Adrian Fartade e il fascino dell’esplorazione spaziale

Intervista all'attore teatrale e divulgatore scientifico Andrian Fartade autore di A piedi nudi su Marte e di Su Nettuno piovono diamanti

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Andrian Fartade

Adrian Fartade, attore teatrale, divulgatore scientifico, ha un canale su youtube, Link4universe, con circa 244.000 iscritti, una community su Fb di 97.000 iscritti e una su  Instagram con oltre 50.000 follower. Ha collaborato con numerosi progetti, dalle scuole al Lucca Comics & Science. Ha lavorato nel programma “C’è Spazio”, su TV2000. Ospite di Meta, Adrian ha raccontato la sua storia e il suo rapporto con il teatro e con l’astronomia. Abbiamo parlato con lui di esplorazione spaziale, partendo dai sui libri “A piedi nudi su Marte” e “Su Nettuno piovono diamanti”, del nostro destino e di quello del nostro pianeta.

Benvenuto Adrian. Parlaci di te e di come ti sei avvicinato all’astronomia.

“Mi sono avvicinato all’astronomia lavorando nel mondo del teatro. Da bambino mi piaceva, ho sempre amato le avventure che c’erano dietro all’esplorazione spaziale e mano mano che il mio impegno nel mondo del teatro cresceva, ho iniziato a cercare nuove storie da raccontare. Quello che facevo era cercare di fare monologhi di grandi storie narrate in modo teatrale e quando sono arrivato alle storie dell’esplorazione spaziale ho notato che c’era molto di più da scoprire rispetto a quanto immaginassi. Io ero alle superiori e da lì ho cominciato a studiare sempre di più. Sono andato alla facoltà di storia e filosofia, perché quello che volevo studiare, fondamentalmente, era la storia dell’esplorazione spaziale, la storia della scienza.Ho continuato su quel percorso cercando di accumulare il più possibile, anche se in Italia, essendo un ambito piccolo, non esiste una facoltà intera dedicata alla storia dell’esplorazione spaziale. Per questo ho dovuto fare un percorso di storia generale e specializzarmi nel campo che mi interessava”;

Tu hai affrontato il lavoro di divulgatore scientifico a trecentosessanta gradi: teatro, televisione, libri e web. Esiste a tuo avviso l’esigenza di un salto, non tanto generazionale, quanto di modalità di comunicazione e divulgazione che spinga sempre più verso l’interattività?

“Ovviamente è stato uno shift epocale quello che è avvenuto negli ultimi decenni, anche se non è tanto questione generazionale, secondo me, quanto un nuovo modo di approcciarsi ai contenuti che è più trasversale a tutte le età. Per cui anche quelli che sono affezionati al mezzo televisivo, hanno una preferenza verso certi tipi di programmi che sono orientati verso l’engagement, verso un modo di fare partecipato. Questo accadeva anche da prima. C’era un motivo per il quale alcuni decenni fa avevano capito che se facevano chiamare da casa le persone seguivano di più. E il motivo è che gli spettatori si sentivano più coinvolti. I meccanismi a cui ha messo mano internet non sono nuovi. C’erano, ma non erano ottimizzati. E’ come cercare di mettere un motore a un cavallo. Andrà molto veloce ma non è il massimo. Credo che internet offra una pletora di nuove possibilità con maggiore scelta e ottimizzate per questo tipo di comunicazione. Credo comunque si sia solo all’inizio. Ritengo che internet non abbia ancora espresso totalmente le proprie potenzialità”;

Come è nata l’idea del canale YouTube?

“Quello che successo è che nel tempo i mezzi si sono ottimizzati. Io ho iniziato a fare i primi video sulla piattaforma che si chiamava “bastardi dentro” nel lontano 2003/2004, quando ero alle superiori, che non offriva grandi possibilità, al massimo brevi clip. Sono rimasto appassionato del caricare video online. Mi permetteva di sperimentare con un grande pubblico che a teatro è difficile da avere. Molto vario. Potevo avere un cinquantenne di Catania che mi guardava insieme a un tredicenne di Milano. Questo su internet è possibile, ma dal vivo no. Ho cercato di adeguare quello che c’era già di presente a quello che io facevo. Quando è arrivato Google video prima, poi Youtube sono andato a esplorare questo nuovo mondo”;

La velocità della luce è una grandezza finita. Ne deriva che l’esperienza che possiamo fare dell’ Universo è anch’essa finita. Quanto è grande l’Universo e che “forma” ha?

“Non hai bisogno di vedere tutto per capire quanto e grande . Possiamo sapere quanto è grande tutta la Terra senza andare a misurare tutto il pianeta. Possiamo dedurre alcune cose osservando da questo nostro angolo dell’Universo, anche senza vedere tutto l’Universo. Senza che la luce ci arrivi. Le galassie più lontane che riusciamo a vedere si allontanano a una certa velocità. Andando a ritroso, calcolando la velocità puoi dedurre quando ha avuto inizio l’universo, o meglio quando avuto inizio l’espansione. Non è che prima non ci fosse niente, semplicemente prima tutto l’Universo era concentrato in una singolarità, un singolo punto matematico. Quello poi ha iniziato a espandersi circa 13,8 miliardi di anni fa. L’ Universo poi ha un diametro visibile per noi, che è di circa novanta miliardi di anni. Siamo ancora agli inizi per capire se è finito o no. Per esempio ci sono alcune misurazioni da cui non si vede nessuna curvatura, per cui sembra essere piatto e può essere infinito. In altre sembra ci sia una curvatura. E’ un dibattito ancora aperto, servono misurazioni ancora più precise. Quando dico piatto o tondo è facile immaginarsi una sfera, in realtà non è cosi. Infatti se vi dico che lo spazio intorno a noi è piatto, cosa significa per la nostra esperienza in 3d? Nulla. Gli astronomi si riferiscono alla densità di materia che vediamo, alla curvatura dello spazio tempo. E’ più un concetto matematico e si vede dalla quantità di materia che c’è nell’Universo. Da questo punto di vista non sembra ci sia una grande differenza, per cui ci sembra piatto. Devo specificare che recentemente è venuto fuori uno studio italiano dal quale emerge che l’Universo non sarebbe piatto e ci sarebbe appunto una curvatura. Questo cambierebbe l’esito finale dell’Universo e della sua morte”;

Veniamo ora al sistema solare interno, dunque, ad ” A piedi nudi su Marte”. Perché questo titolo e cosa c’è dietro alla storia che hai raccontato nel libro?

“Il libro racconta della storia del sistema solare interno, compreso il Sole. Tutti i pianeti rocciosi esplorati con sonde robotiche e con umani. Tutti i pianeti inclusa la Luna , che è un corpo planetario a tutti gli effetti. Il titolo è un tributo alla storia dell’esplorazione in generale. Noi esploriamo dalla notte dei tempi, dalla preistoria, quello che facciamo ora è la prosecuzione di quello che facciamo da decine di migliaia di anni. Quando andremo su Marte saremo gli stessi cavernicoli che si sono mossi dall’Africa decine di migliaia di anni fa e ora ci stiamo avvicinando a mettere i piedi al di fuori del nostro pianeta. Siamo sempre noi, sempre umani. La nostra storia è molto varia. A volte la preistoria viene un po’ maltrattata, sembra che tutto abbia inizio con la scrittura. In realtà è pieno di arte, è pieno di scoperte, di eventi interessanti, esplorazioni. Ho cercato di fare un tributo alla storia che c’è dietro la preistoria, Infatti in ogni capitolo inizio raccontando cosa sapevano nella preistoria di quei pianeti che si vedono a occhio nudo. Anche a quel tempo ne tenevano traccia”;

Mi è piaciuta l’immagine del piede, dell’orma, in qualche modo collegata all’impronta sulla Luna. A me è venuto in mente il dibattito sulla possibilità di creare delle colonie nell’atmosfera di Venere, restando sospesi, senza però mettere piede sulla superficie. Molti sono sulla posizione del “Cosa ci andiamo a fare?”, proprio perché abbiamo la necessità di imprimere il segno del nostro passaggio per certificare la pressa si possesso.

“E’ una delle cose ancestrali e primitive che ci è rimaste. In realtà possiamo anche farne a meno. Non dobbiamo per forza mettere piede su una cosa perché sia nostro. In questo i momento i paesi non hanno bisogno di bandiere. Se smettessimo di usare bandiere sapremmo lo stesso in che paese ci troviamo. Sono rimaste perché ci siamo abituati, ci piacciono. E’ più una cosa vestigiale. Se vogliamo andare a esplorare Venere alcuni diranno non ci siamo andati perché non abbiamo messo piede sulla superficie. Sono abbastanza sicuro che se riuscissimo ad andare con umani su Venere, ci sarà prima o poi qualcuno che pur di essere in primo e di fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima spenderà tempo e soldi e comprerà la tecnologia necessaria per scendere anche per un breve periodo e tornare su. Credo quindi che vedremo anche umani sulla superficie di Venere. Non tanto perché servirà, ma perché siamo umani, siamo fatti cosi. Non è che servisse a qualcosa andare al polo sud, ma ci siamo andati. Sono morte persone, sono andate tante spedizioni per cercare di arrivare per primi a inizio Novecento”;

Nel sistema solare interno ci sono missioni attive e altre che saranno avviate nei prossimi anni. Ritieni ci siano dinamiche o corpi celesti che meriterebbero maggiore attenzione e che sono trascurati completamente?

“Di sicuro Venere assolutamente. Ora ci stiamo avvicinando alla scoperta di un numero crescente di esopianeti, cioè pianeti simili al quelli che abbiamo qui, ma intorno ad altre stelle. In particolare a pianeti simili alla Terra. Vogliamo trovare un altro mondo abitabile come il nostro intorno ad altre stelle. Una volta trovati è importante sapere se un pianeta somiglia più alla Terra o a Venere, quali sono i processi che portano un pianeta a diventare come uno o l’altro? Venere è un caso particolare perché la sua storia potrebbe essere stata molto diverso da quella che abbiamo immaginato. E’ molto possibile che per tre miliardi di anni, fino a un miliardo e mezzo di anni fa sia stata piena di oceani e potrebbe essere rimasta piena di oceani per molto più tempo che su Marte. Poi qualcosa è andato storto. Le placche tettoniche non hanno avuto il seguito avuto qui, qualcosa è andato storto per il vulcanesimo, l’atmosfera è cambiata completamente. Non abbiamo idea di cosa sia successo. Un evento globale che ha cambiato un intero pianeta delle dimensioni dell Terra. E strano perché noi cerchiamo di capire le nostre origini, la storia della terra, cerchiamo di avere un quadro globale dei pianeti e non riusciamo a spiegarci cose cosi basilari. E un pianeta dove c’e una solo sonda spaziale giapponese, chiamata Akatsuki. Lo stesso vale per Mercurio, anche lui maltrattato e pieno di sorprese. Fortunatamente ci sono due sonde che stanno andando lì e che arriveranno nel 2025. Si tratta della missione Bepi Colombo in collaborazione tra ESA, agenzia spaziale europea e JAXA, agenzia spaziale giapponese”;

Passiamo ora a “Su Nettuno piovono diamanti”. C’è molto da scoprire, ma già molto da raccontare del sistema solare esterno.

“Il primo è un tributo alla voglia di andare oltre i confini, il secondo è dedicato alla sensazione di stupore e meraviglia. Il titolo è dedicato a qualcosa che sembra quasi incredibile, surreale. Come fanno a piovere diamanti? i mondi che esploriamo ci portano davanti a scenari che per noi sono propri della fantascienza. Però su Nettuno piovono davvero diamanti. In realtà piovono anche su altri pianeti gassosi. Ho scelto Nettuno perché è l’ultimo pianeta al confine del sistema solare. Su ognuno succedono cose particolari, per esempio su una luna di saturno, Titano, ci sono laghi di metano liquido e piove metano. Oppure Lune come Io che ha oltre quattrocento vulcani attivi di zolfo. Su Encelado, invece, ci sono giganteschi geyser di ghiaccio e acqua. Queste sono solo alcune delle cose scoperte finora, perché alcuni sistemi planetari come quello di Nettuno o di Urano non li abbiamo ancora esplorati. Siamo passati con una sola sonda nelle loro vicinanze, però è stato un passaggio al volo e basta. Abbiamo solo foto a bassa risoluzione degli anni ottanta”;

Parlando di stupore e di meraviglia, rispetto a quanto dicevi, l’esplorazione del sistema solare esterno è quella che potrebbe maggiormente colpire, impressionare. Un po’ come un viaggio che tende all’infinito. Il viaggio della New Horizons, per esempio, per me ha rappresentato proprio questo. In tal senso mi ha colpito l’immagine che hai inserito nel libro, di Plutone, visto “dal lato opposto”. Probabilmente è solo una sensazione personale che sto proiettando nell’immaginario collettivo.

“Secondo me la meraviglia siamo bravi a trovarla dappertutto. Ci sono molti geologi qui che direbbero: va bene, potrei trovare cose incredibili anche studiando rocce sulla Terra. Io sono di parte, pero l’astronomia ha la capacità meravigliosa di tirare fuori la parte nobile di noi da un lato e allo stesso tempo di farci sentire piccoli, perché davanti all’ Universo spariscono confini e problemi. Vedere quanto è grande l’Universo ci aiuta a vivere questo breve attimo di esistenza in maniera più costruttiva. Spesso non ci pensiamo abbastanza, ma quanto sarebbe più bello, visto che viviamo cosi poco, spendere il nostro tempo per cercare di migliorarci andando insieme a scoprire l’Universo? Infatti non è un caso che nel novecento grandi scoperte e foto meravigliose scattate da varie parti dell’ Universo sono andate di pari passo con l’ impegno e battaglie per i diritti civili, per vivere meglio sul nostro pianeta. Ha fatto effetto vedere la foto del pianeta da lontano. Tutti quanti furono colpiti dal vedere la Terra piccola vista da lontano e si resero conto che le singole battaglie che portavano avanti nel loro paese, in realtà erano battaglie di noi umani per migliorare il mondo, quel piccolo puntino”;

Le continue scoperte e l’aggiornamento delle conoscenze investono la divulgazione scientifica di una grande responsabilità. Ha senso però una divulgazione scientifica dove a mancare è il dialogo tra le varie scienze e discipline e, prima ancora, quello tra gli esseri umani?

“La divulgazione scientifica non è tanto importante. Viene da sé. Quello che manca è più la nostra voglia di comunicare. Se c’e voglia di raccontare storie, in un contesto in cui questo viene apprezzato, viene spontaneo raccontare grandi storie e la scienza è una grande storia. Se diamo più spazio a contesti per ritrovarci e per narrare storie che ci uniscono, che raccontano da dove veniamo, cosa ci avvicina, quanto siamo diversi e quanto la diversità ci arricchisce, questo può essere il terreno fertile per migliorare il mondo. Ci darebbe il senso di stare insieme per una causa. . Per cui la cosa che a me preoccupa non è il fatto che ci siano più o meno divulgatori scientifici, ma che ci siano sempre meno persone a teatro, sempre meno persone che organizzano o vanno a eventi dal vivo. Dall’altra parte vedo la voglia di organizzare nuovi eventi e l’Italia e uno dei paesi con più associazionismo. E’ questo che mi incoraggia sempre. Ci sono persone che si fanno in quattro e perdono mesi di lavoro ogni anno in piccoli comuni solo per fare un micro festival che porta qualcuno a incontrare le persone. C’è bisogno di divulgazione non solo per raccontarci storie, ma per capire come è fatto il mondo intorno a noi e aiutarci a prendere decisioni. E’ importante sapere da dove vengono i medicinali che usi, perché fidarsi di un dottore, qual è la differenza tra antibiotico e vaccino. Queste cose sono importanti per vivere e costruire la società intorno a noi. E’ un po’ come voler guidare e non sapere leggere la segnaletica. La scienza può fare molto più di quello quindi, al di là di informarci, può darci la spinta per creare una narrazione più grande che ci metta insieme nella scoperta dell’Universo, della natura, del mondo accanto a noi. Inoltre può aiutarci a proteggerci. Molto del lavoro attuale di paleontologi ed ecologisti si basa sul recuperare dati relativi a come era il pianeta, di come recuperare ambienti sani. Infatti, una volta imparato che non dobbiamo inquinare, che dobbiamo cambiare il modo di stare sul pianeta, evitando impatti negativi sul clima, dobbiamo impegnarci a ricostruire gli ambienti intorno a noi. La scienza da questo punto di vista sta aiutando a tenere traccia di tutti questi ambienti che stiamo distruggendo per il futuro per aiutarci a tornare indietro.Se non riusciamo a venirci incontro, a sentirci più vicini non riusciremo a trovare accordi in tempo per far fronte a problemi grandi come l’erosione delle democrazie, l’ aumento di fascismi e destra estrema nel mondo, il ritorno all’ autoritarismo, il cambiamento climatico. Tutte queste cose insieme sono una ricetta che porterà il mondo verso il baratro. E’già e successo due volte in Europa. Se c’è un continente che dovrebbe sapere bene quali sono i rischi e l’Europa. Il fascismo e nato qui, dovrebbe esser l’italia a suonare i primi campanelli d’allarme ovunque. Quindi da questo punto di vista narrarci storie è una responsabilità civile enorme”;

Quella che avevi pianificato è una trilogia. Dobbiamo quindi aspettarci l’uscita di un terzo libro a breve?

“In primavera uscirà il terzo libro in cui parlerò dei mondi minori del sistema solare, asteroidi e comete, e di come queste ci aiuteranno a colonizzare l’intero sistema solare e a espanderci anche fuori e , nello stesso tempo, se ci giochiamo bene le carte salvare il pianeta terra. Non solo fisicamente se un asteroide minacciasse di colpirci, ma anche sfruttare le risorse per cambiare completamente il modo in cui viviamo sul pianeta Terra”;

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