Filippo Del Monte, “La nazione contro il mondialismo” è #lamiadestra

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Filippo Del Monte - Scuola Politica Fondazione An

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Filippo Del Monte – Scuola Politica Fondazione An

Dalla sinistra socialista a Fratelli d’Italia, passando per la Scuola Politica della Fondazione Alleanza Nazionale, Filippo Del Monte ci racconta #lamiadestra

“Sono uno studente al terzo anno di Scienze Politiche e Relazioni internazionali presso l’Università di Roma Tre. Milito in Fratelli d’Italia ma provengo dalla sinistra socialista, dunque ho un percorso politico leggermente diverso dalla maggioranza dei miei colleghi del corso. Inoltre collaboro con la testata online “centro-destra.it” occupandomi principalmente di affari internazionali, con particolare riguardo per lo scacchiere geopolitico mediterraneo e per la Politica estera italiana”.

Sapresti dare una definizione della tua destra ideale?

“E’ una domanda difficile ma proverò a rispondere. La mia destra dovrebbe avere ben chiaro il significato della parola “destra” appunto, con tutto il bagaglio ideologico-culturale che questa comporta. Per inseguire la moda post-ideologica la destra ha dimenticato da dove viene, ha tentato di “modernizzarsi” nel modo sbagliato, cioè cancellando tutto il proprio passato. Sarebbe giusto oltre che utile recuperare idee che sono tutt’ora attuali o che lo sono tornate dinanzi a quello che è lo scontro politico-ideologico di questo Secolo: Nazione contro Mondialismo. Ecco, la mia destra dovrebbe essere al servizio della Nazione, dovrebbe avere un altissimo senso dello Stato, dovrebbe difendere le tradizioni del popolo italiano senza però chiudersi a riccio e dal punto di vista culturale pensare ad un nuovo modello di società”.

Oltre al fattore economico, la globalizzazione dell’ultimo ventennio ha portato alla ribalta con le migrazioni di massa ed il riaffiorare dei terrorismi, gli scontri tra culture, religioni, identità e valori non negoziabili: come si dovrebbe porre la tua destra in questo contesto culturale globale?

“Negli ultimi venti anni la destra si è persa per strada. Il crollo dell’impero sovietico ed il trionfo del modello liberal-capitalista statunitense ha spinto molti, anche a destra, a pensare che quello fosse l’unico modello di sviluppo possibile. Abbiamo abbracciato la globalizzazione senza pensarci due volte e senza valutare i rischi insiti in essa. Un processo politico del genere ha richiesto dei sacrifici pesanti al nostro Paese, dall’indebolimento della propria identità nazionale alla perdita di sovranità. La globalizzazione ha acuito alcuni difetti insiti nella società italiana e nel suo sistema politico condizionando tanto la nostra politica interna quanto la nostra politica estera. La dicotomia interno-estero nel mondo globalizzato risulta difficile da definire, sembra che anche questo confine sia stato abbattuto. Sembra che le “questioni esterne” abbiano fagocitato quelle interne, e questo è un fenomeno che già Corradini aveva individuato agli inizi del ‘900. Ecco che la difesa dei valori non negoziabili e dell’identità nazionale sul piano interno deve essere accompagnata da una Politica estera che abbia il Mediterraneo come epicentro. La difesa degli interessi nazionali, di cui prima o poi qualcuno dovrà dare una definizione ben precisa, dovrebbe essere il fine ultimo della mia destra”.

Se il destino dell’Europa fosse nelle mani della tua destra, quale forma di Governo, struttura istituzionale e modello economico adotteresti per il vecchio continente?

“Prima di rispondere vorrei specificare di non essere anti-europeista ma contro questo modello di Europa. I popoli europei hanno radici comuni, la Roma imperiale ed il Cristianesimo hanno lasciato una fortissima impronta nel Vecchio continente e chi nega questo non è semplicemente anti-europeista, ma è fuori dalla storia. Anziché costruire l’Europa federale cementata su questi valori si è voluto dar vita ad una Unione europea basata solo ed esclusivamente sulla finanza e sull’economia. Quando il primato della politica sull’economia è venuto meno, anche la possibilità di unificare l’Europa è andata scemando. Questo non significa che il progetto di Europa politica sia morto, è solo in fase di ristrutturazione. La mia Europa dovrebbe essere federale, con una capitale non solo politica ma anche culturale, che non può essere Bruxelles chiaramente. Un’Europa capace di influire sulle crisi internazionali senza essere imbelle come ora. Parlando di economia direi che il modello liberista non è stato una scelta valida sul lungo periodo, l’attuale crisi lo dimostra. Anzi, a mio parere il liberal-capitalismo ha rafforzato le distanze e le incomprensioni tra gli Stati europei. La paura del debito pubblico e l’ossessione del pareggio di bilancio stanno distruggendo dall’interno gli Stati e stanno disgregando le comunità nazionali. Sarebbe ora di cambiare, tanto per cominciare torniamo a pensare all’economia come ad uno strumento della politica e non viceversa, poi si potrà ragionare sul modello economico dell’Europa unita”.

 

In cosa consiste secondo te l’identità italiana e l’italianità?

“L’identità italiana si è formata nei secoli e risente degli influssi delle più diverse culture. Fortemente permeata dalla cultura classica greco-romana e dal cristianesimo, la nostra identità ci spinge ad avere una visione per certi versi “universalistica” e non ristretta ai soli confini nazionali. La cultura e l’arte hanno permesso all’Italia di esportare il suo modello di civiltà molto più delle campagne militari. Esagerando potremmo dire che nel corso dei secoli l’Italia è stata dedita all’imperialismo culturale e questo ci spinge inevitabilmente verso l’Europa. L’Italia ha il compito di “fare l’Europa” più di qualunque altra Nazione del Vecchio continente. Potrebbe sembrare in controtendenza con quanto detto finora, però anche il campanilismo ha contribuito alla formazione dell’italianità dando vita a realtà locali uniche nel loro genere”.

 

In Italia si fa un gran parlare di riforme, istituzionali e sociali: quali secondo te le priorità della destra in termini di riforme? Come per l’Europa così per l’Italia che tipo e quali riforme adotteresti?

 

“Le riforme istituzionali sono una grande opportunità per la destra; anche dall’opposizione si può contribuire alla trasformazione dell’assetto istituzionale dello Stato e questo non sempre è stato compreso. Una cosa che mi ha rattristato è stata la mancata battaglia sul presidenzialismo, vecchio cavallo di battaglia della destra, che non è stata fatta per mancanza di coraggio o per opportunismo politico. Per quanto riguarda le riforme sociali ho solo una cosa da chiedere alla destra italiana: evitiamo di smantellare lo Stato sociale, perché in periodo di crisi è l’ultimo salvagente per tanti cittadini disperati. Sull’Europa non ho altro da aggiungere, qualunque riforma venisse fatta, se prima non cambia il modo di pensare e vedere l’Unione europea, sarebbe inutile”.

 

Quali soluzioni, se ne vedi la necessità, dovrebbe adottare la destra italiana in termini di “diritti civili”: coppie di fatto, aborto, proibizionismo, immigrazione, cittadinanza e sicurezza?

 

“Quello dei “diritti civili” è un terreno su cui si rischia di scivolare perché si va a colpire la vita quotidiana delle persone. Sulle coppie di fatto il mio parere personale è che vadano regolamentate, c’è un vuoto legislativo che uno Stato moderno non può permettersi. Sono contrario all’adozione di figli per le coppie omosessuali. Sull’aborto il discorso è altrettanto complicato e, nonostante io sia personalmente contrario ad esso, credo che prima o poi si dovrà arrivare ad un compromesso. Sulle droghe ho una posizione “giovanardiana”, non me ne vogliate. Per quanto riguarda l’emergenza immigrazione dico solo che l’Italia ha firmato trattati internazionali che ci impongono clausole che vanno ben oltre le nostre possibilità e le nostre forze. Occorrono più controlli, se necessario rimpatri ed il reato d’immigrazione clandestina che era sacrosanto. Ripartendo dalla domanda sull’identità non posso dire altro se non che la cittadinanza debba essere concessa solo ed esclusivamente per “Ius sanguinis”. L’essere cittadini si porta dietro necessariamente le questioni dell’identità, delle tradizioni e della storia comune; in parole povere non si può ripensare la cittadinanza senza andare a ripensare dalle fondamenta il concetto di “Nazione”. La cittadinanza non è né merce di scambio, né un qualcosa da regalare per “buona condotta” ma è la base di una “comunità di destino”. La questione sicurezza è tornata alla ribalta in questi ultimi giorni e sta infiammando il dibattito pubblico italiano. Non facciamoci prendere dalla “sindrome dei pistoleri” ma cerchiamo anche di non schierarci dalla parte di chi delinque. Per risolvere la questione sicurezza occorrono pene più severe, la certezza della pena ed un potenziamento degli apparati di sicurezza. Continuare a tagliare i finanziamenti a forze dell’ordine e forze armate non renderà l’Italia più sicura, questo è certo”.

Secondo te quale dovrebbe essere il luogo ed il posizionamento politico nel panorama nazionale di oggi, ove la tua destra dovrebbe inserirsi? Se e con chi la vedresti alleata o in contrapposizione?

“In Italia manca un vero fronte nazional-conservatore. O esiste la destra liberale di Forza Italia o quella populista della Lega salviniana. Eppure ci sono tante forze nel panorama politico italiano con cui si potrebbe fare un ragionamento più ampio per dar vita ad un polo “nazionale” che abbia in Fratelli d’Italia il suo fulcro ed il suo punto di forza. Penso che dai risultati delle elezioni amministrative e dal congresso nazionale di FdI del prossimo anno qualcosa di nuovo possa nascere. L’unico errore da non commettere è quello di chiudersi nel proprio mondo. Per essere forti occorre essere inclusivi. Con Forza Italia a quel punto si potrebbe dialogare mentre con la Lega è più difficile; io diffido di Salvini, dubito che abbia cambiato faccia, l’indipendenza della “Padania” è ancora un obiettivo raggiungibile per i leghisti. Certo, in caso fosse necessario il “listone” unico ci ritroveremmo tutti insieme ed ogni ragionamento di questo tipo sarebbe aprioristicamente escluso”.

Sapresti indicare 5 nomi di leader, nazionali e/o internazionali, contemporanei e non, dell’ultimo secolo, che a tuo avviso hanno rappresentato o rappresentano il modello di destra a cui ti senti di aderire?

“Questa è una domanda interessante. In realtà punti di riferimento tra i leader non ne ho, preferisco parlare degli intellettuali e degli ideologi. Però non saprei indicartene cinque. Certamente le opere di Enrico Corradini, Francesco Coppola e Carlo Costamagna mi hanno ispirato. Sono tre personaggi importantissimi del mondo politico-culturale italiano purtroppo emarginati nel corso degli anni ma che nell’ultimo periodo vengono rivalutati anche da esperti stranieri. Alcune delle loro intuizioni sono valide per il mondo attuale e con le dovute correzioni e modernizzazioni potrebbero anche entrare in un ipotetico pantheon della destra italiana”.