“Geni ribelli” al Festival del Cinema di Venezia. Il BRCA dallo stigma alla speranza

Il viaggio di aBRCAdabra: famiglie che vivono con il rischio genetico al cancro e che possono salvarsi. Testimonial come Jolie, Balti e Falconieri hanno aiutato le donne

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“Realizzare il docufilm Geni Ribelli è il senso del viaggio intenso di quasi 10 anni di aBRCAdabra, la prima associazione nazionale del nostro Paese nata dalla tenacia
della chirurga Alberta Ferrari e da alcune giovani pazienti mosse dal desiderio di dare voce alle persone portatrici delle varianti patogenetiche BRCA che con un test positivo tra le mani non sapevano come gestire il loro rischio e a chi rivolgersi, sentendo sulla loro pelle lo stigma, la vergogna e la paura. Sono stati anni di cambiamenti radicali, per promuovere una nuova consapevolezza del rischio, per la comunicazione scientifica, per il riconoscimento di nuovi diritti, di grandi collaborazioni. Geni Ribelli è dedicato alle persone che rappresentiamo e ad aBRCAdabra”. Sono le parole della presidente di aBRCAdabra, Ornella Campanella sul documentario ‘Geni ribelli Le storie delle famiglie con la mutazione dei geni BRCA’ di Donatella Romani e Roberto Amato, prodotto da Telomero Produzioni, che ha chiuso la cinque giorni in Laguna di Casa Giffoni Hub in occasione della Mostra del Cinema Internazionale di Venezia.
“La chirurgia senologica era un tabù italiano ma sappiamo che ad oggi è l’arma di prevenzione più efficace , magari tra 20 anni avremo opzioni migliori. Oggi la ricostruzione del seno si fa anche con interventi poco invasivi e piccole cicatrici. Nelle ragazze giovani la risposta è ottimale, l’adattamento dell’immagine corporea per qualcuna è più facile, per altre più faticoso, ma favorito dalla possibilità di ritrovarsi al risveglio con un seno ricostruito simile a quello nativo”. La chirurga senologa Alberta Ferrari, responsabile della struttura semplice dipartimentale di Chirurgia Tumori Eredofamigliari dell’IRCCS San Matteo di Pavia dà una fotografia di come le cose siano cambiate nel giro di pochi anni anche sul tavolo operatorio, ad esempio con la possibilità, in molti casi, di inserimento delle protesi sopra al muscolo, potendo offrire alle giovani donne che scelgono la chirurgia da sane un abbattimento drastico dell’alto rischio oncologico con procedure meno invasive e spesso ottimi risultati. Come quelli mostrati da Bianca Balti, dalle scollature di Angelina Jolie o dalla bellissima Mery Falconieri che ha partecipato al documentario. Secondo Ferrari a queste icone va riconosciuto il merito di aver implementato nelle donne l’empowerment nel reggere l’urto di una scoperta certamente dolorosa: “Aiutano ad avere una percezione inferiore di mutilazione e
femminilità lesa”. La struttura “Tumori Eredo-famigliari” del san Matteo di Pavia, apripista
della presa in carico BRCA e di tutte le patologie correlate, fa capo al Dipartimento Chirurgico di cui è direttrice Adele Sgarella: “E’ una struttura interdisciplinare innovativa” garantisce la chirurga Ferrari. “Da quando abbiamo iniziato (2011) gli interventi preventivi in carrier sane c’è stato un incremento continuo di procedure sia senologiche che ginecologiche. Nel tempo ho visto un abbassamento dell’età e meno la riduzione di donne che si presentano dopo 2 o 3 tumori trattati conservativamente con una considerazione della mutazione tardiva. Le donne erano sole e poco informate, l’associazione ha fatto rete e- aggiunge la chirurga che l’associazione l’ha fondata- è diventata anche un riferimento nel mondo scientifico: partecipa alle linee-guida AIOM, ai position paper sulla chirurgia profilattica, ai congressi come adovocacy dei pazienti, dialoga con le politiche sanitarie (esenzione D99 e percorsi dedicati). E’ stata corretta la modalità di comunicazione e divulgazione sulla chirurgia senologica di riduzione del rischio, che è un atto medico secondo linee guida, non il capriccio di una paziente, ed è per il medico una grande responsabilità. Del resto è cambiato il modo di narrare il BRCA anche grazie alle cure innovative oggi disponibili (PARP inibitori). Sapere e’ un potere”.
Tra gli specialisti coinvolti nel progetto e nelle tante testimonianze di advocacy anche la
professoressa Domenica Lorusso ginecologa esperta nel BRCA e docente alla Facoltà di Medicina del Gemelli. “La mutazione non va vista come una sentenza di morte, il gene non trasmette la malattia. Ma saperlo vuol dire riorganizzarsi la vita e mettere in atto un piano di riduzione del rischio come fare le proprie scelte di fertilità e decidere l’asportazione di tube e ovaie tra i 40 ai 45 anni, ad esempio. Si deve reagire in maniera propositiva. Il tumore ovarico non ha uno screening efficace e questo fa si che nell’80% dei casi è diagnosticato al terzo e quarto stadio”, uno scenario che si può evitare agendo prima.
L’influencer Mery Falconieri sa bene quanto scegliere per la propria salute sia difficile quando il referto di un test genetico si infila nelle pieghe della vita: fare un figlio, dover pensare all’asportazione delle ovaie, fare una mastectomia da giovanissima, crescere con una mamma che lotta per vivere e perderla prematuramente. “Quando ho dichiarato la mutazione a Pomeriggio cinque fui giudicata folle, poi parlandone con medici anche lì in studio le persone che parlavano male cambiarono idea. E’ una fortuna conoscere in tempo la mutazione e poter intervenire ed evitare il tumore. Nel mio piccolo sui social aiuto le persone che sono in questa situazione e che spesso non sanno da dove partire. Ho 31
anni, nel 2017 ho fatto la mastectomia bilaterale preventiva e faccio controlli ogni 6 mesi e gli oncologi per la mia mutazione consigliano presto l’ovariectomia e mi sto informando sulla terapia ormonale. Mia madre lo ha scoperto in stadio avanzato a 36 anni, ha lottato per 13 anni, voleva vivere intensamente e mi ha trasmesso lei questa forza. Sicuramente la mutazione è una sfortuna, ma oggi è una fortuna scoprire in tempo di averla e non avere tumore”.
E la bellezza? “La ricostruzione dà grandi possibilità. Ho un’incisione sotto l’ascella per
conservare l’estetica e la taglia di come ero. Mi guardo allo specchio e non mi vedo diversa, non ha sensibilità, ma sono felice ed è bello”.