Incontri, Maria Vittoria Frittelloni “La politica non è un mestiere”

Angelo Pugliese incontra Maria Vittoria Frittelloni "Fare politica a livello comunale? Un dovere civico da esercitare, non un mestiere"

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Dopo Carlo Eufemi, Angelo Pugliese incontra Maria Vittoria Frittelloni, figura di rilievo del PCI prima e poi della Sinistra riformista di Anzio tra gli anni ‘70 e gli anni 2000, ben due volte assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione

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Incontri: Maria Vittoria Frittelloni

 “Fare politica a livello comunale? Un dovere civico da esercitare , non un mestiere…”

Dopo Carlo Eufemi, continuiamo la serie di incontri con i protagonisti della politica locale delle città di mare a Sud di Roma di quella che era la “Prima Repubblica” ( o come nel caso di Eufemi, anche protagonisti della “Seconda”) e sulla loro visione su quello che è adesso fare politica e lo facciamo con Maria Vittoria Frittelloni,78 anni, già professoressa di educazione fisica negli istituti superiori del Litorale, figura di rilievo del PCI prima e poi della Sinistra riformista di Anzio tra gli anni ‘70 e gli anni 2000, ben due volte assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione con delle giunte di “Sinistra” nel 1978 prima e poi dal 1985 al 1990 successivamente.

La Frittelloni ha attraversato nella sua esperienza politica importanti passaggi storici sia per il nostro Paese che per il territorio di cui è stata espressione e di cui è stata anche “classe dirigente” e ha una grande lucidità nell’analizzarli a distanza di anni.

Professoressa Fritelloni, oggi a livello locale, la selezione della classe dirigente nelle formazioni politiche prima e poi all’interno delle amministrazioni successivamente è basata sulla valutazione numerica del consenso conseguito. A volte non si hanno risultati eccellenti. Ma negli anni ‘70, questo processo come veniva gestito nel suo Partito e in generali nelle formazioni politiche di allora?

 “Non solo nel mio Partito, il PCI, ma un po’ in tutti i partiti di massa, la selezione della classe dirigente era demandata al Partito stesso, attraverso i suoi strumenti di regolazione della vita interna. Le esperienze si facevano, si faceva gavetta. Il voto alle elezioni comunali era una conferma del lavoro fatto nei Partiti. Un ruolo che oggi i Partiti non svolgono più. A parte il Partito Democratico, unico partito con una struttura, oggi viviamo l’epoca dei partiti movimenti che non hanno orizzonti e ideali ben delineati. Il Partito allora sceglieva le persone migliori, soprattutto a livello qualitativo”;

Si ricorda il suo primo intervento in Consiglio Comunale e in generale alcune delle esperienze più rilevanti in questo suo lungo percorso politico?

Il primo intervento? Proporre dall’opposizione una relazione analitica dello stato delle scuole di Anzio con una Proposta Programmatica. Per la prima volta l’opposizione  si faceva carico ( eravamo nel 1976) di una azione politica da forza di governo potenziale, non limitandosi alla critica. E ciò fu accolto con stupore e sorpresa dal resto delle forze politiche presenti nel Consiglio Comunale di Anzio, che evidentemente non si aspettavano tutto questo. Il sindaco Dc dell’epoca, il compianto Luciano Mingiacchi mi rispose in merito alla necessità di una programmazione dell’edilizia scolastica che “Don Milani aveva insegnato bene anche in una stalla”. Risposta intelligente, per carità, ma la necessità di una serie di edifici scolastici adatti ai tempi  era doverosa”;

Lei è stata  due volte assessore, nel 1978, con Polverini, ma soprattutto dal 1985 al 1990 con il sindaco D’Amico con la delega alla cultura e alla pubblica istruzione.  Questa esperienza amministrativa che cosa le ha lasciato e quali sono stati gli obiettivi che pensa di avere raggiunto?

Ritengo che furono 5 anni di governo della città molto fruttuosi. Godevamo di una congiuntura politica molto favorevole, visto che la Regione Lazio, a sua volta era governata da una giunta di  sinistra.  Ci concentrammo da una parte sulla risoluzione dei problemi della edilizia scolastica. Dall’altro come assessorato alla cultura, cercammo di avviare una “Estate Anziate” sulla falsariga di quella Romana dell’assessore Nicolini. A  Villa Adele allestimmo la prima volta il Teatro all’Aperto, portammo la musica classica e sinfonica al Paradiso sul Mare, attraverso la istituzione di una scuola di musica con il Maestro Lavecchia, i cui allievi ospitavamo nelle strutture scolastiche del territorio.  Mi preme ricordare che utilizzammo il Paradiso Sul Mare, che valorizzammo con qualcosa in più rispetto a quello che era l’utilizzo di allora. L’unico rammarico che ho di quel periodo, l’impossibilità di non poter aprire all’Asilo Nido, a causa delle denatalità e quindi dell’abbassamento delle utenze. Ricordo anche che lavorammo alla costruzione vera e propria dell’assessorato, con la realizzazione di una pianta organica nuova. Prima sostanzialmente l’assessorato non aveva che un impiegato da condividere con l’ufficio tributi”;

Per non parlare dell’obbiettivo raggiunto di dare un Liceo Classico pubblico ad Anzio..

Nel nostro territorio non vi era a livello di scuole superiori pubbliche un liceo classico. Chi intendeva fare un percorso liceale o si doveva iscrivere allo Scientifico di Santa Teresa o a quello Classico ma  privato “San Francesco” di Nettuno. Nulla da ridire su qualità di questo ultimo, ma credo che fosse importante per lo sviluppo culturale del territorio e per migliorare l’offerta formativa, dando una grande opportunità a tanti ragazzi, lavorare per l’istituzione di un liceo classico ad Anzio. In un anno arrivammo ad ottenere l’obiettivo di avere intanto il ginnasio come sezione distaccata del “Mancinelli” di Velletri. Poi col passare degli anni riuscimmo ad avere il Liceo Innocenzo XII con indirizzo scientifico e indirizzo classico. Poi oggi abbiamo un ottimo Classico, il “Chris Cappell College”, grazie ad un buon esempio di integrazione tra pubblico e privato, ma penso che le basi si siano costituite allora con quella battaglia  poi vinta”;

A 30 anni da quella esperienza amministrativa, molte cose sono cambiate e altre no, a livello politico ad Anzio, ma più in generale sul Litorale a Sud di Roma. Come giudica l’evoluzione della politica locale in questi tre decenni e  su quali cose si deve lavorare per far crescere questo “Distretto del Mare”, alla luce anche di questa crisi sistemica  determinata dal Coronavirus?

La vocazione di questo Litorale rimane quella turistica. Trovo che gli ultimi provvedimenti urbanistici abbiano influito negativamente sul territorio. L’edificazione intensiva non ha qualificato il territorio. Spero che in futuro ci sia una riflessione su questo. La viabilità ad Anzio è stata sempre sacrificata, non so se possiamo fare qualcosa. A livello di Litorale, dobbiamo fare una  rete del patrimonio culturale.  Vi è necessità  di confronto tra Comuni. Con Carlo Eufemi, mio omologo assessore a Nettuno, ci confrontavamo all’epoca per fare dei programmi complementari, concertati che rendevano tutti più forti, sia Anzio che Nettuno.  Uno spirito del genere sarebbe ideale ora.  Lavorare insieme tra i comuni del Litorale Sud di Roma è  una necessità”;

Facciamo un identikit del consigliere comunale e  del sindaco di una città del Litorale  per i prossimi 5 -10 anni. Cosa deve avere e cosa saper fare?

“Se qualcuno sceglie di fare il consigliere comunale, l’assessore o il sindaco, lo deve fare per servizio civico, per la pubblica utilità. Un qualcosa in più rispetto al suo mestiere. Certo, cosa diversa è fare il parlamentare. Ma anche il parlamentare deve forgiarsi nella esperienza della politica comunale. Altrimenti avremo i dilettanti allo sbaraglio. La politica a livello comunale non può essere certo un “mestiere”. Vedo con interesse una istituzionalizzazione dello strumento delle primarie per i ruoli di consigliere, per dare ai cittadini la possibilità di testare e determinare quelli che saranno i loro rappresentanti. E lo dico, pur avendo fatto politica col PCI, che invece si basava sul centralismo democratico.  Una lista chiusa di candidati consiglieri, prendere o lasciare, non  è mai una buona cosa”.