La fiera dei mancati eroi

La fiera dei mancati eroi applicata da Carolina Petrucci all'attuale apparente incomunicabilità tra persone e tra istituzioni

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Gargantua

Quando William M. Thackeray scriveva La Fiera delle Vanità (Vanity Fair), aggiungendo come sottotitolo anche Il romanzo senza eroi (The novel without a hero), aveva l’intenzione di rappresentare attraverso quest’opera un’intera società dilaniata dai vizi. Egli, infatti, all’interno dell’opera non elegge alcun tipo di eroe, non si schiera, non ci indica alcuna strada o modello di comportamento. Tant’è che ci presenta un quadro realistico ma cinico di una realtà corrotta dai vizi e dalla mancanza di valori reali, motivo per il quale sarebbe quasi assurdo porvi al centro una figura eroica. L’eroe è qualcuno che possa incarnare valori sociali e comportamentali e che, per questo, possa anche essere considerato un vero e proprio modello. Ma all’interno di una società, dove l’uomo per natura è dominato dai propri vizi, dai propri interessi, assumendo atteggiamenti e comportamenti che egli pensa siano i più congeniali e, a volte, i più necessari, ecco che non possiamo parlare di modello, di eroe, a priori. Nell’opera, Thackeray ci offre quasi un disegno disincantato della realtà che vuole farci conoscere, una realtà in cui tutti presentano difetti, dove tutti hanno un doppio fine. Abbiamo imparato che gli eroi sono un’invenzione, un’illusione che ci ha fatto sentire più forti e protetti allo stesso tempo, gli eroi veri sono così rari tant’è che il concetto di “eroe” è così relativo che dipende da ciò che piace ad ognuno di noi e da ciò che ognuno di noi, soggettivamente, pensa sia necessario e “necessariamente” eroico.

 

Se Thackeray scrive ed utilizza quest’opera per sventare una sorta di attacco alla sua epoca, noi possiamo tranquillamente seguire le orme dell’autore e leggere l’opera con occhi moderni e, in una sorta di trasmissione di intenti, vederla come specchio della nostra realtà.

Lungi dal voler immergersi in un discorso politico insinuandosi in questioni che ci porterebbero lontani dall’intento inziale di queste poche righe, potremmo però soffermarci pochi secondi sulla questione rifiuti che in questi ultimi mesi sta generando scontri di opinioni e di intenti tra Roma e alcune città ancora più vicine alla nostra realtà, tra cui Aprilia. Qui, come nella Fiera delle vanità, il protagonista principale è una società viziata, che in questo caso particolare non riesce a far fronte in maniera “pulita” ad un problema da non sottovalutare. La questione rifiuti va avanti da anni, la questione delle discariche e degli inceneritori altrettanto, ed ora ci troviamo in una situazione di “smaltimento” in cui c’è chi scarica e chi prende. Chi, però, prende, in questo caso è la città di Aprilia che presenta al momento una grande e precisa attenzione per la raccolta differenziata e ad una minuziosa raccolta e, conseguentemente, riduzione intelligente dei rifiuti, opponendosi alla decisione di Roma di rilasciare una quantità enorme di rifiuti che la capitale non può e non riesce a gestire. L’opposizione a ciò, ad esempio, proviene anche dalla città di Colleferro, anch’essa orgogliosa delle proprie battaglie in ambito rifiuti, inceneritori e discariche; e mentre la Regione dichiara che i comuni abbiano assunto un atteggiamento di collaborazione in questi avvenimenti, i comuni smentiscono il tutto.

 

Ora, come accennato in precedenza, non è nostra intenzione quella di entrare in merito a questioni politiche, politico-ambientali, politico-economiche, che richiederebbero un’analisi molto più approfondita. L’intento di queste poche righe è quello di indurci un po’ ad osservare una società che non trova accordi, che non trova mezzi di comunicazione reali ed effettivi, una realtà che non ha davvero eroi e che, piuttosto che affrontare questioni politiche e ambientali importanti e piuttosto che mettere in primo piano la cura ed il rispetto per l’ambiente come anche un’attenzione particolare alla salute dei cittadini, preferisce giocare a nascondino.