Guercino, tra estasi e mito

Alle Scuderie del Quirinale, la mostra, che celebra il pittore emiliano e la famiglia Ludovisi, è un progetto autorevole che si qualifica come un’impresa dal respiro internazionale

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È sì dedicata al Guercino (al secolo, Giovanni Francesco Barbieri), ma non c’è “solo” lui nello stupefacente allestimento dell’ultima impresa by Scuderie del Quirinale.

A fargli compagnia, altri coevi: grandissimi interpreti della pittura barocca, come Reni, Domenichino, Bassano, Van Dyck, Pietro da Cortona, i Carracci e perfino Bernini, le cui opere sono più volte messi in reciprocità con quelli del pittore emiliano. E a ben guardare, cogliere affinità e divergenze potrebbe essere una delle chiavi di lettura di quest’immersione nell’arte del ‘600: un progetto autorevole, a cura di Raffaella Morselli e Caterina Volpi, che si avvale di un rigoroso impianto scientifico e, soprattutto, di prestiti importanti.

Più di 100 meraviglie (tra cui i celeberrimi “marmi Ludovisi”) che, proprio grazie al sostegno di 68 prestigiosi musei nazionali e internazionali, qualificano questa capitolina come un’impresa di vasto respiro, che, se da un lato, ricostruisce una parte dell’avvincente scena culturale e politica romana di quegli anni (qui, prima che nelle corti europee, si comprese che il fasto nell’arte esaltava il potere), dall’altro, approfondisce la conoscenza dei membri della famiglia Ludovisi, fra i più illustri collezionisti e committenti italiani di tutti i tempi.
Non è un caso, infatti, che, malgrado la brevità del pontificato di Papa Gregorio XV (al secolo, Alessandro Ludovisi), i suoi tratti furono così originali da rappresentare una stagione fondativa nello sviluppo dell’arte futura, consolidando, assieme, la fama del Guercino, pittore prediletto e conterraneo. Lo schivo maestro di Cento, formato come autodidatta nell’alveo delle esperienze dei Carracci, e affetto da un grave strabismo (donde, il soprannome), nei suoi incarichi presso Papa Ludovisi, ne esaltò la magnificenza e l’anelito alla monumentalità, tendendo a sbalordire con quel colore che divenne mezzo di espressione creativa. Il caleidoscopio di capolavori, distribuiti lungo le dieci sale delle Scuderie, lo testimonia.

L’esposizione, visitabile fino al 26 gennaio 2025, è grande in molti sensi, e, tra dipinti, disegni, sculture e oggetti di pregio, narra di uno splendore frutto di raffinata ricerca cromatica, effetti di luce vivissimi, intreccio di posture: la lezione che Guercino ci consegna è una formula figurativa teatrale che rapisce, lasciando senza parole davanti a Santi e a Dei dai corpi aulici e emozioni umanissime. Valga per tutti il “Mosè”, cover scelta per la rassegna: mani grondanti di luce divina e profondità di uno sguardo rapito nella visione. Uno stile vibrante e ispirato – il suo -, in equilibrio perfetto tra eredità classica e sperimentazione barocca, tra compostezza antica e espressività moderna: Guercino si inserisce nei grandi cantieri romani portandovi “una natura che prima non c’era” e impastando il colore con le dita, direttamente sulla tela. Nel suo stile confluiscono le lezioni dei grandi maestri dell’epoca (dai veneti a Caravaggio), ma, fino alla morte, indipendentemente da temi e dimensioni, restò conforme a uno spirito – si direbbe – francescano: umile e profondamente religioso. La maestosità, la retorica, la preziosità, restano contenute, perché il suo investigare si rivolge sempre alla realtà: la vanità dei beni terreni cede, dunque, il passo al desiderio di una vita semplice, arcadica.

“Con questo evento vogliamo entrare nell’anno giubilare”, ha sottolineato Mario De Simoni, direttore generale delle Scuderie.

All’attenzione del pubblico non saranno sfuggiti i due fac-simili a grandezza naturale de “La Sepoltura di Santa Petronilla” (oggi, ai Capitolini) e de “La Gloria di San Crisogono”, dipinto per il soffitto dell’omonima chiesa in Trastevere, poi trasferito in Inghilterra, a Lancaster House, sede di rappresentanza del Foreign Office britannico, entrambi progettati e realizzati da Factum Foundation. Nonché, il sofisticato gioco di rimandi tra reale e virtuale dell’installazione “Speculum” di Gabriele Giani: grazie all’AI, l’artista evoca la superficie riflettente di uno specchio d’acqua in cui l’antico marmo Ludovisi (raffigurante una Testa di Marte) e il Marte dipinto da Guercino si riverberano l’uno nell’altro.

In occasione della mostra è previsto un programma interdisciplinare che, fino a gennaio 2025, propone una serie di incontri e dibattiti a tema; mentre, il sabato e la domenica, accompagnati da una guida, si potranno visitare alcuni ambienti del Casino di Villa Ludovisi, dove campeggia il celebre affresco dell’ “Aurora”.

Info: www.scuderiequirinale.it