Alla Virtus Roma Basket serve Marco Calvani per ritrovare l’orgoglio

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Marco Calvani
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Marco Calvani

Avevo giurato a me stesso che non mi sarei lasciato coinvolgere dalle vicende della Virtus Roma. Avevo giurato che le emozioni non sarebbero riuscite a sovrastare la ragione. Una ragione offesa dall’autoretrocessione, dalla costruzione di una squadra inadeguata alla serie, da un Presidente che da troppi anni ormai vive alla giornata senza una seppur minima programmazione. Lo avevo giurato. Ma come si fa a rimanere impassibili quando vedi l’amore della tua vita (sportivamente parlando) maltrattato, ridicolizzato e deriso?

Non sono le quattro sconfitte su quattro partite che mi turbano. Difficile aspettarsi di meglio con una squadra del genere. La A2 è una categoria complicata. E’ la vicenda tra Ennio Leonzio e il coach Saibene sbattuta in prima pagina sui giornali ad avermi spinto ad affidare le mie riflessioni a questo foglio. Si sono usati toni apocalittici, per citare il Vate Bianchini, criminalizzando Saibene per uno scappellotto forse un po’ troppo energico ad un suo giocatore poco concentrato in allenamento. A me hanno insegnato che ogni tanto una pacca su una spalla un po’ forte aiuta a capire meglio le cose. Invece si sono inseguite dichiarazioni di procuratori e giornalisti che hanno fatto del coach Saibene una specie di mostro. E’ notizia di qualche minuto fa che la Virtus Roma abbia aperto un provvedimento disciplinare nei confronti del coach. Mio Dio, Saibene avrà pure sbagliato, ma con la situazione che sta vivendo la Virtus Roma, onestamente sarei preoccupato di ben altro. Come, per esempio dell’incapacità di chiudere ad inizio stagione un accordo serio con Eurobasket. Ecco quella sarebbe stata programmazione. Invece l’elefante ha partorito un topolino con una serie di accordi con società sportive del territorio a livello dilettantistico. Per carità, operazione assolutamente meritoria. Ma certamente non determinante per il futuro di questa gloriosa società che negli anni ha fatto indossare la propria maglia a gente come Michael Cooper, Dino Radja, Carlton Myers, Dejan Bodiroga, Erazem Lorbek, Anthony Parker, Larry Wright, Clarence Kea, Enrico Gilardi, Fulvio Polesello, Hugo Sconochini, Gigi Datome. Ma anche gente come Donato Avenia, Emiliano Busca, Marko Tusek che oltre alla tecnica davano il cuore, le gambe e le braccia su quel parquet.

L’ho vista la Virtus di oggi giocare. Ha bisogno di un coach che sappia insegnare basket. Ha bisogno di un americano forte. Un centro. E forse un piccolo. Ma potrebbe anche non servire. Ha bisogno di ritrovare fiducia e di guardare avanti.

Esiste solo una persona a Roma in grado di fare tutto questo. Si chiama Marco Calvani. Grande conoscitore di basket, navigato anche in serie A2, romano, adorato dai tifosi (è suo il secondo scudetto di Roma, quello che non trovate negli albi d’oro perché ci trovate scritto Siena. Ma Siena se ne appropriò in maniera indebita, come le vicissitudini dell’allora suo Presidente stanno a dimostrare). Marco Calvani sa insegnare basket e riporterebbe i tifosi al Palazzetto. Riaccenderebbe la fiammella della speranza. Riunirebbe la città intorno a questa armata Brancaleone che potrebbe diventare una sorpresa vera. Ma gli serve un americano forte. Senza, neanche Calvani può fare miracoli.

Allora Presidente Toti, Marco Calvani, un americano e ci andiamo a prendere i play off. O, altrimenti, stacchi la spina. Questa agonia non la meritiamo. La dignità prima di tutto.