Dalle 11.30 di domenica prossima sulle rive del Lago Albano di Castel Gandolfo risuoneranno le note di Paganini, Schubert e Piazzolla grazie alla chitarra di Flavio Nati e alla viola di Matteo Rocchi. La location sarà d’eccezione: il ninfeo all’interno della suggestiva Sala Domiziana dell’Hotel Castel Vecchio. Flavio Nati e Matteo Rocchi hanno voluto dare un assaggio di quello che il pubblico ascolterà domenica prossima: “Abbiamo pensato ad un programma molto accattivante. Si succederanno tre capolavori tra Ottocento e Novecento con la Sonata Concertata di Paganini, qui riadattata alla viola dal violino, continueremo con la celebre Sonata in La minore D 821 di Schubert (famosa come “Arpeggione”, dal nome del desueto strumento per cui era pensata) e termineremo con l’Histoire du Tango di Astor Piazzolla. Un programma tra vari stili e diverse epoche interamente riadattato da altri strumenti e con autori accomunati da un innato senso della melodia e da un uso virtuosistico degli strumenti che darà vita ad un programma fatto di musica fresca, frizzante e piena di vitalità”.
Protagonisti, ovviamente, oltre agli artisti saranno gli strumenti. Matteo Rocchi ha descritto la sua passione per la viola: “Parlare della viola al pubblico non è mai cosi facile… Scherzo sempre con colleghi sul fatto che quando mi chiedono “che strumento è la viola?” rispondo “è un violino più grande”… È uno strumento che mi ha rapito fin dalla prima volta che lo sentii da piccolo: la possibilità di poter suonare suoni scuri come un violoncello o chiari come un violino già ti offre una tavolozza di colori incredibile, il tutto però ha una risultante tutta sua: gli acuti sono dolci e si prestano molto per brani più cantabili piuttosto che virtuosistici, i bassi invece sono più di facile emissione del violoncello e quindi ti danno qualche possibilità in più per passaggi veloci… E poi mi ha da subito rapito la simpatia dei violisti: siamo di fatto gli strumentisti con più barzellette in orchestra, spesso affiancati ai carabinieri… E le conosciamo tutte noi!”.
Senza dimenticare le emozioni trasmesse dal suono della chitarra, di cui ha parlato Flavio Nati: “Della chitarra mi è sempre piaciuto il contatto con lo strumento, che risulta essere così intimo: non c’è un intermediario tra le dita e le corde, se non qualche millimetro di unghia sulla mano destra. Inoltre, lo strumento è abbracciato e suonando se ne percepiscono le vibrazioni sul proprio corpo: è una sensazione bellissima, che ci connette continuamente con la fisicità dell’atto del suonare. Un’altra delle caratteristiche che mi ha sempre colpito della chitarra è il suo essere a metà strada tra uno strumento polifonico (ad esempio, il pianoforte) e uno strumento monodico (un violino, un flauto etc…). In effetti essa presenta delle caratteristiche tipiche di entrambi, pur non rientrando esclusivamente in nessuna di queste due tipologie. Del pianoforte abbiamo la possibilità di eseguire passaggi a più voci o accordi e quindi siamo molto adatti ad accompagnare un altro strumento o un/una cantante, ed è questo il ruolo che svolgerò principalmente durante il concerto di domenica. D’altro canto, con gli strumenti ad arco e a fiato la chitarra condivide molte possibilità, tra cui quella di vibrare, di eseguire portamenti, glissati: in una sola parola, condivide con essi la cantabilità. Questa caratteristica da una parte rende meno “meccaniche” – per così dire – le parti di accompagnamento, mentre dall’altra lascia che in qualche momento sia io a prendere il controllo dell’andamento melodico, “relegando” così la viola sullo sfondo per qualche battuta. Si tratta di un rovesciamento di ruoli assai sorprendente ma che – se gestito nel migliore dei modi – funziona alla grande!”