Discutere sulle affluenze è come parlare degli assenti, uno sport da perdenti. Chi vince festeggia chi perde spiega, sosteneva il coach della nazionale plurimedagliata di volley azzurra Velasco. Così le dichiarazioni a mezza bocca degli esponenti del Pd romano che ritenevano di dare una spallata a Matteo Renzi per l’interposta candidatura di Roberto Morassut alle primarie di Roma, ciancianti attorno alla, secondo loro, scarsa affluenza ai banchetti, sono paraventi che non riescono a mascherare una batosta storica di certa sinistra romana.
Neppure l’entrata in Campidoglio con la fascia tricolore di Gianni Alemanno nel 2008 aveva prodotto numeri così miseri per le storiche componenti ex diessine della Capitale.
Si perchè se ci sono due vincitori di questo turno di primarie del Partito Democratico sono Matteo Renzi e la maggioranza che sostiene la sua segreteria, da un lato, allorquando, smentendo ogni pronostico di sventura, piazza il pieno di vittorie in tutte le principali città al voto, Roma e Napoli in testa. Dall’altro un Roberto Giachetti che nella città più ostile al renzismo e più difficile per un Pd travolto dagli scandali e dall’incapacità di Ignazio Marino, si è imposto nettamente.
Ma se a Napoli persino Bassolino non si è dichiarato antirenziano, o espressione della minoranza nazionale del partito, mostrando di non aver perso il fiuto politico che lo ha visto dominare per decenni la scena nel capoluogo partenopeo, è mancata persino la foglia di fico dell’affluenza bassa, visti i numeri record rispetto alle scorse primarie, era a Roma che si giocava la partita più grossa.
A Roma la sinistra piddina ha giocato la sua partita più importante, con l’obiettivo più che mancato però, perchè non tanto le percentuali di Giachetti che sfiorano il 70%, ma i numeri di Morassut, portato da Veltroni, D’Alema e Bettini, per citare i più famosi, attestatisi attorno al 30%, sono il segno che è finita un’epoca per una certa sinistra romana.
Se per D’Alema e Veltroni la scusante può essere l’essersi tirati fuori dal ring, Bettini risulta il più grande battuto di giornata. Sideralmente lontani i tempi in cui era lui l’animatore e l’architetto di fortunate e storiche esperienze politiche a Roma per la sinistra. Dal ritiro dorato di Bruxelles, più simile ad un gerontocomio politico che alla fucina della nuova Europa, l’ex anima della sinistra romana, dal tracciare la rotta delle giunte degli ultimi decenni del centrosinistra, si ridurrà al massimo a poter indicare qualche amico o amica in qualche lista, nei posti della riserva indiana. Piazzerà uno o due Consiglieri Comunali, ma il dado è ormai tratto, anche Bettini ha il marchio del rottamato illustre. Chissà se domani a qualche illuminato cuperliano verrà in mente di richiedere ancora il congresso.
La candidatura di Roberto Giachetti segna uno spartiacque per il Pd romano e per la sinistra che ha dominato all’ombra del Cupolone.