La Collezione Torlonia, tornano i Re di Roma

A Palazzo Caffarelli, marmi greci e romani dalla raccolta privata più famosa al mondo, da tempo non più visibile al pubblico

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Collezione Torlonia

Inaugurata il 14 ottobre 2020 con la visita del Presidente Mattarella, la mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare capolavori”, nei redivivi spazi di Villa Caffarelli, doveva essere l’evento culturale dell’inverno capitolino. Poi, però, il COVID-19 si è impossessato della ribalta e la più prestigiosa collezione privata di sculture antiche ha dovuto aspettare tempi migliori. Oggi, riapre i battenti (e fino al 29 giugno 2021), con la speranza di poter mostrare al mondo oltre 90 opere che i curatori – Salvatore Settis e Carlo Gasparri – hanno selezionato tra le 620 catalogate. Una mostra “significativa” per diversi motivi. “Significativa” tout court. Soprattutto, perché, per suo tramite, il pubblico parteciperà a un racconto collettivo, articolato in cinque sezioni, in cui la narrazione della Storia del collezionismo dei marmi antichi si svilupperà a rebours, cominciando dall’evocazione del Museo Torlonia inaugurato nel 1875 dal principe Alessandro. Una scelta, questa, che aiuta a comprendere meglio l’evoluzione del collezionismo antiquario, un fenomeno storico complesso e la sua evoluzione, probabilmente anche per sottolineare come questa grande raccolta principesca sia un armonico insieme in cui sono confluiti pezzi di scavi e parti di raccolte precostituite. Un percorso all’indietro (come nella recente esposizione su Raffaello alle Scuderie del Quirinale), per una collezione di famiglia che è la più “giovane” fra le romane di scultura antica in ordine temporale, ma che, per ricchezza e qualità, s’impone fra le più importanti d’arte classica d’Italia e del mondo giunta fino ai nostri giorni, a tal punto nota da creare una vera e propria allure intorno al suo nome. Il primo nucleo risale agli inizi del 1800 con l’acquisizione dallo scultore Cavaceppi, il più celebre restauratore di statuaria antica del Settecento. Da lì, lo sviluppo nel corso del secolo, fino alla serie dei busti imperiali e dei ritratti. In parallelo, con l’intensificarsi dei rinvenimenti dagli scavi archeologici dalle numerose proprietà suburbane della famiglia Torlonia, la collezione gorgheggia al nuovo secolo con: “un immenso tesoro d’erudizione e d’arte ammassato nel silenzio“. Proprio per la sua connotazione a strati, il “nucleo Torlonia” si staglia come un potente spaccato storico della comunità Capitolina degli ultimi due secoli. A metà degli anni ’60, però, fra non poche polemiche, il Museo fu chiuso alle già rare visite, visto il desiderio dei principi di destinare l’edificio di via della Lungara a uso residenziale, e, di fatto, i marmi vennero collocati in un deposito. Fu, poi, l’appassionato Antonio Cederna a ingaggiare una lunga battaglia per farlo riaprire e, dopo estenuanti trattative, nel 2016, è stato raggiunto un accordo tra la Fondazione Torlonia (espressione della famiglia) e il Ministero per i Beni Culturali. L’evento ai Musei Capitolini, dunque, è il risultato di anni di studi e restauri; soldi, ricerca e compromessi. L’occasione per vedere uno “scorcio” di Roma dimenticato, atteso da decenni; primo di altri già previsti nel mondo (pandemia permettendo…) e sperando di realizzare una sede stabile per i Marmi. A Villa Caffarelli, le 14 sale restaurate di recente esaltano l’imponenza dei capolavori esposti: sul rosso pompeiano della prima, si staglia l’imperatore Germanico, unico bronzo della raccolta: alto, vigoroso e lucente. Con lui, le fatiche di Ercole sul marmo di una gigantesca tazza con base di granito e 20, fra uomini e donne di potere e non. Caracalla, Adriano, Commodo, Messalina in pendant con la Fanciulla di Vulci. Quindi, il satiro e la ninfa; Eirene e Ploutos (Pace e Ricchezza). Gli scavi dell’800 (nella seconda sezione) con le raccolte di Villa Albani; e dello studio Cavaceppi (nella terza). Nella quarta, la collezione di Vincenzo Giustiniani: qui, gli altri imperatori (Augusto, Marco Aurelio); le due Veneri e il vecchio Crisippo. Nell’ultima, la quinta, le collezioni del Quattro-Cinquecento. Il colpo d’occhio è davvero ammirevole: materializzati davanti a sé, lo spettatore incontra i protagonisti del libro di Storia dell’Arte delle superiori, alla voce “Statuaria classica”. Complice l’allestimento, questi marmi “respirano”, non sono entità rafferme ma organismi viventi, immortalati e consegnati all’eternità. Qui, nel presente, il passato e il futuro dell’umanità si fondono in un discorso ininterrotto, in un moto perpetuo che dura da quando – e sino a quando – la Storia avrà memoria.

Info: www.museicapitolini.org; www.fondazionetorlonia.org.