E’ stato quindi esiste

E' stato quindi esiste un principio della fotografia di Roland Barthes per raccontare il mondo di oggi

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macchinafotografica
Macchina fotografica

Roland Barthes, a proposito di fotografia, scriveva che “qualsiasi cosa essa dia a vedere e quale che sia la sua maniera, una foto è sempre invisibile: ciò che noi vediamo non è lei”, (Roland Barthes, in La camera chiara). Questa affermazione, ovviamente, aprì la via a molti altri ragionamenti, più filosofici che letterari. Barthes si focalizzò su cosa fosse la fotografia, su cosa e quale fosse la sua essenza e basò la propria analisi e ricerca filosofica e, potremmo aggiungere, pseudo artistica, su un percorso filosofico particolare.

Egli sosteneva che vedere ciò che procura interesse in una fotografia non è difficile, sta nel desiderare il paesaggio, l’oggetto che raffigurava, è restare meravigliati, ma ancora più importante dell’interesse, era è capire il perché egli provasse una sensazione più particolare che definì come tilt. Barthes giunse a comprendere che il tilt veniva determinato da un altro fenomeno, l’avventura. Il principio di avventura gli permetteva di far esistere la fotografia, lo animava e lui la animava. In sé la foto, infatti, non è animata però essa lo anima, e questo è ciò che fa ogni avventura.

In seguito a varie altre riflessioni di tipologia artistico-filosofica, egli giunse a definire il noema della fotografia, quindi comprese dove risiedesse, secondo lui, l’essenza della fotografia stessa, dicendo che quest’ultima non rimemora il passato, ma attesta che ciò che egli vede è effettivamente stato.

 

Ora, partendo da queste ultime affermazioni possiamo capire come l’attestazione di una qualcosa che è stato determini una sensazione, ed una costatazione, di certezza. Se c’è stato, è certo.

Se ampliassimo, quindi, il discorso a qualcosa di più attuale e meno filosofico, potremmo dire che una fotografia determina un legame con qualcosa che è certamente stato, ma non necessariamente qualcosa che ora non c’è più. Un paesaggio, è stato, ma è tutt’ora.

Di conseguenza, fotografie che raccontano la povertà, le difficoltà economiche, le pessime condizioni igieniche, in cui molte popolazioni sono costrette a vivere, ma anche i sogni ed i sacrifici di coloro che vivono in quelle condizioni e non si arrendono, sono più che un racconto, sono delle testimonianze, sono realtà. Una realtà che è certa, che è stata, perché è stata fotografata.

Una realtà che è impressa, non è estinta ma esiste e deve essere raccontata, che magari, come diceva Barthes, scatena un tilt in noi, e ci anima, e quindi noi animiamo lei.

La voglia di rendere reali dei fenomeni agli occhi di chi sa ma forse non ne è davvero cosciente, potrebbe essere uno degli intenti dell’evento che si terrà Sabato 19 Gennaio, alle ore 18:00, presso la Galleria “Il Sipario” di Giulianello (LT), dove verrà presentato il libro fotografico “Diritti all’obiettivo. Viaggio fotografico alla scoperta delle periferie, dei paesaggi e dei volti del Senegal”, evento organizzato e promosso in collaborazione con l’associazione culturale “Il Sipario” mentre le fotografie sono state scattate da volontari dell’Associazione Diritti al Cuore Onlus, che opera in Senegal e Gambia. Parliamo di un racconto fotografico attraverso cui potremmo conoscere la vita di molte persone che lottano ogni giorno, potremmo conoscere i loro sogni ed i loro sacrifici.

Allora, in conclusione, potremmo dire che forse l’essenza della fotografia non risiede soltanto nell’attestazione di qualcosa che di certo è stato, ma potrebbe anche trovarsi nella, quasi magica, potenza iconografica che, in un apparente semplice scatto, riesce a creare un ponte tra più realtà che possono incontrarsi, che possono toccarsi, sentirsi e viversi reciprocamente, l’una con l’altra.