Alla GAM di Roma la Rivoluzione della visione

Alla GAM di Roma la Rivoluzione della visione con foto, dipinti e grafiche di Moholy-Nagy e dei suoi conterranei ungheresi

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Alla GAM di Roma la Rivoluzione della visione

Un compleanno da ricordare questo 125esimo di László Moholy-Nagy. Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, una mostra ne celebra il genio, immergendolo nella sua terra natia, l’Ungheria. Fino al 15 marzo 2020, la GAM, con “La rivoluzione della visione. Verso il Bauhaus. Moholy-Nagy e i suoi contemporanei ungheresi”, festeggia a modo suo l’artista magiaro, in tandem con le grandi manifestazioni internazionali per i cento anni del Movimento, nato a Weimar nel 1919, di cui fu un’acclamata figura-chiave. L’esposizione capitolina, a cura di Katalin Nagy T., è promossa da Roma Capitale e dall’Accademia d’Ungheria in Roma, in collaborazione con il Museo Déri di Debrecen, quello della Fotografia Ungherese di Kecskemét e l’Istituto Luce-Cinecittà. Questa selezione italiana consta di dipinti, fotografie e grafiche originali (più tre film) che attraversano la produzione di Moholy-Nagy dagli anni Dieci ai Quaranta del Novecento (fra Espressionismo e Bauhaus), raccontando i molti aspetti del suo lavoro, per offrire un panorama il più possibile soddisfacente della sua creatività. Non fosse stato per quel gran genio di Walter Gropius (che, colpito, lo invitò a collaborare al Bauhaus), forse, oggi non conosceremmo molte delle opere in mostra, specie quelle del periodo più significativo della sua attività; quelle dell’intuizione del “segno” grafico che lo distinguerà in futuro e che è all’origine della sua fama, specie nella fotografia. Forse è scontato ma va ricordato che il Bauhaus fu un “Movimento di massa”, perchè rispose all’innovazione che il Novecento richiedeva a gran voce, in molti campi delle arti visive. E la modernità necessitava di una trasformazione profonda anche del ruolo dell’artista: in tal senso, Moholy-Nagy fu un ispiratore per le generazioni successive. Lo scopriamo – e intendiamo – meglio nel percorso ascensionale romano (ascensionale non solo in senso figurato: dal pianterreno, si sale per diverse rampe, ai piani superiori), seguendo l’evoluzione del suo stile, dai primi lavori alla Bauhaus; dal caleidoscopio dei colori su tela al bianco e nero dell’obiettivo; dalla grafica ai disegni astratti degli anni ‘40. Morì negli Stati Uniti, dove ebbe il tempo di fondare la School of Design e entrare negli American Abstract Artist, lasciando dietro di sé una lunga scia di successi che parlano ancora ai contemporanei. Questo, soprattutto, perché seppe cogliere il mistero dell’arte: inesausta ricerca del nuovo e delle tante possibilità di esplorarlo. Cornice ideale a Moholy-Nagy, una selezione di dipinti e fotografie di artisti dell’Avanguardia ungherese che hanno definito la cultura visiva dell’Europa centrale nel periodo fra le due Guerre, molti dei quali inediti in Italia. La sezione “Budapest a Roma. Artisti ungheresi nella Capitale fra le due guerre”, dalla collezione Gam, è a cura di Arianna Angelelli e Claudio Crescentini. Sono lavori di Berény, Kassák, Lampérth, Teutsch e raccontano il rapporto di collaborazione creativa fra Italia e Ungheria e quelli mai interrotti fra gli artisti dei due Paesi, con particolare riferimento all’influenza del Bauhaus. Menzione speciale per il carteggio tra Gropius, Moholy-Nagy e il nostro Enrico Prampolini.  Ciò, senza dimenticare il chiostro del museo con l’istallazione di Sàndor Vàly, “Ologrammi gotici”. Spazio e tempo, passato e futuro chiusi in contenitori illuminati. Per un’eternità in scatola…

Info: www.galleriaartemodernaroma.it