Il Sistema Sanitario non dimentichi i malati di SLA

Parla l'Avv. Paola Rizzitano, rappresentante di AISLA Lazio per accendere i riflettori sulla realtà di una malattia incurabile che coinvolge 600 famiglie della nostra Regione

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La Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA, conosciuta anche come la malattia di Loy Gehrig, è una delle patologie più terribili che colpisce l’essere umano, a cui ancora non è stata trovata cura che ne blocchi la progressione. La sua diffusione è più ampia di quanto si possa pensare: per questo abbiamo voluto ascoltare l’Avv. Paola Rizzitano, rappresentante di AISLA Lazio, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica appunto.

Avvocato quali sono ad oggi le stime in cifre dei malati e delle famiglie colpite dalla SLA nella nostra Regione?

“Abbiamo circa 600 cittadini residenti nella Regione Lazio, adulti di tutte le età, a cui è stata diagnosticata la SLA, una malattia incurabile che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose e del midollo spinale che permettono i movimenti dei muscoli. Tradotto in concreto, mediamente in un tempo che va dai 3 ai 5 anni tutti i muscoli del corpo smettono progressivamente di rispondere alla nostra volontà e il corpo diventa la prigione di una mente che, in larga parte dei casi, rimane lucida.

Questo forse spiega perchè la nostra è una malattia a forte impatto familiare ma anche sociale, pertanto si stringono intorno a noi e si tesserano alla nostra associazione non solo le famiglie SLA ma anche moltissimi amici, colleghi di lavoro e contesti sociali che non possono dimenticare questa terribile esperienza e ci chiedono di poter aiutare e continuare a stare al nostro fianco”.

Che impatto ha avuto la pandemia sui malati e sulle famiglie?

“Questa pandemia ha, anzitutto, reso comprensibile a tanti alcuni aspetti terribili della nostra condizione: cosa sia l’isolamento sociale a cui siamo costretti, ripeto a tutte le età, o cosa voglia dire, all’improvviso, non poter più abbracciare o baciare le persone care, o dover rinunciare alle nostre abitudini di socializzazione o di lavoro, ora è più chiaro a tutti, purtroppo. Quindi in un certo senso ci siamo subito sentiti più “compresi”.

Sulle famiglie SLA l’impatto è stato, inizialmente, di grande paura, del contagio ma anche paura di altre assenze, mancanze che avrebbero potuto rompere quell’equilibrio faticoso, e spesso inspiegabile, su cui si basa la nostra quotidianità. Subito dopo però abbiamo sentito un senso di unione e comunità ancora più profondo, cioè ci siamo ancor di più uniti e provato ad usare gli strumenti a nostra disposizione, con quella capacità di resilienza che ciascuno di noi deve mettere a frutto un attimo dopo una diagnosi così terribile; si sono strette relazioni tra famiglie sui territori, abbiamo tanti scambi tra noi e una chat di wattsap con centinaia di iscritti in cui ci si incontra con grande serenità e spirito di gruppo; si sono così favoriti condivisione e aiuti di ogni tipo grazie agli strumenti che AISLA ci ha reso disponibili.

Mi riferisco, ad esempio, al magazzino solidale, ai gruppi da remoto di psicoterapia supervisionati dagli esperti del Centro NeMo di Roma, alla nostra amicizia con l’associazione Angeli in Moto i cui volontari ci raggiungono in ogni parte della Regione sulle due ruote consentendoci di scambiare l’aiuto che serve, alle operazioni sollievo finanziate appunto per sollevare la nostra comunità da bisogni economici o dal costo che serve per i trasporti da e per i centri di cura, e altro”.

Quali le iniziative che l’associazione sta ponendo come priorità alle istituzioni?

“Purtroppo anche per noi, in questa fase storica, le priorità sono dettate dall’emergenza sanitaria ancora in atto e, per lo più, dalla mancanza di risorse umane un tempo dedicate alle nostre cure e, oggi, destinate ai bisogni del sistema sanitario regionale. Del resto la Regione Lazio ha dimostrato certe capacità nell’affrontare una pandemia di portata storica, quindi ci aspettiamo altrettanto per le diverse emergenze che ora sono in campo. E, ovviamente, noi associazioni siamo pronte ad assumerci responsabilità e fare la nostra parte.

Insomma ora è davvero diventato urgente ristabilire le priorità, etiche e giuridiche, e dare quindi maggiori e migliori attenzioni a chi è già in condizione di estrema fragilità. Mi riferisco a chi di noi è già nelle fasi avanzate della malattia, ha perduto ogni autonomia, ha perduto la serenità di essere parte integrante della propria famiglia senza sentirsi “di peso” e di vivere una Vita che è ancor più preziosa”.

Per tutti coloro che volessero mettersi a disposizione, per aiutare e dare supporto alle esigenze delle famiglie e dei malati di SLA è possibile rivolgersi all’associazioe contattando l’indirizzo mail: lazio@aisla.it.