Virtus Roma Basket raccontata da Andreassi, una squadra coi baffi

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Virtus Roma Basket tifo
Virtus Roma Basket il tifo
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Virtus Roma Basket il tifo

Continua a non essere semplice, ma proviamo comunque a capirci qualcosa di questa maledetta finale scudetto. Mentre indossavamo la maglietta celebrativa di questa stagione prima della partita, una maglietta tutta dedicata al coach Marco Calvani ed ai suoi baffi, oltre che alla squadra (“Una squadra coi baffi”, come si vede dalla foto in cui insieme al coach ci sono i miei amici, tifosi e compagni di battaglie domenicali), serpeggiava preoccupazione. La preoccupazione di arrivare a questo appuntamento eccessivamente carichi. Carichi di una sconfitta per colpa nostra che ancora bruciava (e brucia) in gara 3. Carichi per una sconfitta opera di un arbitraggio che definire se non eteroguidato, certamente molto sensibile all’ambiente, suona come una sorta di atto dovuto. Ed il primo quarto è filato liscio. Punto a punto. Finché, negli ultimi tre secondi, un blocco irregolare di Brown (sempre lui) su Bailey provoca una composta protesta di Bailey con gli arbitri. La discussione si accende quando Brown (sempre lui) va a parlare con Bailey e c’è la protesta di Calvani dalla panchina. Al richiamo degli arbitri credo che al nostro coach si sia occlusa la carotide e le sue veementi proteste sono state sanzionate (giustamente) con un tecnico e l’espulsione. In realtà la partita e la serie finisce qui. Solo l’enorme cuore di questi fantastici ragazzi ha consentito che il primo tempo terminasse in parità. Ma durante l’intervallo è come se la squadra avesse improvvisamente esaurito la benzina. Mentale più che fisica. La Virtus da quegli spogliatoi non è mai risalita. Nonostante ciò gli arbitri hanno avuto la maestria di continuare a dirigere la gara, se possibile, ancora peggio mettendo un sigillo di una qualità pessima su queste straordinarie finali scudetto. Potremmo pure provare a cercare delle cause di questa sconfitta. Tipo, perché insistere su Lawal, evidentemente in debito di ossigeno e non su Czyz e Lorant che ogni volta che sono scesi in campo hanno dato un egregio contributo? Perché la palla nel secondo tempo non è arrivata più a Datome? Perché non siamo riusciti più a ribaltare il fronte d’attacco? Domande forse legittime ma che oggi lasciano il tempo che trovano.
La verità è che Siena era forte quanto la Virtus. E’ stata più forte di testa. Più volte ho usato anche su facebook l’aggettivo in romanesco “zozzi” relativamente a Bobby Brown, Moss e Kangur. “Zozzi” nel loro continuo indugiare in provocazioni dell’avversario. Senza però mai cadere nella trappola di essere trascinati loro stessi in quelle provocazioni. Anzi passando da verginelli. Gli arbitri, e questo è gravissimo ci sono cascati mani e piedi. Che ci siano caduti poi pure Lollo d’Ercole o Lorant, che piangevano in campo quando ancora la partita non era finita, è quasi un motivo d’orgoglio e di vanto per loro e per i tifosi. Certamente devono crescere ed imparare a gestire queste situazioni ma la correttezza della Virtus è stata indiscutibile. Lo stesso non può dirsi né di Siena né di dei suoi tifosi. Se pensate che io sia di parte ed ancora ferito da ieri sera chiedete cosa ne pensa un tifoso di Varese o di Milano. O forse un qualsiasi appassionato di basket che non sia di Siena.
In una situazione normale bisognerebbe darsi appuntamento al prossimo anno con la consapevolezza di avere una squadra forte, con più esperienza e che può competere con onore sia in Italia che in Europa. Invece c’è una preoccupante aria di addii. Che Gigi Datome approdi in NBA o in qualche top team europeo non solo lo trovo giusto ma me lo auguro. Gigi merita questo ed altro, è un talento purissimo e, ne sono, certo, la sua strada con quella della Virtus si incrocerà di nuovo. Prima o poi. Così come Lawal è giusto che si giochi le sue chance in NBA. Ciò che davvero è assurdo è che nessun dirigente abbia ancora dichiarato che il progetto della Virtus riparte da Marco Calvani. Anzi tutti danno per scontato l’addio del nostro condottiero, del gladiatore che, attenzione, non ha avuto tanto il merito di riportare la squadra in finale scudetto quanto quello di aver ricucito un tessuto smembrato tra il basket e la città di Roma. Ed allora, come ho sempre fatto in questa mia breve carriera da giornalista (grazie Direttore per questa possibilità che mi hai dato. Spero che i miei deliri non ti abbiano danneggiato) voglio terminare con una considerazione personale.
Nella mia carriera trentennale di tifoso ho sopportato tanto. Ho sopportato una retrocessione con la successiva, forse ancora più umiliante, acquisizione dei diritti sportivi di Desio, incapace di iscriversi al campionato. Ho sopportato i play out per non retrocedere. Ho sopportato Jasmin Repesa coach della Virtus Roma (mi vengono i brividi a pensarci). Ho sopportato Nando Gentile, simbolo di Caserta, viceallenatore di Repesa prima (pensate un po’) e poi head coach dopo. Ho sopportato tanto, credetemi. Credo di non essere in grado di sopportare l’addio a Marco Calvani. Sento di doverglielo personalmente e da tifoso. Credo che la città di Roma glielo debba. Improvvisamente mi sento un po’ più vecchio e un po’ più solo. Forza Virtus.

Luca Andreassi