite: il Marino, su mia personale sollecitazione, al fine di ottenere la cessione del cartellino di mia figlia a titolo definitivo, poichè abbiamo ribadito la nostra determinazione a non voler tornare mai più a giocare nella loro società, non ha dato risposta, se non la proposta, di un ulteriore prestito annuale del cartellino all’altra società”.

Ma secondo i regolamenti federali e le leggi sportive la titolarità del cartellino è delle società, quindi del Marino Pallavolo: come pensa di uscire da questa vicenda?

“Si è vero, il cartellino è della società, quindi del Marino, però lo scorso anno il Marino Pallavolo ha violato il regolamento chiedendo una contropartita di fatto economica con la storia dei “palloni”, ergo è quello il punto, che ad una violazione del regolamento nulla è successo ma anzi, si perpetra ancora una situazione di vero e proprio mobbing sportivo ai danni di una minore”.

Concludendo: cosa chiede?

“Io chiedo che nello sport e nella pallavolo non si verifichino più situazioni come quella occorsa a mia figlia, e che, i ragazzi e le ragazze che praticano sport di base vengano messi nelle condizioni di essere liberi di scegliere, nel rispetto degli investimenti delle società, ma soprattutto della loro crescita psicofisica”.

Meta Magazine ha ascoltato e riportatole parole di Valentina Roncaglia e contemporaneamente abbiamo cercato di contattare i dirigenti del Marino Pallavolo, non avendo per ora ricevuto alcuna risposta in merito. Siamo come correttezza professionale ci impone, sempre pronti a raccogliere dichiarazioni o contraddittori della società chiamata in causa così come da parte degli organi federali del volley. Già lo scorso anno la nostra testata aveva sollevato un certo malcostume in seno al mondo dello sport di base e della pallavolo in generale, contattando e chiedendo proprio alla Fipav se volesse esprimersi in merito pubblicamente. Alla nostra richiesta ci fu educatamente manifestata la volontà di non rilasciare alcuna dichiarazione, tant’è che ad oggi non abbiamo riportato prese di posizione ufficiali in tal senso da parte di alcuno.