Gabriele Romagnoli alla Mondadori di Velletri

Pomeriggio di grande spessore culturale alla Mondadori di Velletri: lo scrittore e giornalista Gabriele Romagnoli ha presentato il suo Senza fine

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Gabriele Romagnoli alla Mondadori di Velletri

Pomeriggio di grande spessore culturale con uno dei nomi più gettonati della letteratura italiana contemporanea alla Mondadori di Velletri: è arrivato, infatti, lo scrittore e giornalista Gabriele Romagnoli, per presentare il suo ultimo romanzo Senza fine. La meraviglia dell’ultimo amore (Feltrinelli). Un libro intenso, pieno di storie che si intrecciano e che fanno sorridere e commuovere, uscito appena un mese fa e già tra i più graditi dai lettori italiani (e non solo). Romagnoli, ironico e schietto, ha raccontato prima di entrare fra le pieghe più interne dell’opera la sua filosofia di vita, che poi si ritrova anche nel romanzo stesso: “L’idea di lasciare la terra senza aver visto il più possibile per me è inconcepibile” – ha esordito – “e questo mio amore per il viaggio è nato sin dall’adolescenza. Inoltre penso che un giornalista non può essere tale se sta fermo, deve sapere di cosa si parla oltre il piccolo quartiere che è il nostro paese. Da qui i viaggi e le cose che ho appreso e raccontato”. Proprio sul suo approdo alla carta stampata, l’autore ha descritto le modalità di ingresso nell’ordine dei giornalisti: “A 27 anni ho capito che la fortuna è fondamentale. Il quotidiano La stampa aveva indetto un concorso, passai tutte le prove e lo psicologo al colloquio mi chiese come mai dopo aver passato a pieni voti la carriera universitaria e una laurea in giurisprudenza fossi senza un lavoro. Io, che in analisi non ci sono mai voluto andare ma sapevo cosa avrei dovuto rispondere, gli dissi che ero sempre tornato indietro ad ogni chiamata perché il mio unico obiettivo era scrivere”. E Senza fine, che si candida a diventare un grande successo editoriale, è un romanzo in cui si scrive e si parla d’amore, come sottolineato da Aurora De Marzi, che ha egregiamente intervistato l’ospite di turno. “Fra le tante storie che ho raccontato” – ha dichiarato Romagnoli – “non poteva mancare quella che ho conosciuto sin dal principio, ovvero il rapporto fra i miei genitori. L’idea che loro fossero l’emblema del grande amore l’ho concepita quando ho capito che mio padre è stato un eroe, rinunciando ad un intervento per non far credere a mia madre che si sarebbe rifatto una vita dopo la sua morte. Lì ha imparato il sacrificio necessario ad una grande storia d’amore. In un rapporto non importa quanto impegno è richiesto, ma quando ce ne mettiamo”. Il romanzo di Romagnoli, però, ha anche tante parti sarcastiche o umoristiche, come ad esempio la sindrome di James Dean, una “patologia” coniata dallo stesso scrittore: “Quando, al decimo tentativo, sono riusciti a mandarmi in analisi per il controllo della rabbia, a Beirut, mi inventai questa ‘sindrome’: James Dean è un attore che tutti conoscono, è diventato un mito, eppure ha fatto tre film e poi è sparito. È come una donna che dopo due incontri scompare dalla tua vita: nei momenti difficili di una relazione ti torturerà sempre, ci penserai, come si pensa a come sarebbe stato James Dean se avesse fatto venti film tu penserai a come sarebbe stato incontrarla altre volte”. Un altro tema interessantissimo toccato nella gradevole conversazione, ascoltata con grande attenzione dal numeroso pubblico, è stato quello del rapporto fra amore e matrimonio: non un qualcosa di prestabilito, perché si gioca sul filo sottile del luogo comune. Romagnoli ha detto, senza mezzi termini, che è odioso sentir parlare di una durata standard. Per suffragare questa sua affermazione ha preso quale esempio virtuoso quello di una piccola comunità piemontese in Val Chiusella, dove i matrimoni sono contratti biennali che si rinnovano di volta in volta eppure hanno la durata media dei matrimoni classici. “Mi sono documentato con le statistiche ed è emerso che c’è una tendenza a divorziare subito, entro un anno” – ha detto lo scrittore – “oppure dopo i 70. Abbiamo inventato la quarta età”. Il libro parla dell’ultimo amore, che ben si contrappone al primo perché non si genera in uno spazio chiuso (la scuola, il lavoro, l’università): con il passare del tempo, infatti, si allargano gli orizzonti e si crea un equilibrio tra due possibilità. Sceglierne una significa cadere nel vuoto o meno. La domanda che più viene spontanea leggendo il libro riguarda proprio l’ultimo amore: come si comprende se un amore è veramente l’ultimo? “Ci si sente arrivati, posso dare tre concetti, ovvero un’immagine, una frase e una storia. L’immagine è quella di un uomo sulla scala mobile che non si guarda più indietro ma resta proteso in avanti. La frase è quella di Piero Ottone, il quale diceva che se si chiede quanto costa una barca si sa già che non ce la si può permettere. Ne consegue che se ci si chiede ‘è l’ultimo amore? ’, la risposta è già data. Infine, la storia, con i dubbi che ci fa nascere”. Al termine della presentazione, tante sono state le domande rivolte dal pubblico veliterno: una, in particolare, sul concetto di disamore, ha alimentato il dibattito fra i presenti e lo scrittore, che con cortesia e gentilezza ha risposto ai quesiti degli spettatori. Dopo un lungo applauso, un firma-copie e tante foto, a cura dell’Associazione Culturale Click! di Paolo Pace, si è chiuso un incontro con uno degli autori Feltrinelli più importanti per qualità narrativa e capacità di scrittura. Per la Libreria di via Pia, gestita da Guido Ciarla e Aurora De Marzi, un successo, come sempre accade alla realtà culturale veliterna, in vista dei prossimi appuntamenti: Roberto Emanuelli (sabato 1 dicembre alle 17.00, anche a Genzano), Donato Carrisi (8 dicembre), Pierluigi Battista (13 dicembre). Ma non mancheranno le sorprese fra la fine dell’anno e il gennaio 2019.