Di solito non ci si rende conto di quanto possa far male la solitudine, o di quanto possa essere destabilizzante l’abbandono; altrettanto difficile capirlo quando non subiamo tutto ciò, bensì procuriamo certi dolori e mancanze a qualcuno, che ci è più o meno caro. Certo, è normale e sacrosanto il diritto alla solitudine molto spesso, a quella solitudine rilassante, che ci mette in pace col mondo e con noi stessi, soprattutto dopo giornate piene e stressanti. Ovviamente, ci sono tipi e tipi di solitudini, con sofferenze annesse. Sicuramente quando siamo persone adulte, ci sembra meno spaventoso tutto ciò, anzi a volte, come già detto, risulta essere una temporanea necessità; per i bambini, ad esempio, il pensiero di rimanere soli a giocare, risulta essere illogico, insensato e anche un po’ spaventoso. Dobbiamo pensare che però ci sono persone, soprattutto bambini, che vivono in maniera molto più diretta, amplificata questa solitudine, e non la scelgono. Un bambino che ha problemi all’udito, ad esempio, già si trova in un contesto molto più ovattato rispetto a chiunque riesca a sentire bene, un bambino con handicap motori o mentali, proverà molte più difficoltà ad inserirsi nei contesti in cui la vita ci catapulta. Un ragazzo che percepisce e vive il mondo in maniera particolare, più profonda rispetto ad suo coetaneo, una ragazza che non può parlare e magari fa più difficoltà a fare amicizia, bambini affetti da gravi malattie che conoscono solamente le pareti di un ospedale e non hanno mai visto il mare o giocato in un parco, e con essi, le loro famiglie, potrebbero davvero sentirsi soli. Sebbene campagne di sensibilizzazione a determinati argomenti, progetti che sostengono le disabilità e l’integrazione, associazioni benefiche e così via, siano sempre più presenti nei nostri territori, non dobbiamo assolutamente pensare che sia tutto rosa e fiori.
Nelle scuole c’è ancora chi prende in giro, chi insulta, chi critica, chi si fa grande con un “sei diverso” e in campo lavorativo, come in molti altri contesti sociali, c’è ancora chi discrimina.
Un pensiero importante va rivolto nei confronti di tutte quelle persone, bambini e adulti, che lottano per i propri diritti grazie al sostegno delle famiglie e di, come accennato pocanzi, associazioni sportive, culturali, benefiche, mediche che si adoperano ogni giorno affinché tutti capiscano il senso e l ‘importanza dell’integrazione e del sostegno.
A tal proposito, Gianluca Nicoletti, autore contemporaneo, stavolta, si cimenta sulla redazione di alcune opere sull’autismo. In una di queste in particolare, “Alla fine qualcosa ci inventeremo”, egli narra le esperienze di un padre e di un figlio autistico e delle preoccupazioni che un genitore prova, e a cui tenta di trovare soluzioni il prima possibile, affinché il figlio non possa sentirsi mai solo e che possa essere amato anche quando il padre e la madre non ci saranno più.
Sempre a proposito di quanto affermato fino ad ora, un evento importante si è da poco svolto a Latina. Parliamo della promozione dei diritti dei pazienti con disabilità e delle loro famiglie, sostenuta da associazioni, promossa dalla commissione Welfare, con lo scopo di indurre il sindaco e la giunta a sollecitare le Asl di Latina e della Regione Lazio ad aumentare tutti i servizi e benefici di cui persone con disabilità, patologie, problemi sociali necessitano.
Il servizio del NPIA (Neuropsichiatria infantile adolescenziale) che comprende Latina, Sabaudia, Pontinia, Sermoneta e Norma, sta cominciando ad assistere a lievi ma effettivi aumenti di richieste.
Lo scopo è quello di riuscire nell’intento di vedere tutto il consiglio comunale riunito in questa lotta, con la promessa che queste persone non saranno mai sole.