Il Pd assediato non si rinchiuda nella torre

Lo stato del Pd dopo la caporetto alle ultime amministrative anche ai Castelli

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Partito Democratico
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Ogni analisi del voto per avere un valore deve potersi applicare non al passato ma al futuro: per questo la Caporetto del Partito Democratico alle ultime amministrative dovrebbe essere presa dai dirigenti locali dem come un monito ed un esempio su cosa fare e cosa non fare ai prossimi appuntamenti con le urne, regionali e amministrative in primis.

I numeri dicono che al ballottaggio il Pd perde con chiunque si presenti loro competitore: a Guidonia e Ardea i Cinque Stelle, a Ladispoli una coalizione sovranista, a Grottaferrata un’alleanza civica ed infine a Frascati una coalizione civica di sinistra-destra. In tutti questi casi cambiando l’ordine dei fattori politici il risultato non cambia, il Pd perde rovinosamente, per varie cause.

La prima è nazionale: allorquando il panorama politico tripolare vede contrapporsi tre schieramenti tutti attorno al 30%, quando si va a votare con la legge elettorale dei Comuni, maggioritaria a doppio turno, ancora la migliore legge elettorale esistente in Italia assieme a quella regionale, il Pd è politicamente isolato e popolarmente antipatico per cui, al secondo turno risulta naturale a quei pochi elettori che vanno ancora a votare, convergere su qualsiasi candidato ad esso alternativo. Questo problema è di responsabilità nazionale appunto, ed a livello nazionale va affrontato e risolto, non cambiando le uniche leggi elettorali decenti a disposizione, ma modificando la percezione che il partito oggi da di se.

La seconda è locale e concerne le responsabilità delle classi dirigenti territoriali,  in molti casi incapaci di stare dentro il vissuto delle persone, non riuscendone ad intercettare gli umori, le ansie ed i reali bisogni, non necessariamente per assecondarli, ma fosse anche solo per farsene credibile interlocutore e guidarne i processi.

Se a livello locale ci troviamo difronte ad una marmellata impazzita per cui ogni gruppo e gruppuscolo agisce in modo slegato da ogni linea politica di partito, se ogni Consigliere Regionale tende a curare il proprio orticello di preferenze, poco importa se a volte si trova in contrapposizione con il suo stesso partito in questa o quella realtà, è la credibilità politica del partito ad esserne danneggiata, non tanto la singola personalità del partito che di volta in volta si può appuntare sul petto qualche vittoria di Pirro. La vera unità, che mette ai margini questo tipo di atteggiamenti non si otterrà mai con qualche diktat o qualche espulsione per qualche sfigato, perchè solitamente chi ha santi in paradiso a Roma poi sui territori può permettersi di fare quel che vuole e l’espulsione è una barzelletta. La vera unità si ottiene con l’azione politica, fatta di contenuti e di battaglie che coinvolgano militanti e dirigenti attivamente, dando loro degli obiettivi alti ed altri rispetto alla cura del proprio pianerottolo.

Immaginiamo un Pd impegnato in Città Metropolitana sul fronte di una modifica statutaria che preveda il ritorno della elezione diretta e popolare della ex Provincia di Roma, e su questo andare in giro a spiegare alla gente quanto questa non sia una questione politicista ma autenticamente popolare in tempi di democrazia del click.

Immaginiamo un Pd locale impegnato sul fronte dei temi ambientali e sul tema caldo dei rifiuti non in ordine sparso, ma con una linea condivisa che vada dalle segreterie provinciali fino agli assessori regionali competenti e non si affidi alla buona volontà ed alla competenza di qualche suo generoso dirigente, per ora piuttosto solitario nel suo predicare.

Potremmo andare avanti con gli esempi ma ci fermiamo per brevità, scendendo nel particolare della situazione dei Castelli Romani, dove le realtà di Albano e Velletri sono gli ultimi bastioni assediati in mano a giunte democratiche. Marino, Genzano, Grottaferrata e Frascati persi in due anni, se pur con singole specificità, non possono essere ridotti a incidenti di percorso, perchè se si votasse domani anche nei restanti municipi l’esito non cambierebbe per i dem. Non possono essere consolatorie le riconferme a Castel Gandolfo e Lariano, visto che per vincere in alcuni casi si è raschiato il fondo del barile nel reclutare personale politico che, diciamo così, poco scalda i cuori.

Sta dunque a chi gestisce gli enti locali rimasti dare l’esempio e segnare il passo di una ripartenza non di facciata. I Sindaci in carica, specie quelli al secondo mandato, credono di poter tirare a campare in attesa che la tempesta passi, reggendo le giunte su equilibri di maggioranza fatti di assessorati gestiti in conto terzi, in nome di qualche accordo correntizio o peggio personale, oppure credono sia giunto il momento di aprire porte e finestre a ciò che vive sul territorio, rischiando magari sul fronte della fedeltà ma investendo su quello della capacità, della competenza e dell’innovazione? Se il Pd è isolato anche localmente, come i numeri dimostrano, occorre aprirsi e puntare su ciò che sta fuori, o che sta ai margini, a quel mondo attratto dal primo Renzi, oggi piuttosto tentennanti, sapendo che con il vecchio teatro dei burattini e burattinai la sconfitta è assicurata e si consegneranno tristemente le nostre città a qualsiasi avventuriero di passaggio. Se ci si sente, o si è, assediati, rinchiudersi nella torre è l’anticamera della disfatta; contrattaccare e uscire dai propri recinti invece, riprendendo l’iniziativa politica è la base delle vittorie e delle riconquiste.