La scelta di solidarietà del Trevignano FilmFest

0
1356
solidarietàtrevignanofilmfest
I protagonisti della serata di solidarietà verso il Trevignanofilmfest 2016
solidarietàtrevignanofilmfest
I protagonisti della serata di solidarietà verso il Trevignano FilmFest 2016

Il Trevignano FilmFest si prepara per la quinta edizione con una serata organizzata insieme alla Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro. Giovedì 21 aprile il complesso monumentale di San Salvatore in Lauro a Roma ha ospitato la proiezione di “Fuocoammare”, documentario di Gianfranco Rosi vincitore dell’Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino: “La scelta della solidarietà” è il titolo dell’evento voluto da Corrado Giustiniani, Presidente del TrevignanoFilmFest, e Luigina Di Liegro, segretario generale dell’omonima fondazione. Oltre al pubblico, presenti nella sala gremita del complesso anche i membri della squadra guidata da Giustiniani, al suo fianco ormai da cinque anni nell’allestimento del festival cinematografico della cittadina sul lago di Bracciano: il direttore artistico Fabio Ferzetti, Stefano Trincia, Luciana Capretti, Michele Concina, Fausta Savone, Francesca Bini e Fabio Palma. Al centro della serata il tema dei migranti, che ha messo in luce la scarsa adesione di alcune regioni italiane allo Sprar, il sistema per accogliere, proteggere e integrare i rifugiati e richiedenti asilo, finanziato dallo Stato: secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, al momento vi hanno aderito circa 700 enti locali su 8000, per il periodo 2014-2016. Il Veneto, ad esempio, quinta regione italiana per popolazione e nella fascia medio-alta quanto a redditi individuali, su 22 mila posti di seconda accoglienza per rifugiati, creati dalla rete Sprar nel biennio in esame, ne ha forniti appena 321, meno di quelli offerti dal Molise e dall’Umbria. Per il Trentino Alto Adige, poi, Bolzano non ha approvato nemmeno un progetto per i rifugiati, e Trento appena 149 posti. Un’intera regione autonoma come la Val d’Aosta, terza assoluta per reddito individuale dopo Lombardia ed Emilia Romagna, non figura affatto nella tabella riassuntiva della Banca dati  Sprar: zero progetti e zero posti. Nella graduatoria nazionale sono largamente in testa la Sicilia, con 4.888 posti, seguita a ruota dal Lazio con 4.753. A commentare questi dati Leonardo Domenici, già parlamentare e per dieci anni sindaco di Firenze, presidente oggi di Cittalia, l’istituto di ricerca dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (che ha al suo interno il Servizio centrale dello Sprar): “Il nuovo bando, in corso di valutazione, dovrebbe aggiungere 10 mila posti agli attuali 22 mila, mentre dall’inizio dell’attività, con la legge Bossi-Fini del 2002, si calcola che 120 mila rifugiati abbiano fruito dell’assistenza Sprar, con corsi di lingua semestrali, formazione per il lavoro, scolarizzazione dei bambini e altro”. Lo stesso Domenici ha poi aggiunto: «Se i comuni che non fanno parte della rete Sprar non si muovono, saranno le prefetture a imporre loro un contingente di immigrati». Alla proiezione del documentario è seguito un dibattito moderato da Fabio Ferzetti, critico cinematografico del “Messaggero”, con il regista Rosi – “Sono stato due mesi a filmare gli sbarchi, con un crescendo emotivo, e non riuscivo a  mettere la macchina da presa nel punto giusto” – e il dottor Pietro Bartolo, responsabile del presidio sanitario di Lampedusa e attore nel film: “In venticinque anni ho visto quasi 300 mila persone, e ho dovuto compiere circa mille ispezioni cadaveriche. Mi dà forza il ricordo di Kebrath, una ragazza data per morta e dunque infilata nell’apposito sacco. Ho voluto aprirlo, mi sono accorto che respirava. L’abbiamo rianimata, oggi è viva, sana e lavora”. Il medico ha reso testimonianza della violenza subita da molte donne nel viaggio che precede il loro imbarco verso una vita migliore: gli chiedono di aiutarle ad abortire e lui cerca di farlo, nei limiti della legge italiana, che consente l’aborto non oltre le 13 settimane. Il film di Rosi documenta, inoltre, una brutta piaga causata dalle difficili condizioni in cui viaggiano i rifugiati, le ustioni chimiche, provocate dalla miscela di acqua salata e benzina persa dai motori dei vecchi gommoni. “Andarli a prendere a venti miglia dalla costa e anche meno, paradossalmente, ha aiutato i trafficanti che oggi possono ricorrere a piccole carrette sgangherate. Ci vorrebbe per i migranti – ha concluso il dottor Bartolo – un corridoio sanitario fino alla Tunisia ed è lì, sulla costa che dovremmo imbarcarli. Ma questa volontà non c’è e l’ultima vergogna europea è il recente accordo con la Turchia».