I Lippi, l’arte di padre in figlio

Ai Musei Capitolini di Roma, una mostra racconta di Filippo e Filippino, tra gli artisti più importanti del Rinascimento italiano

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Mostra Musei Capitolini
Mostra Musei Capitolini

 

Arrivano, a Palazzo Caffarelli, altri due maestri del Rinascimento.

Dopo Beato Angelico e Luca Signorelli, Filippo e Filippino Lippi: padre e figlio, accumunati dallo stesso genio per la pittura.

Le sale al terzo piano dell’edificio accanto ai blasonati Musei Capitolini, perciò, fino al 25 agosto 2024, si aprono di nuovo all’opera di due maestri dell’arte del periodo, riprendendo, così, una buona, vecchia “abitudine”.

Per numero di opere, non si tratta di un’esposizione grande, ma lo è sicuramente da un punto di vista scientifico, perché, grazie a importanti prestiti e collaborazioni, Claudia La Malfa ha curato una piccola ma raffinata rassegna, che ripercorre la vicenda biografica e, assieme, la carriera di due straordinari artisti del Quattrocento, valicando la Firenze di Cosimo il Vecchio, per arrivare alla Roma dei Papi.

E già il titolo (“Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento”) lascia intendere che si tratti di una rassegna dal doppio registro – pubblico e privato – volta a garantire la migliore sintesi possibile dell’opera e della vicenda umana dei due. Facendo leva su una “sensibilità femminile”, si potrà comprendere il cuore della relazione, vivendola anche attraverso questa selezione di opere e di disegni di grande qualità. Quanto esposto, infatti, riesce a far conoscere due personalità la cui storia riflette alcuni elementi specifici della cultura e della società rinascimentale, ricordandoci, al contempo, la vita fuori dagli schemi di Fra’ Filippo, infedele ai voti, amante della vita e delle donne, talmente grande da indurre a soprassedere anche sulla sua passione, in età avanzata, per la giovanissima Lucrezia Buti, madre di Filippino.

Il percorso procede in ordine cronologico (corredato da documenti d’archivio molto interessanti) e si snoda fra 26 opere, tra cui alcuni capolavori (la giovanile “Madonna Trivulzio” di Filippo e l’ “Annunciazione” di San Gimignano di Filippino, per la prima volta a Roma: due tondi su tavola che, fra preziosi colorismi e trasparenze, accostano le geometrie prospettiche del padre alle figure sinuose di Botticelli), che, comparate, chiariscono quanto lo stile di Filippo si incarni nei suoi allievi diretti e, primo tra tutti, nel talentuoso figlio. Un figlio, poi, allievo (ma più che altro sodale) di Sandro Botticelli, amico di Lorenzo il Magnifico. La pittura fiorentina del tempo, appunto, si evolve parallelamente alle vicende storiche della città: dove Filippo rappresenta l’equilibrio dell’età di Cosimo; Filippino annuncia l’avvento di Savonarola.

Per questo, non è errato dire che la carriera dei Lippi metta bene in luce il ruolo che la politica giocò nella promozione delle arti: non solo ai Medici, ma pure ai Papi romani fu chiaro che il mecenatismo rinsaldava il proprio prestigio; sostenendo gli artisti e promuovendoli presso altre potenze, si accresceva il proprio potere. E, mentre la sezione del padre è corredata da un nucleo di documenti d’archivio (in cui emerge la rete di contatti e la storia del rapimento della Buti dal convento); quella di Filippino ospita la Cappella Carafa, in Santa Maria della Minerva (riprodotta magistralmente in forma digitale). Nella chiesa a pochi passi dai Musei al Campidoglio, gli affreschi dedicati a “l’Annunciazione e l’Assunzione della Vergine” sono “scatole cinesi” di immagini, l’una nelle altre, il cui ingegnoso meccanismo è svelato, per l’occasione, dal disegno originale. Ma sono anche un condensato di citazioni dall’antico. Perché? Perchè Filippino Lippi si calò fra i primi nella rediviva Domus Aurea…

L’evento è promosso da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e organizzata da Associazione MetaMorfosi, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura.
Info: www.museicapitolini.org