Ci sono i numeri e ci sono le persone. Lungo questo crinale si muove la vertenza che sale da Pavona ed arriva ai piani alti della Asl Roma 6. I cittadini stanno raccogliendo centinaia di firme, in una mobilitazione che da tempo non coinvolgeva un’intera comunità, ben oltre gli interessati, perché non vogliono che la frazione di Albano sia privata di un medico pediatra pubblico. Se così sarà, oltre 800 bambini, e con loro le relative famiglie, saranno dirottati su altri medici nei Comuni limitrofi, Ariccia in primis. Le ragioni che porterebero i dirigenti della Asl a non considerare il grido di dolore delle mamme, risiedono nei numeri. Si, perché sulla carta 10 bambini in più o in meno possono determinare le vite di intere famiglie. Sulla carta appunto: ma la carta quanto conosce la realtà delle persone, le loro storie e il significato del rapporto che si instaura tra medico e paziente, tra pediatra, bambino e genitori? Quante scelte in sanità fatte sulla base dei numeri hanno determinato, molto più del definanziamento, la sparizione della sanità territoriale? Punti nascita chiusi, presidi ospedalieri pubblici spariti e riapparsi in veste privata. Ogni territorio è pieno di queste storie.
Ecco, la storia del pediatra di Pavona, così come il reparto di pediatria del Regina Apostolorum, sono quelle più vicine a noi, ma non le uniche. Storie per cui numeri, a volte non solo quelli, hanno cambiato le sorti della salute delle persone, tanto che oggi che è arrivata la pandemia si versano lacrime, piuttosto ipocrite, di coccodrillo.
Riportiamo allora l’asse delle scelte dai numeri alle persone. La Asl ieri ha stabilito una proroga di tre mesi, per cui a Pavona il problema è rimandato. Serve una scelta politica che dica cosa serve e cosa no, su cosa investire e su cosa no. Se e quanto la sanità sia priorità, e soprattutto quale sanità.
Per questo non vi descriviamo i numeri ma vi vogliamo raccontare la storia, la storia di un bambino, della sua mamma e della sua famiglia.
Il bambino è Davide e la sua mamma si chiama Alessandra. Vivono ad Albano e Davide ha un fratello più grande.
“La nostra pediatra è la Dott.ssa Marta Porcari – ci dice Alessandra – lo è da sempre, la conosciamo da oltre 10 anni, è stata la pediatra di mio figlio più grande che ora ha 17 anni e lo è di Davide che ne ha 12. Per me non è un medico ma una sorella, ed ora vorrebbero privarci delle sue cure? Non esiste: io sono pronta a tutto per impedire questa ingiustizia”.
La storia di Davide è una storia particolare, ma non unica. Perché avere un pediatra, così come un medico di base di fiducia, non significa come tanti pensano, avere qualcuno a cui rivolgersi per stilare qualche ricetta. Certo, chi non ha problemi ed in vita sua il malanno più serio è stato l’influenza la può pensare cosìì, ma non è così, non dovrebbe essere così, soprattutto non è così per chi suo malgrado nasce con una malattia rara o vive uno stato di salute particolarmente bisognevole di cure ed attenzioni.
“Davide è affetto da una malattia rara – ci dice Alessandra – che colpisce il sistema immunitario, la Sindrome di A.D.A-SCID. Una malattia molto invalidante che ci ha costretto sin dalla tenerissima età a sottoporci a infinite ricerche, cure sperimentali, fino al trapianto di midollo che Davide ha subito qualche anno fa. Per noi avere una pediatra vicina, come Marta è stata la salvezza. Avere una persona che ti apre lo studio medico fuori orario perché Davide potesse essere visitato lontano dagli altri, evitando di esporlo al rischio di prendere malattie infettive. Avere una persona che tia ccompagni giorno e notte, anche quando è a distanza, al momento dei ricoveri ospedalieri al Bambin Gesù, che ti indirizzi, che ti dia fiducia e di cui potersi fidare, rappresenta la vita per Davide e per chi gli sta vicino”.
Il famoso rapporto tra medico e paziente che va oltre.
“Certamente: perché dopo 10 anni in cui il pediatra segue un bambino, ne conosce tutto, ogni singola caratteristica ed ogni singolo bisogno. Rompere questo rapporto sulla base di qualche scartoffia, o peggio, significa fare del male a Davide ed a tutti i bambini in cura”.
Alessandra ha anche perso il marito anni fa e segue Davide nel suo percorso, come solo una mamma può fare, portando avanti anche una famiglia, che si è dovuta adattare alle abitudini ed allo stile di vita particolarmente protetto a cui Davide deve attenersi a causa della sua patologia.
“Davide in questo periodo stava iniziando a frequentare i suoi amici, ad uscire di casa, a fare sport, perché prima del trapianto con la sua malattia tutto questo era impensabile. Il suo sistema immunitario non lo avrebbe sopportato. Poi è arrivata la pandemia e tutto si è inceppato. Unica cosa positiva il fatto che per Davide la quarantena forzata non è un grosso stress, perché la sua vità è stata molto simile ad una quarantena fino ad oggi”.
Cosa vorrebbe dire a chi vorrebbe privarvi del vostro pediatra?
“Secondo lei potrei mai portare Davide da un medico che non lo conosce? Un medico di cui non ho fiducia e che non ho scelto io ma che mi viene imposto da scelte cervellotiche e assurde? Non se ne parla nemmeno. Mio figlio, così come tutti i bambini non sono pacchi postali da smistare a seconda delle circostanze del momento. Sono disposta a tutto e non rinuncerà mai al diritto alla salute di Davide”.
La differenza tra i numeri e le persone c’è, è questa che Alessandra ci ha raccontato. Ne racconteremo altre, affinchè si capisca bene di cosa si sta parlando.
Di Andrea Titti