A proposito del merito

Una riflessione del giurista Giacomo Arezzo di Trifiletti attorno al dibattito sviluppatosi sul merito nella scuola e nella pubblica amministrazione

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“Si fa un gran parlare, oggi, del “merito” e della “eguaglianza”. Non credo che i due termini possano essere messi sullo stesso piano e cercherò di spiegarne i motivi. “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” diceva padre Dante per contrastare l’immobilismo umano e perseguire la virtù e la migliore realizzazione di se stessi. Ciò significa che l’uomo, per sua natura, aspira e deve aspirare al meglio. Ogni situazione migliorativa, tuttavia, non deve cadere dal cielo, ma va perseguita con tenacia, determinazione e spinta emotiva ed intellettuale…

Riportando queste brevi considerazioni al periodo attuale, si tende, in questi giorni, a circoscrivere il ‘merito’ al settore scolastico (forse per via della nuova denominazione del Ministero dell’istruzione e, appunto, del “merito”).

Partiamo da un assunto: la scuola è obbligatoria per tutti, quindi tutti partono sullo stesso piano. I bambini ed i ragazzi appartenenti a famiglie a scarso reddito ricevono gratuitamente i libri di testo. Anche qui siamo in posizione di parità.

Andando avanti negli anni scolastici, si assiste ad una selezione nel valore degli studenti, così come ai campionati del mondo dei cento metri uno vince e gli altri, via via, perdono senza che nessuno si scandalizzi.

Perché scandalizzarsi nella scuola?

Se dovessi dirla proprio tutta, rivolgerei la mia attenzione più (o almeno non solo) alla classe docente che a quella discente.

Siamo cosi certi, in altri termini, che tutti gli insegnanti sono in grado di (tentare di) portare allo stesso livello, paritariamente, i propri studenti?

Questa, a mio avviso, deve essere la domanda di fondo.

Se spostiamo la nostra attenzione nel settore della pubblica amministrazione (di quella privata non parlo per non avervi avuto esperienza) una volta, data la possibilità a chiunque di partecipare ai concorsi pubblici, la selezione avveniva in base ai risultati ottenuti, al netto delle deplorevoli quanto endemiche spintarelle (la verità va detta sempre).

Ma, comunque, un metodo oggettivo di reclutamento esisteva.

Poi arrivò Bassanini a riformare tutto, inventandosi la “fiduciarieta’”. il politico poteva scegliersi i propri collaboratori, a livello di funzionari e dirigenti,, non perché più bravi ma perché meritevoli di fiducia.

La massima stortura fu raggiunta per i segretari comunali: coloro che dovevano controllare la legalità degli atti del Comune venivano nominati e revocati dal Sindaco-controllato.

I risultati di quella riforma, risalente al 2000, sono sotto gli occhi di tutti.

Quando si parla di responsabilità politica, bisogna conoscere il reale andamento della Storia”. Questa la riflessione pubblicata dal Dott. Giacomo Arezzo di Trifiletti, Giurista, Segretario Generale di Aree Metropolitane e Dirigente di Prima Fascia del Ministero dei Beni Culturali in pensione, in merito al dibattito scaturito dopo il cambio di denominazione del Ministero della Pubblica Istruzione in Ministero dell’Istruzione e del Merito.