Dove sono le donne nel crocevia delle sale parto?

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Michela Cericco, presidente dell’Associazione La Goccia Magica, tra le promotrici di numerosi progetti tesi a sensibilizzare opinione pubblica, istituzioni ed operatori del settore, attorno alle questioni inerenti il parto, la salute della donna e l’allattamento naturale. Ultima delle iniziative ancora in atto è quella che prende il nome de “Allattamento naturale – La Strada più Sicura”, che vede un camper rosa delle mamme dei Castelli Romani sostare in molte piazze dei Comuni della Provincia di Roma e di Latina.

“VENERDì 11 MARZO 2016 – scrive Michela Cericco – nella sala Mappamondo di Palazzo Montecitorio si è svolto un incontro organizzato dall’On. Paola Binetti e dal Sen. Aldo Di Biagio dal titolo “Il diritto di vivere nel crocevia della sala parto” che prevedeva la partecipazione di ginecologi e addetti ai lavori.

Le volontarie della Goccia Magica, madri di sostegno ad altre madri nell’allattamento al seno come previsto dalle iniziative Baby Friendly OMS Unicef (http://www.unicef.it/doc/148/ospedali-amici-dei-bambini.htm), rispettose delle normative vigenti (http://www.ibfanitalia.org/codice/) che supportano tali iniziative, un esempio dei tanti gruppi di madri (http://mami.org/), costituiti con lo stesso obbiettivo di promuovere, proteggere e sostenere l’allattamento al seno si sono sentite parte degli “addetti ai lavori” e la Presidente della organizzazione di volontariato La Goccia Magica, sig.ra Michela Cericco, ha partecipato all’incontro accreditandosi come previsto dall’organizzazione di Montecitorio.

Il programma prevedeva diversi momenti definiti “tavole rotonde” aventi ad oggetto la sicurezza della mamma e del bambino, il miglioramento della sicurezza della paziente, il processo di formazione in sala parto. Di fatto gli “addetti ai lavori” non erano invitati e prendere parte ai dibattiti, perché i discorsi sono stati tenuti interamente solo dai ginecologi responsabili dei principali centri nascita della capitale, ad eccezione dei parlamentari e del Ministro Beatrice Lorenzin. Benché il soggetto dei discorsi di tutta la giornata fossero le donne-madri, nessuna rappresentanza di madri è stata invitata. Si scoprirà solo a fine giornata, quando la sala Mappamondo piano piano si stava svuotando, dalle parole della presidente della FNCO, dott.sa Maria Vicario, presente alla tavola rotonda, che anche le ostetriche non si erano sentite particolarmente accolte in una giornata intitolata “Il diritto di vivere nel crocevia della sala parto”.

Chi vi scrive, madre, in rappresentanza di madri, ha avuto la sensazione di aver sbagliato ad entrare nella sala Mappamondo e l’unica cosa che ha potuto fare è stato ascoltare con attenzione quanto si diceva delle madri che vivono la loro esperienza di nascita in quegli stessi crocevia.

Il comun denominatore della giornata è stato il calo demografico allarmante, il fatto che le donne italiane fanno in media un figlio e mezzo circa nella loro vita e che quel figlio diventa “prezioso” in quanto unico, caricando di molte aspettative l’esperienza del percorso nascita delle madri. Le madri desiderano figli in età sempre più avanzata (i dati ISTAT proiettati riportavano l’età media delle primipare 31 anni), con conseguenti problemi dovuti all’avanzamento degli anni (fibromi uterini, diabete, ipertensione, ecc.) per cui la medicalizzazione del parto, che pone l’Italia a registrare dati che posizionano l’assistenza sanitaria della nascita italiana tra i più critici della graduatoria mondiale ed europea, ha trovato presto una plausibile spiegazione.

Pur trovandoci nella più alta sede istituzionale dello Stato italiano, in sala erano presenti unicamente responsabili dei più importanti centri nascita romani. Questi ultimi hanno ammesso che altre regioni registrano dati diversi e più virtuosi nel cercare di abbassare il livello di medicalizzazione nel parto ma nessun rappresentante di altre Regioni era presente a Montecitorio per un confronto costruttivo sui dati, i metodi e le procedure.

Chi scrive è friulana, trapiantata ai Castelli Romani, e avrebbe molto apprezzato la presenza di un corregionale per spiegare come, da anni, i tassi di tagli cesarei nella regione Friuli Venezia Giulia siano stabili attorno al 23% contro il 41% del Lazio (Proporzione di TC per regione, anno 2009, Fonte SDO 2009, Ministero della Salute). Evidentemente, non era l’obbiettivo della giornata.

Sono state descritte con attenzione tutte le patologie ad alto rischio di danno perinatale e materno-fetale con l’esposizione epidemiologica del fenomeno. Insomma, una prima mattinata a sviscerare il perché della necessità di tanti interventi chirurgici ed operativi. Fino a quel momento le gravidanze e i parti non sono stati mai distinti, finché non si è parlato delle linee guida internazionali e nazionali (http://www.snlg-iss.it/lgn_gravidanza_fisiologica_agg_2011, http://www.snlg-iss.it/cms/files/LG_Cesareo_finaleL.pdf ) che dovrebbero orientare i clinici secondo le più recenti e confermate evidenze scientifiche. Una ginecologa ha spiegato come si elaborano le linee guida e soprattutto chi partecipa ai lavori di elaborazione: ginecologi, ostetriche e utenti-madri. La medesima relatrice ha evidenziato come gli istituti di ricerca più autorevoli a livello mondiale, come il NICE (https://www.nice.org.uk/guidance/cg190), mettano al primo posto, come luogo più sicuro per il parto, il domicilio della donna, al secondo posto le case maternità, al terzo posto gli ospedali, classificando la gravidanza per orientare la scelta del luogo del parto. La dott.sa ha evidenziato come le donne, attraverso l’autodeterminazione, sempre più numerose arrivino nei reparti nascita con dei piani del parto, puntuali e attente alle linee guida per esprimere la volontà di assistenza rispettosa e demedicalizzata. Le parole della ginecologa sono state accolte dai colleghi in silenzio, anche quando ha rappresentato come le donne vengano accolte in malo modo dall’equipe, invitando i colleghi presenti a riflettere e discutere di queste situazioni.

A questo punto della mattinata ha fatto ingresso il Ministro Lorenzin che, ascoltato un rapido riassunto della giornata, ha dichiarato di non essersi preparata per sostenere l’argomento a discorsi avviati. Ha ribadito la preoccupazione per le poche nascite sul territorio italiano e ha annunciato i contenuti del Piano Nazionale Fertilità. Il Ministero della Salute si impegnerà per ricordare alle donne, e anche agli uomini, quale sia l’età fertile. Il Ministro ha ribadito che deve essere garantita l’assistenza medica alle donne ma che gli eccessi vanno contenuti ricordando che proprio nel Lazio alcune cliniche convenzionate registrano il 98% di nascite con taglio cesareo. Ha collegato la difficoltà dell’avvio dell’allattamento con le modalità di nascita mettendo al centro la sua esperienza di madre e ringraziando pubblicamente la dott.sa Maria Vicario per averla sostenuta nel puerperio. Infine, dovendo andare via, Il Ministro Lorenzin ha detto pubblicamente che firmerà il DDL promosso dal Sen. Aldo Di Biagio e dall’ On. Paola Binetti sulla fiducia, senza averlo letto e in base alla stima verso l’Onorevole Binetti.

Riprendere a seguire i lavori del convegno dopo l’intervento del Ministro Lorenzin non è stato facile e da madre mi sono sentita “ospite” in un discorso dove non c’era la volontà di intraprendere un percorso con le donne, le principali protagoniste della nascita.

Infatti, l’ultima tavola rotonda in programma: il processo di formazione in sala parto ne è stata la conferma.

Dopo una spiegazione su come si articola il lungo percorso formativo universitario di un medico ginecologo in Italia, di nuovo le scarse nascite sono ritornate ad essere il centro del discorso. A malincuore è stato dichiarato che la preparazione pratica dei futuri ginecologi e ostetriche è condizionata dal fatto che mancano le donne che fanno figli, per cui si dovranno usare i manichini e non si potrà fare pratica sulle persone.

Venerdì 11 marzo 2016 presso Montecitorio io, madre, ho appreso che, seppur incontrando ogni giorno molte madri per il sostegno nell’allattamento, non mi sono mai accorta che quelle donne di sana e robusta costituzione e di bell’aspetto (nonostante il parto medicalizzato), sono di fatto delle donne vecchie per essere madri con requisiti non idonei per affrontare la gravidanza e il parto. Non sapevo che queste madri avrebbero avuto bisogno di conoscere gli aspetti legati alla loro fertilità per tempo per non indurre i clinici ad intervenire con manovre o chirurgicamente nell’occasione del parto.

Ho capito che la sola voglia di diventare madri, comunque, mette in seria difficoltà i medici in quanto si devono prendere carico di gravi responsabilità non potendo così esercitare la professione senza correre rischi medico-legali, la conseguenza è che nelle sale parto si esercita la medicina difensiva.

Ho capito che l’epidemiologia può essere interpretata a proprio piacimento per non affrontare le criticità che solleva vedere nero su bianco dei dati critici preoccupanti e allarmanti che coinvolgono la propria professione.

Ho capito che i medici sono profondamente dispiaciuti e hanno dichiarato che a nessuno fa piacere praticare le isterectomie. Si tratta di una condizione che in Italia può capitare a una donna su 5, ossia a circa 123.000 donne all’anno secondo i dati del 2003 (http://www.numedionline.it/apps/essay.php?id=3447); un fenomeno ogni anno in

aumento, ma evitabile in 80% di casi (http://www.socmedchirvic.it/files/Gli%20eccessi%20nel%20rapporto%20donne-medicina.pdf).

Ho capito che il disegno di legge (http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/929576/index.html) che ha riunito i responsabili ginecologi di alcuni ospedali del Lazio a Montecitorio, lancia un’ancora di salvezza rappresentata da una macchina pressoria (un apparecchio applicato intorno alla pancia della partoriente) che li esonererà dalle responsabilità di sentirsi sotto accusa per le manovre praticate sul corpo delle donne, manovre pericolose e dannose che non vengono nemmeno documentate nei CeDAP (http://oggiscienza.it/2015/03/13/morte-parto-decessi-gravidanza/).

Ho capito dalle parole dei ginecologi presenti che la loro professione è in crisi, seppure in Italia il parto sia il 1° DRG (Diagnoses Related Groups) inserito nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), il che significa che in Italia la nascita costituisce l’intervento assistenziale più frequente delle strutture sanitarie rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/688999.pdf .

Da madre, ricordando la mia paura del parto, non so se mi sarei affidata a un sistema che ammette di avere più paura di me durante la nascita dei miei figli. Da madre portatrice a vita dei segni della eccessiva medicalizzazione del parto, di cui nessuno mi potrà dire, a questo punto, se erano necessari oppure no, mi chiedo che sollievo può dare a un medico disporre di una fascia pressoria per far nascere i bambini e obbligarne l’uso durante il parto mediante un disegno di legge? . Parliamone insieme”.