Altri 50 morti nel Mediterraneo, ma non è Covid

Resta irrisolto il problema immigrazione durante la pandemia, ce lo ricorda il Professor Luca Andreassi in zona mista del 12 giugno

0
744
barcone
barcone

Tra mercoledì e giovedì i corpi di 50 migranti annegati dopo un naufragio sono stati recuperati al largo della Tunisia.

Il barcone stava tentando di raggiungere Lampedusa quando si è rovesciato. C’erano donne, almeno la metà. Una di loro era incinta. E c’erano anche tre bambini.

Secondo l’UNHCR, l’agenzia dell’ONU che si occupa dei migranti, le partenze dalla Tunisia sono sensibilmente aumentate in questi mesi a causa del fatto che circa la metà dei migranti ha perso il lavoro per via della crisi legata al COVID 19.

Per di più, da inizio aprile, il governo italiano aveva stabilito che i propri porti non potevano essere considerati sicuri per le persone soccorse in mare da navi di nazionalità diversa da quella italiana fuori dalla zona SAR italiana, di fatto impedendo l’accesso alle navi delle ONG che operano nel Mediterraneo. Sempre per l’emergenza COVID19.

Il COVID19 non solo non ha ridotto le partenze. Al contrario, ha esasperato un problema già di per sé drammatico e, spesso fuori controllo.

Un problema che va affrontato dall’Europa nella sua complessità, ad iniziare dalla riscrittura condivisa delle norme contenute nel Trattato di Dublino.

Ma, oggi, immediatamente, l’Europa è chiamata a trovare una soluzione che ponga fine all’intercettazione dei migranti in mare da parte delle motovedette della guardia costiera libica che, ancora ieri, ha riportato in Libia 200 persone tra cui, purtroppo, diversi bambini. I porti libici non sono porti sicuri.

Ma è un problema che va affrontato immediatamente anche a casa nostra. I decreti sicurezza voluti dall’allora Ministro Salvini e ratificati dal Presidente Conte, rappresentano una vergogna per l’Italia.

I diritti degli esseri umani dovrebbero restare tali a prescindere dal colore della pelle e dalla nazione di nascita. Anche in epoca di pandemia.