Il voto ai Castelli, il Pd impari la lezione

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Parco dei Castelli Romani
Castelli Romani
Parco dei Castelli Romani

A bocce ferme, o ad uragano passato, proviamo a mettere in fila alcune riflessioni dal dopo voto amministrativo ai Castelli Romani. Partiamo dai dati e dal dato più rilevante: il successo netto ed ogni più rosea previsione del Movimento Cinque Stelle e del civismo di opposizione, in contrapposizione alla pesante sconfitta, oseremmo dire, al cappotto, subito dal Partito Democratico.

Ai nastri di partenza il panorama dei 4 Comuni al voto, Marino, Ariccia, Genzano e Rocca di Papa, parlava di 3 amministrazioni Dem ed una, Marino, a guida centrodestra.

Le urne ci consegnano uno stravolgimento totale con 2 amministrazioni a Cinque Stelle, Genzano e Marino, più 2 a guida civica, Ariccia, con la partecipazione di Forza Italia, ed a Rocca di Papa, con un raggruppamento, quello del neo Sindaco Emanuele Crestini, che spaziava da destra a sinistra, interpretando una voglia di cambiamento in città che si è dimostrata impetuosa, nei numeri e nei contorni assunti.

Il dato politico che gli elettori hanno voluto rimarcare, è più di un campanello d’allarme per il Partito Democratico castellano, che non solo perde realtà come quelle di Ariccia, sconfitta quasi annunciata dopo il decennio Cianfanelli, ma vede cadere miseramente anche bastioni come Genzano e Rocca di Papa che, se pur al ballottaggio, mostrano cifre umilianti per i democratici.

In misura minore, Marino non fa eccezione, se pur infatti il centrodestra nelle versioni di Palozzi prima e Silvagni poi, ha visto cadere l’ultima roccaforte sul territorio, addirittura restando fuori dal ballottaggio, e la candidata del centrosinistra Eleonora Di Giulio arrivare alla sfida del secondo turno, il Pd non può nulla contro l’ondata grillina.

Difficile individuare un colpevole, perchè molti sono gli elementi che la dirigenza Dem dovrà valutare ed altrettanto decisivi saranno i correttivi da apportare a brevissimo tempo se non si vuole che questa sconfitta non diventi l’inizio di una valanga che arriva persino alla Pisana del fino ad oggi apparentemente intoccabile Zingaretti.

La richiesta di ricambio, nelle persone e soprattutto nei metodi della politica, specialmente a livello locale, si è innestata in un senso di disagio sociale profondo in tutti gli strati della popolazione, che esiste a livello nazionale e coinvolge le politiche di governo che, se pur impegnate in un percorso riformatore, sembrano stentare ad essere comprese dalle persone.

A ciò si aggiunge lo stato di sostanziale disgregazione del primo,, e unico, partito nazionale italiano, il Pd, a livello locale, incapace di dettare agenda e linea politica ai territori, mostrandosi ripiegato su se stesso, senza un orizzonte programmatico condiviso, che inevitabilmente paga il conto salato delle sue rilevanti responsabilità nella questione “mafia capitale” e nell’affaire Ignazio Marino.

Neppure la critica alla leadership di Matteo Renzi basta a giustificare un simile sfascio, perchè i numeri portati a casa dalla minoranza cuperliana anche qui ai Castelli e soprattutto a Roma, sono del tutto irrilevanti ed anzi, mostrano se possibile una crisi politica ancor più profonda.

Le primarie non riescono più a contenere l’emorragia di consensi, perchè sia a Genzano che a Rocca di Papa non sono servite ad evitare sconfitte storiche. A Genzano parliamo di una perdita di 40 punti percentuali dal primo al secondo turno, con ottocento voti in meno presi da Gabbarini al ballottaggio, mentre a Rocca di Papa Silvia Sciamplicotti non è riuscita minimamente a rendersi conto dello scollamento tra città reale e palazzo, che negli anni la dirigenza democratica aveva visto allargarsi sotto i propri piedi.

Tra le correnti interne al Pd non se ne salva nessuna, neppure il Sen. Astorre, che pur in Provincia ribadisce la propria guida politica del partito, può ritenersi disinteressato ad una riflessione profonda che mostra come i rappresentanti dem in Consiglio Regionale debbano recuperare, tutti, un rapporto con i propri territori e con le loro stesse strutture organizzate, quasi del tutto sfaldate.

Volti e politiche nuove, sono le richieste non più derogabili che giungono dagli elettori, che non più si accontentano di qualche maquiillage, spesso frutto di scelte compromissorie calate dall’alto.

Già dal prossimo appuntamento elettorale della Città Metropolitana di Ottobre, il Pd è chiamato a scegliere una linea politica che indichi ai Sindaci ed ai Consigli Comunali una sua autonoma proposta di riforma istituzionale dell’ente che sarà guidato da Virginia Raggi, unita alla scelta di personalità politiche qualitativamente rilevanti, che non lascino l’ex Provincia a rappresentare un cimitero per elefanti o per Sindaci trombati ed a fine carriera.

Anche la giunta e la presidenza della Regione Lazio non possono sottovalutare un dato che, omogeneo in tutta Roma e Provincia, parla di un necessario cambio di passo. Uno Zingaretti svuotato a Roma ed impalpabile in Provincia, non può pensare che, la sua sola immagine sia bastevole a riconfermare la Regione a guida Pd.

Le amministrazioni locali in carica a guida Partito Democratico non pensino di essere immuni da rischi e visti i tempi la linea del buon galleggiamento e della semplice continuità non può essere sufficiente visto che gli elettori domandano uno scatto di reni e un cambio di passo.

Chi infine tra i Dem pensa che liberatisi dal renzismo ritorni a splendere il sole fa male i suoi conti e riceverà pessime sorprese dagli elettori.