«La tesi da sviluppare è, qualsiasi sia il nostro temperamento o capacità di fronte alla natura, riprodurre ciò che vediamo, dimenticando tutto quello che c’è stato prima di noi. Il che, penso, permette all’artista di esprimere tutta la sua personalità, grande o piccola » (Cézanne, lettera a Émile Bernard, 23 ottobre 1905)
Sbarca a Roma Paul Cezanne, tradizionalmente definito “padre dell’arte moderna”, o “il fenomeno più complesso, straordinario e suggestivo che sia apparso nel cielo dell’arte in Europa” (Francesco Trombadori), in una mostra che rilegge, alla luce dell’influsso cezanniano, l’attività artistica dei protagonisti del ‘900 italiano: dagli anni della formazione di Morandi alla conclusione dell’esperienza futurista di Boccioni, passando per le nature morte di De Pisis e per lo spazio volumetrico di Sironi, e spaziando fino al lavoro figurativo di Capogrossi e alla drammaticità di Fausto Pirandello.
La circolazione dell’opera di Cèzanne nel nostro paese inizia a Firenze nel 1910, nella “Prima Mostra Italiana dell’Impressionismo” curata da Ardengo Soffici, intellettuale e artista del primo ‘900 italiano, che coglie preziose specificità nello spirito di geometria e nella sintesi formale cezanniana. Successivamente, nel 1920, nel padiglione francese della Biennale veneziana, si registra la presenza di 28 dipinti provenienti dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser.
Nato a Aix – En – Provence nel 1839, dopo una formazione spirituale romantica, negli anni ’70 dell’800 Cèzanne si avvicinò all’Impressionismo grazie alla lezione di Pissarro, che di lui scrisse: «ci dà speranze e ho visto e ho con me una pittura di un vigore e di una forza notevole». E’ Pissarro che gli insegnò a porsi davanti al soggetto con obiettività, strutturandolo liberamente sulla tela senza imposizioni di sovrastrutture letterarie, in modo da renderlo solo successivamente secondo il proprio spirito, con l’utilizzo di mezzi puramente pittorici, come le tonalità del colore e le vibrazioni della luce. Per quanto Cézanne accettasse l’Impressionismo e ne condividesse gli obiettivi, non si identificava con esso e i suoi risultati sono infatti diversi: la rappresentazione della realtà mediante la vibrazione luminosa e cromatica non disfa e svuota la forma, ma assicura compattezza ed esalta i volumi; del resto, gli stessi Impressionisti – a parte Pissarro, Monet, Renoir – mostravano diffidenza verso la sua pittura. Per Cèzanne, la pittura deve esprimere «le strutture profonde dell’essere», deve essere «una ricerca ontologica, una sorta di filosofia»: la pittura è l’oggettivazione nella tela dei reali dati sensibili.
La mostra, allestita presso il Complesso del Vittoriano dal 5 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014, ci consente di indagare quanto l’esempio cezanniano, mescolato ad altre suggestioni e complicato dall’attrazione per Picasso e il cubismo, sia stato fruttuoso per gli artisti italiani, come siano stati capaci di trasformarlo in connotazioni originali, riflesso del vigore delle singole personalità, oltre che specchio di specifici aspetti della nostra storia culturale.