Si è tenuta presso il Conventino di Firenze la presentazione del libro: “La Nuova Guerra Mondiale: Dall’Afghanistan all’Ucraina”, scritto da Leonardo Tirabassi. L’evento è stato promosso da Il Tazebao e Ars, arricchito dagli interventi di Gianni Bonini, Francesco Borgognoni e Lorenzo Somigli. Meta Magazine ha voluto ascoltare direttamente dalle parole dell’autore l’analisi che lo ha portato ad affrontare questa tematica così drammaticamente attuale.
Si dice che la guerra fosse la prosecuzione della politica con altri mezzi: che strumento è oggi secondo lei la guerra?
“Un po’ quello che è sempre stato, la guerra non ha mai cambiato la sua natura profonda. È lo strumento che gli Stati hanno a disposizione. Noi italiani abbiamo sempre pensato che la guerra fosse qualcosa di straordinario, che non fa parte del nostro orizzonte, siamo poco abituati. È vero che le basi ontologiche della guerra non sono mai cambiate, ma è anche vero che ci sono fenomeni che sono iniziati con Al Qaida, con il terrorismo internazionale, appunto di matrice non statale, che ci ha particolarmente spaventati. Detto questo l’Occidente ha sempre fatto guerre in tranquillità, la Russia ha sempre usato la guerra come strumento normale di gestione dei conflitti”.
Quali sono, secondo Lei, le ricadute principali e più preoccupanti sull’Italia?
“Le conseguenze si vedono e sono enormi. Partendo da quelle economiche che bene o male sono un ridisegno mondiale per la gestione delle risorse energetiche. Vediamo una ricaduta immediata sui prezzi delle materie prime, ma in generale sui rincari assoluti, sul grano, sul petrolio oppure sul gas. È una ristrutturazione dell’economia… basta pensare all’economia tedesca che deve ripensarsi, perché si basava sul rapporto privilegiato con la Russia. Noi come Europa abbiamo la guerra dietro casa e non siamo riusciti né a prevederla né a gestirla”.
A proposito di Europa: perché l’UE non riesce ad avere una sua autonoma soggettività politica e militare?
“I motivi analitici sono semplici, l’Unione Europea non è un’entità dotata di potere, l’Unione Europea è un aggregato di Stati che però non produce una nuova entità statale, gli manca la sovranità, è limitata.
Esercita un’importante politica monetaria. Ha una sovranità monetaria con l’euro ma non politica.
Non ha politica estera perché non è né una federazione né una confederazione né un sovrastato, è un prodotto acerbo che nella storia non c’è mai stato. C’è un motivo politico e storico, non è un caso. Quando hanno fatto i quadri dell’Europa per superare la tensione tra gli Stati, hanno puntato su meccanismo funzionalistico e tecnico per aggirare il lato politico. Finchè l’Europa era piccola ed era intorno al Germania, Francia, Inghilterra e Italia tutto andava bene, insomma si sopravviveva. Nel momento stesso in cui l’Europa diventa più grande non si sa se possa ancora funzionare, non è un caso che la politica di difesa la faccia la Nato”.
E l’ONU? In questo scenario in evoluzione che senso hanno le Nazioni Unite nel Governo Globale?
“L’ONU non serve assolutamente a nulla in questo momento, finché non fanno una riforma delle Nazioni Unite stabilendo un nuovo ordine. Il consiglio di sicurezza è strutturato sulla seconda guerra mondiale e sulla guerra fredda, ci sono le cinque potenze che hanno vinto la seconda guerra mondiale e il meccanismo di gestione dell’ONU è stato stabilito dagli Stati Uniti e dai paesi vincitori della seconda guerra mondiale e appunto dalla guerra fredda.
Con la guerra di Corea l’unione sovietica non era ancora nel Consiglio di Sicurezza, non pose infatti il veto all’intervento dell’ONU. Poi siamo entrati in un periodo di veti reciproci in cui l’ordine del mondo era gestito dalle superpotenze Stati Uniti, Unione Sovietica e ONU come cornice. Una volta saltato il quadro, l’ONU non c’è più, non conta nulla. Mentre prima c’erano pochissimi Stati all’interno dell’ONU ora c’è il mondo. Un po’ come l’Unione Europea, il Consiglio di Sicurezza non rappresenta più la realtà, è morto, è inutile”.
La cornice del ‘’capitalismo politico’’ che ruolo acquisisce nello scontro tra gli Stati?
“C’è una strana situazione. Da una parte esiste un livello di sviluppo tale di un’economia che si basa su una fede cieca nel mercato e nella globalizzazione libera come strumento risolutivo dei problemi del mondo, inglobando la Cina. Dall’altro un processo di finanziarizzazione dall’inizio degli anni 2000, per cui Nel mondo tra poco è più importante la finanza della produzione, cioè del lavoro. La finanza produce soldi senza lavoro, invece di essere un ciclo merce denaro merce è un ciclo denaro merce denaro. Si lavora per produrre denaro, basti pensare alle company americane che non sono nemmeno più americane, tipo Google.
Allo stesso tempo abbiamo un intervento dello Stato nell’economia altrettanto profondo, basti pensare alla Cina, così come agli Stati Uniti, che ne fanno un’arma di guerra, pensiamo alle sanzioni per esempio. Abbiamo uno strano fenomeno a due teste, da una parte la finanziarizzazione dell’economia e dall’altra uno Stato che interviene pesantemente nell’economia”.
Gli Stati Uniti stanno vivendo una crisi interna che li indebolisce anche nell’ esercitare se vogliamo quel ruolo di Gendarme del mondo che la storia gli ha attribuito dopo il 1945 e soprattutto dopo il 1989. Se e come potranno recuperare questa leadership, quando ci troviamo a pochi mesi dalle elezioni presidenziali?
“Fino al crollo del muro di Berlino hanno gestito insieme all’unione sovietica l’ordine del mondo, relegando le guerre ai confini dei loro Imperi. Le zone di scontro erano in Corea, in Vietnam, in Medioriente. Poi c’è stato un decennio in cui gli Stati Uniti hanno dominato da soli fino al 2001, provando anche a ridisegnare il Medioriente successivamente all’11 Settembre.
In realtà il periodo in cui sono stati da soli è stato lungo, fino all’ascesa cinese, però è impensabile che gli Stati Uniti possano gestire da soli il mondo. Non era possibile prima con l’Unione Sovietica e non è possibile ora perché il mondo è diventato molto più complesso. È diventato più piccolo perché interconnesso e più complicato, in più ci sono le superpotenze, la Cina, la Russia, la Turchia, il Brasile, l’Iran. Bisognerà fare i conti con tutta questa complessità. Gli Stati Uniti stessi sono consapevoli di non poter gestire il mondo senza la Cina”.