
Quest’anno ricorre il centenario dalla fondazione della Moto Guzzi, una delle aziende che ha segnato il made in Italy del secolo scorso, che ancora oggi raccoglie migliaia di appassionati, dentro e fuori il nostro Paese. Per ricordare meglio uno dei marchi che ha fatto la storia dell’imprenditoria italiana, abbiamo chiesto di raccontarci la storia del suo fondatore, Giorgio Parodi, a sua nipote Elena Bagnasco, autrice tra gli altri di “Giorgio Parodi – Lae Ali dell’Aquila”, un libro che ne racconta il tratto umano e le sue realizzazioni.
Cosa significa per lei essere definita lady Guzzi dagli appassionati di un marchio che è senza dubbio tra i più famosi marchi italiani nel mondo?
“Sono moltissimi i guzzisti che mi seguono, anche dall’estero, spesso chiedendomi informazioni e chiarimenti sulla storia del marchio, affettuosamente definita “first lady” dei guzzisti o Lady GP, è indubbiamente un grande onore, immeritato direi, non avendo fatto nulla di importante se non il cercare di ricostruire e raccontare la grande avventura dell’aquila dorata a distanza di cento anni. L’affetto e la gentilezza di chi mi contatta, mi hanno sempre colpita; i guzzisti sono persone con un grande cuore, lo hanno dimostrato con il loro sincero attaccamento al marchio, anche negli anni bui dei molti e sfortunati passaggi di proprietà; proprio grazie alla loro passione il marchio è sopravvissuto ed ha spento le prime cento candeline, l’eredità più bella del nonno è proprio questa, poter vedere la sua passione viva ancora oggi negli appassionati del marchio. E ancora grazie a loro sono riuscita a mettere insieme alcuni tasselli della storia che mi mancavano, dopo tanti anni la ricostruzione storica non è stata semplice, quando mancò il nonno, mamma aveva solo nove anni, già orfana di madre, i suoi racconti, così come le molte letttere di GP conservate sono state una fonte preziosissima, completata da altri documenti che mi sono stati mandati. Oltre l’onore e la gioia di essere Lady GP, non posso tralasciare la responsabilità che sento nei confronti della famiglia, ma soprattutto del nonno, che ho imparato a conoscere e amare attraverso proprio i ricordi della famiglia e di amici, ma soprattutto le sue lettere, che arrivano dritte al cuore, una su tutte, il suo ormai noto testamento spirituale ai figli; spero di essere all’altezza delle aspettative dei guzzisti e dell’uomo che fu mio nonno”.
A 100 anni dalla fondazione della Moto Guzzi cosa l’ha spinta a raccontare la storia di suo nonno che ne è stato l’ispiratore?
“Credo che la voglia di raccontare questa storia, derivi proprio dalle sue lettere, Giorgio nella sua vita fece molte cose, in cui mise anima e cuore, passione e impegno, una di queste fu la Moto Guzzi, tacere sarebbe fare un torto al grande uomo che fu e un peccato per gli amanti della storia italiana che non avrebbero la possibilità di conoscerne una parte importante. Parlare della vita di mio nonno e della famiglia è senza dubbio una bella opportunità, ma anche una grande duplice sfida. Come ho già anticipato, la raccolta di documenti non è stata semplice, ma fortunatamente in un’epoca in cui non esisteva internet, scrivevano molto e comunque gli archivi storici di enti ed istituzioni sono stati una fonte preziosissima; questa direi che è stata la prima difficoltà affrontata, nel complesso superata. La seconda riguarda i molti luoghi comuni che si sono negli anni consolidati, fondati su basi storiche inesistenti o comunque incomplete, questa è ugualmente impegnativa. Giorgio fu l’ispiratore e, insieme al padre e al cugino Angelo, creatore della Moto Guzzi, tutto quello che fu realizzato a Mandello del Lario nei gloriosi anni dell’aquila dorata fu per opera e volontà della famiglia Parodi, che gestiva personalmente la sua azienda. Un po’ per tipica riservatezza tipicamente genovese, un po’ perché la famiglia praticamente si estinse (i fratelli di mamma morirono entrambi in giovane età) far riscoprire oggi il ruolo e l’importanza della famiglia Parodi negli anni delle inumerevoli vittorie motociclistiche non sempre è semplice, forse per il fraintendimento legato alla scelta del nome “Moto Guzzi”, voluto da mio nonno per evitare confusione con le sue iniziali “GP”. Il pensiero corre facile a Carlo Guzzi, che ebbe in realtà una partecipazione puramente simbolica all’azienda, fu il primo e più famoso progettista, quello che diede il nome all’azienda, ma non fu l’unico; ricordiamo per esempio Carcano, Micucci, Giannini, ognuno di loro lasciò un segno importante nella storia dell’azienda. In pochi sanno che i nomi della serie ornitologica furono voluti e scelti da mia nonna Elena, la statua di Omobono Tenni, ancora oggi conservata nel museo Guzzi fu commissionata da Giorgio al suo amico Francesco Messina, in famiglia soprannominato Zio Checco. Penso che lasciar cadere nel dimenticatoio tutto quanto sarebbe davvero un peccato, oltre che una mancanza nei confronti di chi ne è stato artefice”.
Chi è stato Giorgio Parodi?
“Questa è la stessa domanda che mi sono posta il giorno che ho iniziato a scrivere un capitolo del libro a lui dedicato, avevo in mano una foto del 1899 con bambino e un nome scritto “Giorgio”. Riassumere Giorgio in poche righe non è semplice, rappresenta ancor oggi un pilastro istituzionale, sia per le sue sei medaglie al valor militare, cinque d’argento e una di bronzo, sia per la sua condotta come cittadino esemplare ed illuminato imprenditore. Nel 1942 GP uscì in ricognizione con il suo aereo per cercare un compagno non rientrato in base (quale ufficiale in congedo allo scoppio della guerra fu richiamato in servizio), recuperato l’aereo mancante all’appello, sulla via del ritorno causa elevate temperature nel deserto africano, il motore si surriscaldò e gli scoppio in faccia, tranciandogli di netto l’occhio. Tacendo il dolore ai compagni di bordo, riuscì a portare tutti in salvo, a terra fu operato d’urgenza e gli fu asportato l’occhio senza anestesia, Giorgio ringraziò il chirurgo per aver avuto la mano molto leggera ed esclamò una frase celebre ancora oggi: “Meno male che è capitato a me che ho i soldi per curarmi”. Fu congedato come mutilato di guerra e rinunciò ai sussidi in favore della cassa dei mutilati. Rientrò direttamente a Mandello per occuparsi della sua azienda e delle famiglie che dipendevano da essa, erano anni complicati e pericolosi, ma si impegnò attivamente per proteggere tutti, sostenendo il CLN e rischiando in prima persona per fare accordi con gli alleati. Si spostava in moto di notte, con Ferdinando Balzarotti alla guida di un Condor, nonostante il coprifuoco imposto, andando a Torino e Roma per evitare che l’azienda fosse bombardata.. e così fu, la Moto Guzzi non fu bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale. Non fu così per l’altra azienda di famiglia, quella armatoriale, Giorgio ne divenne presidente come della Moto Guzzi, alla morte del padre Emanuele Vittorio; le navi furono affondate, tutte, senza esclusione, ma in pochi anni riuscì a ricostruire l’intera flotta e raddoppiarla. Ai figli insegnò 3 regole che ancora oggi restano valide per noi di famiglia: non piangere, non dire bugie e non avere paura; il giorno dopo Natale portava i bambini a lasciare i molti doni ricevuti in orfanotrofio, i regali venivano poi ricomperati, ma voleva insegnare che l’attenzione verso gli altri, chi è meno fortunato di noi, deve sempre far parte di noi. Giorgio si spense il 18 agosto del 1955, il giorno di Sant’Elena Imperatrice, nome dell’adorata moglie mancata l’anno precedente, il cuore malato non gli resse, un attacco cardiaco, proprio in quel giorno speciale gli fu fatale.
Meglio che con le parole, credo che gli esempi possano essere illuminanti su chi fosse Giorgio Parodi, un uomo generoso e schivo da ogni esibizionismo, tanto da dare il nome della sua azienda al progettista del primo prototipo; visionario tanto da rendere un mezzo per l’epoca strano quale era la motocicletta, patrimonio universalmente riconosciuto; attento alle esigenze dei più fragili, tanto da sostenere imprese come la Freccia Rossa della Bontà dell’amico Don Gnocchi, Giorgio era un uomo di grandi valori e dal grande cuore, coraggioso e leale, innamorato della propria moglie tanto da spegnersi nel giorno a lei dedicato. Dal suo testamento spirituale: “Preoccupatevi degli interessi del nostro Paese più che del vostro. Non circondatevi di troppi agi, non sottraetevi al servizio militare, né al pagamento delle tasse, siate indulgenti con gli altri e severi con voi stessi.” Questo era Giorgio Parodi”.
Quale messaggio morale le ha dato suo nonno e che lei si sente di tramandare alle giovani generazioni di oggi, in particolare a chi fa impresa, in questo particolare momento della storia?
“Nel 1915 Giorgio era un ragazzo come tanti, aveva gli occhi pieni di sogni e di ideali, lasciò una vita indubbiamente agiata per arruolarsi e difendere i suoi cari e la Patria. Da una situazione terribile come un conflitto, riuscì a cogliere l’opportunità di una visione, si impegnò per renderla concreta e la portò ad un successo così grande che ancora oggi ne parliamo. Quello che mi sento di dire alle nuove generazioni è di non arrendersi e di credere nei propri sogni, dalle difficoltà possono nascere nuove opportunità, l’importante è riuscire a mantenere la mente aperta per poterle cogliere. Viviamo in un mondo “immediato”, dove l’apparenza conta più della sostanza, non sempre è facile orientarsi e avere la costanza di seguire una meta, soprattutto in un momento storico in cui dobbiamo pensare ad una ripartenza dopo una pesantissima crisi. Coraggio, determinazione, lungimiranza, costanza sono tutte qualità indispensabili per chi fa impresa oggi, l’invito è quello di leggere la sua biografia, non potrei tramandare messaggio migliore della sua incredibile vita e di quanto realizzò in anni molto complicati”.