Botero, un “classico” del XX secolo

A un anno dalla morte, Palazzo Bonaparte omaggia l’artista colombiano dedicandogli la più grande e completa retrospettiva mai realizzata

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Fernando Botero amava molto Roma e Roma, evidentemente, ricambia, visto che, dopo l’esposizione delle sculture monumentali al Pincio, ora – e fino al 19 gennaio 2025 – lo omaggia con un’opulenta retrospettiva dal titolo: “Fernando Botero. La grande mostra”, a Palazzo Bonaparte.


Mancato un anno fa, l’artista sudamericano ci consegna la sua visione del mondo fatta di personaggi dalle forme maestose; fisicità “allargate” immerse in un Eden senza serpenti, colte in gesti lenti e quotidiani, esibite sempre con una certa ironia. Perchè l’abbondanza è positività, è ricchezza. E perché l’arte è una celebrazione permanente del piacere: “un’oasi di gioia nelle difficoltà della vita”, come amava ripetere.

Quest’evento, però, essendo il primo e il più grande mai realizzato in Italia su Botero, non è solo una carrellata indimenticabile di ritratti da un caleidoscopio di tinte, ma anche un’occasione per (ri)conoscere immagini di denuncia evidentemente poco note.

“Digressioni”, per così dire, lungo un percorso altrimenti iconico, che, aprono uno squarcio sulle scene di violenza in Colombia e alzano la voce sulle torture nel carcere di Abu Ghraib, in Iraq.

Riannodando sessant’anni di vissuto artistico, il visitatore, prima di entrare nella stupefacente immersive room, viene accompagnato tra dipinti, carboncini, sculture e alcuni straordinari inediti, esposti per la prima volta e prestati eccezionalmente (la “Menina-after Velazquez”, una versione che Botero copiò al Prado ancora studente, da sempre nel suo studio parigino, e “Omaggio a Mantegna”, che addirittura si riteneva perduto), ritrovandosi vis-à-vis a temi come: l’America Latina; il circo; la religione; la natura morta e la corrida. Ma anche a versioni di capolavori della storia dell’arte, come la “Fornarina” di Raffaello; il celebre dittico dei Montefeltro di Piero della Francesca, il “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Van Eyck. Agli acquerelli su tela in grandi formati, la sperimentazione più recente: opere-sintesi, frutto di una vita discussa intorno ai topoi di sempre. In tutto, oltre 100 opere nel cuore di Roma, “attestati” di una produzione prolifica, segno della versatilità del lavoro di Botero, che non imita, ma ricrea un universo poetico in cui l’essenza della terra natia si fonde con la tradizione italiana. Arte precolombiana e Rinascimento al ritmo di suadenti brani ispanici: soggetti esuberanti, delineati da un colore che vibra, steso su grandi campiture piatte.

Questa di Roma è: “Un’occasione straordinaria per celebrarne il primo anniversario della morte, proprio nella terra che lui ha tanto amato”, hanno precisato i tre figli dell’artista: Lina (che ha anche curato l’esposizione con Cristina Carrillo de Albornoz), Fernando e Juan Carlos, presenti all’inaugurazione. Ma non finisce qui: Fernando Botero è morto il 15 settembre 2023, realizzando il sogno di lavorare fino all’ultimo e lasciando un’eredità monumentale, che la famiglia assicura di voler “far viaggiare” il più possibile attraverso l’omonima Fondazione, anche per rispettare un esplicito desiderio dell’artista.

“Fernando Botero. La grande mostra” è prodotta e organizzata da Arthemisia, con la Fernando Botero Foundation e in partnership con la Fondazione Terzo Pilastro Internazionale e Poema, con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio e del Comune di Roma-Assessorato alla Cultura.

Info: www.mostrepalazzobonaparte.it; www.arthemisia.it