Il Grande Inquisitore, Melania Giglio e Daniele Salvo portano in scena Dostojevskji

Recensione dello spettacolo teatrale Il Grande Inquisitore con Melania Giglio e Daniele Franco

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Melania Giglio

A duecento anni dalla nascita di Fedor Dostojevskji  (probabilmente insieme a Tolstoj, il più grande scrittore e filosofo russo dell’età contemporanea), sono state molteplici le iniziative a livello artistico, letterario e teatrale per commemorarne la figura e il suo pensiero e i suoi dilemmi, che poi sono i dilemmi dell’uomo moderno.

Nell’ambito di queste manifestazioni va inserita la rappresentazione teatrale che l’associazione culturale “Teatro Festival” ha allestito nel fine setttimana appena terminato a Roma al “OFF OFF THEATRE” di via Giulia 20 ( vicino Piazza Trilussa) tratta da un capitolo contenuto nell’ultimo romanzo dello scrittore russo “ I fratelli Karamazov”, denominato “Il Grande Inquisitore”.

Sotto la regia di Daniele Salvo ( presente anche come attore nella parte di Ivan Karamazov), è stato portato di fronte al numeroso pubblico del teatro romano, quel racconto breve che l’autore inserisce nel dialogo tra i due fratelli Karamazov , Ivan e e Alêsâ, che di fatto è il confronto tra la fiducia e la sfiducia nell’ordine divino, tra l’accettazione del libero arbitrio o l’idea che sia il peggiore regalo che un Dio possa fare all’umanità.

La trama del “Grande Inquisitore”, ambientato in una Spagna dominata dalla Santa Inquisizione, si esplica nella nuova venuta del Cristo e nella ennesima sua cattura dall’ordine costituito,appunto quello della congregazione cattolica che manda al fuoco ogni giorno eretici e nel confronto, per lo più univoco tra il cardinale e il Messia, in cui il primo contesta al secondo il fallimento della sua prima apparizione 1600 anni prima dovuta appunto alla sua incapacità di comprensione della natura umana, che non tiene tanto alla redenzione in cielo e al libero arbitrio ma alla sopravvivenza in terra  e alla volontà di rinunciare a scegliere ma solo al desiderio di farsi guidare “ come una massa di pecore”.

L’ordine costituito religioso alla fine annuncia al Cristo che oramai ha scelto “l’altro”, il demonio, più capace del Messia di comprendere le necessità e la innegabile natura dell’uomo. Ma il racconto si chiuderà in maniera sorprendente.

Non si può non apprezzare la bravura dell’attrice torinese Melania Giglio che in questo allestimento interpreta appunto il Maligno con una capacità sia didascalica che psicologica di approfondimento non comune. Molto bravo anche l’interprete di Alêsâ, Daniele Ronco che da essenza anche ad un credibile Nazzareno.

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