I giovani fanno rivivere Villa Mergè a Frascati

Intervista con Massimo Mergè e suo figlio Patrizio sulla dimora storica tuscolana che partecipa al bando delle Dimore Storiche Italiane

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Il ventre di una vacca, il fantasma di Beatrice Cenci, un pianoforte senza tasti, un bossolo portafiori: così Massimo e suo figlio Patrizio Mergè ci hanno parlato della loro villa di Frascati, di cui amano definirsi “custodi”, più che proprietari. La loro dimora storica è stata protagonista della seconda edizione del Concorso di idee per il restauro e la valorizzazione della villa stessa e del suo parco, promosso dall’Associazione Dimore Storiche Italiane, sezione Lazio. Oggi (venerdì 3 maggio ndr), all’Accademia di San Luca di Roma, alle ore 17, scopriremo i vincitori del bando. Nel frattempo, diamo la parola ai padroni di casa.

Prima di soffermarci sul progetto, ci piacerebbe capire insieme la storia della villa, l’epoca della sua costruzione e le vicende dei committenti e dei successivi proprietari ospitati dal palazzo durante i secoli.

Patrizio Mergè: “Una tradizione, quasi leggendaria, legava la villa ai Borghese. Molti storici sostenevano che il palazzo fosse stato voluto dal cardinale Camillo Borghese, prima di diventare papa, e poi regalato al suo archiatra, il medico marchigiano Merolli, in segno di gratitudine, perché l’aveva salvato rocambolescamente mettendolo nel ventre di una vacca. Altri storici locali, come Tomassetti, sostenevano che la villa si deve proprio al Merolli, che voleva una dimora per sé vicino alla residenza pontificia, all’epoca Villa Mondragone.

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

In realtà, di recente hanno ritrovato un documento che postdaterebbe l’edificio al 1634, attribuendolo a Domenico Menti, Tesoriere del duca di Bracciano, che costruì ex novo il suo palazzo a Frascati. Però, il Tesoriere non riuscì a pagare i suoi operai, che gli fecero causa. L’edificio venne pignorato e acquistato da alcuni banchieri portoghesi molto facoltosi, i Gomez, che, a loro volta, vendettero la dimora al cognato Fonseca. Quest’ultima famiglia tenne per un paio di generazioni la villa, e poi la cedette ad altri portoghesi, i Dandini de Sylva. Nella prima metà dell’Ottocento il palazzo passò ai Mastrofini, una casata autoctona, da cui noi l’abbiamo acquistato nel 1925″;

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Quali sono affinità e differenze della vostra dimora a confronto con le altre ville tuscolane?

Patrizio Mergè: “Noi ci vantiamo sempre di essere rimasti gli unici proprietari di una vera e propria villa tuscolana, perché questa casa ha mantenuto l’originale sistemazione della pianta. Il salone va da facciata a facciata, ed è direttamente collegato alle due stanze laterali, comunicanti per parte, con una scala d’accesso al piano nobile e una loggia. Le grandissime Ville Aldobrandini o Lancellotti un tempo dovevano essere così. Poi, le donne di casa, magari straniere sposate in Italia, portavano una nuova disposizione planimetrica dell’edificio, o un familiare diveniva pontefice e l’elevazione al rango di famiglia pontificia necessitava un ampliamento della propria dimora. Ecco, Villa Mergè non ha mai avuto l’esigenza di particolari modifiche e, di fatto, questo è rimasto un suo pregio, una sua unicità”;

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Parlando del vostro rapporto con il palazzo, quanto la storia della vostra famiglia è legata a quella di questo luogo?

Massimo Mergè: “Moltissimo, perché i miei parenti ci hanno vissuto, c’è stata mia nonna. Ci sono parecchi ricordi, un legame affettivo molto forte. Per esempio, vicino alla stufa mia nonna recitava il rosario della sera. Noi abitavamo a Roma, ma qui spesso veniva mio padre, e si fermava anche, quando c’era la vendemmia o la raccolta delle olive”;

Patrizio Mergè: “E poi, da due anni abbiamo ripreso in mano la vecchia azienda agricola, e produciamo olio extra vergine di oliva. Proprio la scorsa settimana abbiamo ricevuto il nostro primo premio, le 5 Gocce d’oro di Bibenda. Per noi è un bel traguardo”;

Durante l’ultimo sopralluogo, il signor Massimo accennava a un episodio legato all’occupazione nazista della villa. Ci vuole raccontare qualche dettaglio in più di quella vicenda?

Massimo Mergè: “Sì. Qui erano stati allestiti alcuni uffici e depositi dell’esercito tedesco. Per questo, le suppellettili di allora sono state distrutte, come il pianoforte, che è rimasto un contenitore vuoto, perché tutta la parte interna è stata trafugata. Poi, ci sono alcuni portavasi, che, in realtà, sono dei bossoli. Questa era una consuetudine nelle case di Frascati. Anche al cimitero si vedevano bossoli usati come portafiori. Quasi a dire: “mettete dei fiori nei vostri cannoni””;

Patrizio Mergè: “In più, come tutte le ville storiche, anche noi abbiamo una leggenda con un fantasma. Qualcuno dice che questa fosse l’ultima abitazione di Beatrice Cenci, tradotta qui prima di essere decapitata a Roma. Così, da quando a Roma cadde la scure sul collo della povera Beatrice, sembra che sul vecchio pino secolare del nostro parco non si posino più gli uccelli”;

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Quest’anno a Villa Mergè è dedicata la 2° edizione del concorso di idee per il restauro e la valorizzazione della dimora stessa e del suo parco. Nel 2018, oggetto dello stesso bando è stata la Rocca Farnese di Ischia di Castro, in provincia di Viterbo. L’iniziativa del 2019 ricalca il modello della 1° edizione, indetta sempre dall’Associazione Dimore Storiche Italiane, o si tratta di un progetto inedito?

Patrizio Mergè: “Sì e no, perché ogni dimora storica racconta una sua storia, passata e futura. Sono simili la motivazione e la finalità. L’ADSI ha come scopo la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale. In questo caso, il patrimonio privato. Ma dire “patrimonio culturale privato” è quasi una forzatura. A noi piace definirci non come proprietari, ma come “custodi” di un bene, che per ora è stato nostro, abbiamo l’impegno di mantenerlo, la fortuna di averlo e il desiderio di farlo vivere. Ecco che nasce l’idea di questo concorso: trovare una nuova vocazione alla villa, un po’ come è stato per la Rocca Farnese. L’unico vincolo è che il piano nobile rimanga ad uso della proprietà, quindi che possa tornare a essere casa, mentre ora è una bella scatola vuota da riempire con le idee dei concorrenti di tutte le università italiane. Goethe diceva: “non è sufficiente ereditare qualcosa, bisogna riappropriarsene per averla veramente”, ed è proprio quello che noi vorremo fare con questo concorso. La suggestione che diamo è quella di far nascere qui un albergo diffuso, o qualcosa che coinvolga l’azienda agricola, alla quale teniamo tantissimo”;

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Ci sono errori da evitare tassativamente, come parti della villa off limits, oltre al piano nobile? Avete consigli particolari o indicazioni specifiche per i partecipanti?

Patrizio Mergè: “Forse, più che indicazioni nel dettaglio, vorrei risponderti con un “input di metodo”. Noi ci troviamo in una regione, il Lazio, romanocentrica. Mi viene sempre in mente una frase: “se Roma perdesse, improvvisamente, Palazzo De Torres Lancellotti, Piazza Navona sarebbe comunque un posto magnifico. Viceversa, se un piccolo centro perdesse la sua emergenza architettonica, probabilmente l’economia ne risentirebbe”. Forse, se scomparisse Villa Mergè, a Frascati andrebbe bene comunque, ma il punto è che la riqualificazione di una dimora storica come idea imprenditoriale in un centro di provincia può essere fonte di lavoro, veicolo di economia, a vantaggio dei proprietari, ma anche della valorizzazione del territorio e dei suoi abitanti”;

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)

Per concludere: abbiamo nominato spesso, durante l’intervista, gli studenti. A loro, soprattutto a storici dell’arte, architetti, ingegneri ed economisti, è rivolto il bando, cui possono partecipare anche neolaureati di tutte le università italiane e di diversi atenei stranieri. Perché questo interesse forte per i giovani? E quanto conta per voi la multidisciplinarietà e l’aspetto internazionale di questo progetto?

Patrizio Mergè: “Conta tantissimo, perché incontrare studenti dalle varie scuole italiane, e quindi teorie e metodi di restauro differenti, contribuisce a una visione globale della situazione. È interessantissimo vedere l’approccio degli studenti americani, della Notre-Dame University. Loro disegnano ogni cosa a mano. Hanno una manualità che, forse, noi italiani abbiamo perduto. Fanno da contraltare, nelle nostre università, lo studio degli stili della storia dell’arte, e anche dei metodi del restauro, che sono un’eccellenza riconosciuta. Puntiamo molto, come ADSI, al coinvolgimento dei giovani. Per me, è molto importante, oltre che necessario, riunire gruppi sinergici di studenti, quindi futuri architetti, soprintendenti, economisti, progettisti, docenti universitari che trovino un punto di contatto con i proprietari delle dimore storiche. Intorno al 46% dei beni storici italiani è, ad oggi, in mano a privati. È una percentuale significativa, e, va da sé, che le risorse, le capacità e le necessità di un privato sono molto diverse da quelle di una proprietà pubblica. Così, questo concorso spera di contribuire alla formazione di futuri tecnici consapevoli delle esigenze abitative di una dimora storica. Il primo passo per il restauro di un edificio storico è rendere lo spazio abitabile, anche al costo di infliggere al palazzo alcune ferite. Tutto sta, però, nel capire qual è il rispetto della costruzione, per renderla attuale. Perciò, noi aspettiamo con molta ansia le proposte dei partecipanti al concorso, perché anche così si fa ricerca”.

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Villa Mergè a Frascati (Photo Credits: Federico Cianciaruso)