L’amicizia, l’amore, la musica e l’arrivo della vita adulta nel romanzo che fotografa una generazione

Ama la tua strada di Tiziana Campanella edito da Il Seme Bianco

0
592
Tiziana Campanella
Tiziana Campanella

“Faticosa, fangosa, plumbea, serena, rosea, che ci sia tempesta, sole o bufera, non abbandonarla, amala, qualunque essa sia ama la tua strada e se ti perderai, la ritroverai”. Si chiude così, con l’accettazione tranquilla di chi ha vissuto, e forse patito, ma è cresciuto profondamente, Ama la tua strada, il nuovo romanzo di Tiziana Campanella. 4 ragazze, Bea, Clara, Alice e Chiara, si conoscono alle scuole superiori, il pretesto è la pallavvolo. La loro amicizia, i primi amori, l’adolescenza con i rapporti più o meno conflittuali coi genitori e col mondo; le giornate scandite dalla musica, il diario, le uscite, la comitiva…In un percorso di crescita interiore che le porta ad affacciarsi alla vita, ognuna con le sue specificità e col suo bagaglio. Una storia ad alto tasso di identificazione, che fotografa una generazione, quella che ha vissuto l’adolescenza negli anni ’90, senza cellulare, Whatsapp e Facebook.

Abbiamo incontrato l’autrice per parlare della sua opera.

Come nasce il romanzo?

Ama la tua strada è nato durante un periodo difficile per tutti, il lockdown 2020. Un periodo in cui siamo stati obbligati a stare fermi. Credo fermamente che Italo Calvino se fosse ancora vivo, tra le sue sei lezioni americane dedicate al millennio, ne avrebbe inclusa una: la fermezza. Siamo tutti presi dall’andare, dal fare, entro un vortice senza pausa e senza rallentamento, né recupero, che spesso azzera o riduce, la capacità di ascoltare. Ascoltare la voce prevalente che c’è dentro di noi. E solitamente, è una voce emotiva. Ecco perché siamo andati tutti in corto circuito durante il lockdown, troppo tempo fermi, troppo tempo per pensare, cosa a cui non siamo abituati. In quel periodo ero doppiamente ferma. Ho vissuto il mio lockdown al quadrato. È così che mi piace chiamarlo. Non sono stata molto bene e per tutto quel periodo non potevo camminare, né muovermi, ferma, doppiamente immobile, non solo tra le pareti di casa, ma nei centimetri quadrati della mia pelle. E questo a volte, fa paura, soprattutto all’inizio, fa enormemente paura, ma a volte ti regala qualcosa e a me ha regalato questo romanzo. Allora oggi dico che è un dono. Essere in una condizione nella quale non si vuole essere non è sempre negativo. La vita infondo, è ciò che ti accade mentre sei intento a fare altri piani, parole di John Lennon, citazione iniziale del romanzo. Allora è successo che in tutta quella fermezza, qualcosa bussava alla porta, saliva a galla, tornava a casa, e io non ho fatto altro che gettare l’amo nel fiume emotivo e raccogliere tutto ciò che arrivava. Non sapevo di voler dire tutto ciò che poi ho raccontato attraverso le vicende di Bea, Clara, Alice e Chiara. Sono loro, che in realtà, hanno trovato me.

Come mai il titolo Ama la tua strada?

Perché mi sono innamorata di uno scatto fotografico. Una Renault bianca che attraversa la strada bianca, tra una distesa di ulivi, lungo la bella terra rossa che sfocia fino al mare, nel Parco Regionale Dune Costiere di Fasano, naturalmente, Puglia. Lo scatto è stato realizzato dal fotografo Cosimo Rubino, che ho subito amato. Perché incastonato in un paesaggio armonico e lineare.

Nel romanzo Bea, il personaggio principale, ha urgenza di scrivere. Tu questa urgenza l’hai sempre avuta o è nata con il Covid?

In realtà ho sempre scritto, fin dall’età di undici anni. La scrittura ha sempre caratterizzato la mia vita, come una sorta di specchio, attraverso cui entravo ed uscivo o leggevo ciò che vedevo riflesso perché, in altro modo, non sapevo leggerlo o tradurlo. Come per Bea, quando qualcosa là fuori, soprattutto nel periodo turbolento dell’adolescenza, si fa caotico, confusionario o difficile da capire, allora torno tra le pagine a scrivere, per tentare di scandire quel vortice incasinato delle emozioni, per dare parole a ciò che provo. È sempre stato per me uno strumento di consapevolezza, che dà forma a tutto ciò che mi scorre dentro. Anche per Bea funziona così, diviene il contenitore dove lasciar girare le sue emozioni, per comprendere, attraverso tentativi ed errori, cosa farci piano piano con i colori, e capire come governarle. Quando scrivo non so mai cosa verrà fuori, non ne capisco l’impellenza fino a quando non prende forma, sempre con il timore dietro l’angolo, che sia una costellazione che non riuscirò ad unire, come dice Alice Urciuolo, scrittrice che mia ha influenzato positivamente. E invece puntualmente, ogni volta, accade qualcosa, una magia, non saprei, ma accade sempre che in tutto quel fluire qualcosa torna a galla, a casa, e la maggior parte delle volte emerge la verità che parla la lingua delle emozioni, che sono poi il ponte universale di connessione con le persone. Scrivere è sempre un’occasione per riconoscersi, rischiosa senza dubbio, perché ti espone al giudizio, comunque, ma è davvero una possibilità per conoscere come arrivi agli altri. Per adesso quello che sto scoprendo attraverso Ama la tua strada, è che le persone si riconoscono rivivendo quelle emozioni, quei sentimenti, il dolore delle separazioni, la rabbia per tutto ciò che non si può cambiare, la difficoltà di decidere ma anche la spensieratezza e il lasciarsi andare senza pregiudizi e freni inibitori, così come una lettrice mi ha riferito. È bello scoprire come davvero, qualcuna, e più di una, si immedesimi in Bea, Alice, chiara e Clara, nel bel paese del carnevale.

 

All’inizio della narrazione descrivi il diario, contenitore principale degli anni ‘90. Oggi da cosa è stato sostituito?

Credo senza ombra di dubbio dai social, con parecchie differenze però. Il diario rimanda a una dimensione più intima, più lenta, a un’attività più riflessiva e di presa di consapevolezza. I social trascinano immediatamente entro una dimensione molto più veloce, si entra e si esce dalle chat, dalle informazioni, dalle notizie, dalle vite degli altri, così come anche dalle relazioni; tutto è volto all’immagine di sé piuttosto che al sentire autentico, diviene una spettacolarizzazione delle emozioni piuttosto che uno svelamento autentico di sé.

A un certo punto, le 4 ragazze affrontano uno snodo fondamentale: quello dell’11 settembre. Il giorno in cui cadono le Torri Gemelle loro si avviano all’università o al lavoro, al futuro insomma. Come questo immenso cambiamento impatta nella loro vita?

Credo che chiunque di noi s’interroghi su che cosa abbia fatto ieri, e qualcosa puntualmente sfugga dalla memoria, ma tutti, probabilmente, abbiamo impresso nei nostri occhi quelle immagini che hanno segnato una data indelebile su quel calendario. L’11 settembre 2001 crollavano le torri, crollava l’America, una potenza che si credeva intoccabile, ma crolla anche qualcos’altro, crollano come improvvisamente le certezze di chiunque. Quella data coincide con il giorno in cui Bea e Clara si recano a Roma per affrontare il test d’ingresso, ciascuna al proprio indirizzo di facoltà. Ma quell’evento così efferato ha un effetto che profuma di presagio, che come una rottura inizia a separare strade, amicizie, vite. Quell’evento ricorda quanto conta il timore di perdere il controllo, sulle cose, soprattutto su quelle meno belle, quanto tra adolescenza e maturità vi sia una linea invisibile che prima poi viene tracciata quasi a nostra insaputa, e accade semplicemente qualcosa là fuori nel mondo che prova a ricordarci quanto, nonostante tutte le nostre buone intenzioni e scelte di vita, a volte, si può sbagliare strada o bucare, sbagliare, perdere quel benedetto controllo che illusoriamente crediamo di avere. In una sola paura tutti temiamo il cambiamento. Cambiamento vuol dire perdere qualcosa che conosciamo per fare spazio a qualcosa di inedito, che ignoriamo ancora. È un romanzo di formazione, un percorso di crescita quello che le ragazze sono chiamate ad affrontare. Non c’è formazione senza trasformazione dice di nuovo Alice Urciuolo. Trovo questa frase molto vera, perché trascina con sé tutta la paura che l’imprevedibilità comporta. Emanuele Trevi, vincitore del Premio Strega 2021, ha detto che i libri sono sempre una riparazione. Lo credo anch’io.  Ama la tua strada è un tentativo di riparare, con il proprio passato, con le proprie radici, con parti di sé, con tutto ciò che a volte rinneghiamo e non accettiamo. Spesso si preferisce alzare un muro piuttosto che avere il coraggio di incontrare ciò che emerge. Ma Ama la tua strada è un inno alla fiducia in questo senso.

Tiziana Campanella è nata a Putignano (BA) e vive a Roma. Psicologa e Psicoterapeuta, collabora con il Centro Studi e Documentazione della Asl Roma 2. Nel 2013 ha pubblicato Nella mente di Jane e nel 2016 Ti porto dentroAma la tua strada è il suo terzo romanzo.