Giancarlo Righini “Con Rocca una Regione a vocazione sociale”

Intervista a Giancarlo Righini, candidato di Fratelli d'Italia alla carica di consigliere regionale del Lazio

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Giancarlo Righini - Fratelli d'Italia

Da queste pagine ci occupiamo spesso di sociale, con particolare attenzione ai temi dell’accessibilità, dell’inclusione e delle pari opportunità. La campagna elettorale regionale che si concluderà con il voto del

12 e 13 Febbraio prossimi ci da occasione per approfondire queste tematiche con i candidati del territorio.

Ci rivolgiamo in tal senso a Giancarlo Righini, tra i candidati di punta di Fratelli d’Italia al Consiglio Regionale, a sostegno di Francesco Rocca come Presidente della Regione.

La sanità è il tema principe per ogni amministrazione regionale, ma le politiche sociali e socio-assistenziali sovente sono le cenerentole del dibattito, schiacciate da questioni come lo stato delle strutture ospedaliere, l’organizzazione territoriale e le condizioni del personale. Che posto occupano nella visione del centrodestra e di FdI invece?

“Sarebbe sbagliato dividere il tema della sanità con quello delle politiche sociali, culturalmente e tecnicamente, essendo due facce della stessa medaglia, che debbono procedere di pari passo, pena la scarsa efficacia di entrambe. E insieme appunto, sono la prima emergenza che, con Francesco Rocca, ci troveremo ad affrontare qualora gli elettori ci dessero fiducia”.

Quali allora le vostre ricette per le politiche sociali, rivolte in prima battuta ai più fragili?

“Il concetto stesso di fragilità è molto ampio e flessibile, comprendendo molte categorie, e per diversi motivi. Solitamente i giovani non si considerano fragili, ma dopo la fase acuta della pandemia si possono inserire a pieno diritto tra i soggetti più esposti. Penso alla crescita dei disturbi alimentari, per cui servirebbe realizzare un centro specializzato, oggi mancante. Facciamo riferimento al disagio mentale e psicologico, e così via.

Detto ciò, al centro del nostro progetto ci sono due cardini, la medicina territoriale e le cure domiciliari. Le prime, perché accanto ai nosocomi serve una rete di servizi alla persona, prima che la patologia si acutizzi, ma soprattutto affinchè un disturbo non diventi patologia, agendo con mirati e capillari programmi di prevenzione, informazione, ed educazione ai corretti stili di vita. Le seconde, sono la via obbligata se si vogliono risolvere i le criticità di gestione di tutto il sistema, da oggi e per il futuro. Curare a domicilio significa prima di tutto considerare il soggetto non più solo come paziente ma primariamente come persona, umanizzando la cura, accrescendo la qualità della vita di chi vi si sottopone. In seconda battuta vuol dire dare respiro agli ospedali, sostenendo tutte quelle forme di volontariato sociale di cui è ricca la comunità regionale, valorizzando la figura del care giver familiare che, tra le altre cose, produrrebbe significativi risparmi di spesa”.

Noi parliamo di accessibilità: cosa dite in merito?

“L’accessibilità non è un concetto che attiene alle politiche sulle disabilità. E’ una visione di società rivolta a tutti, tesa al miglioramento della vivibilità e della qualità della vita negli spazi pubblici e privati. E’ accessibile un luogo, o un servizio, fruibile a non vedenti, sordi, persone sulla sedia a rotelle, donne, mamme, anziani. Bambini, così come a chiunque, indipendentemente dalla propria condizione fisica. Chiaro che per realizzare tutto questo ci vorrebbero decenni, ed è necessaria una rivoluzione culturale, ma credo sia importante iniziare a dare segnali visibili e concreti che vadano in quella direzione”.

Quali ad esempio?

“L’accesso al lavoro ed alla mobilità. Senza lavoro e senza possibilità di muoversi non esiste libertà personale, quindi vengono a mancare alcuni diritti primari sanciti dalla Costituzione e da qualsiasi principio di convivenza civile. Eppure per alcune fasce di popolazione, penso ad alcune categorie di disabili, questi due concetti sono alienati, a volte addirittura a seconda dell’area geografica dove vivono. Investire quindi sulla formazione, mirata all’ingresso nel mondo del lavoro per persone con diverse abilità, così come sul trasporto per disabili non può non essere una priorità. Penso anche ad un servizio di trasporto a chiamata, soprattutto in Provincia di Roma, dove ad oggi è assente. Penso infine ad un patto sulla terza età, sulla scorta delle iniziative importanti già prese dal governo Meloni sul tema. Perché avere cura degli anziani, costruire attorno a loro ambienti accoglienti, permettere di tenere alti standard di vita, politiche di invecchiamento attivo ed in buona salute, sono necessarie ed urgenti”.

Perché crede che Francesco Rocca possa arrivare laddove altri non sono arrivati?

“L’Avv. Francesco Rocca è la persona giusta per risollevare il Lazio, anche su tematiche sensibili come quelle che abbiamo affrontato in questa intervista. Soprattutto per queste direi. La sua esperienza da manager della sanità, ma soprattutto il suo impegno nel mondo del volontariato, ai massimi livelli mondiali, ne tracciano un profilo dalle spiccate sensibilità sociali”.