Femminicidio, le donne andrebbero amate non scopate

0
2436
Femminicidio
Femminicidio
Femminicidio
Femminicidio

La cronaca è molto più esplicativa di mille trattati socio psicologici, infatti basterebbe raccontare i fatti per capire molto di ciò che tutti i giorni accade nella nostra società cosiddetta evoluta. Atteniamoci ai fatti dunque: giovedì 4 luglio 2013, il              Consiglio Regionale del Lazio riunito era chiamato a discutere una mozione presentata dall’On. Marta Bonafoni inerente il femminicidio ed alcuni solleciti alle istituzioni locali al fine di porre in essere alcune azioni di prevenzione contro la violenza ed a sostegno delle donne. Fin qui nulla di nuovo, tutto secondo retorica, bei discorsi, voto unanime in aula e tutti contenti. A rompere l’idillio però arriva un sibilo, una frase, sembra dai corridoi, come riferiscono alcuni consiglieri che dicono di averla udita, squadernando senza ipocrisie un convincimento assai diffuso e sempre meno dissimulato in materia: “le donne non vanno uccise, vanno scopate“. Ignoto l’autore o l’autrice di questa perla di saggezza, ma poco ci importa, perchè fondamentalmente l’autore potrebbe essere stato chiunque: un Consigliere Regionale, un funzionario, oppure il nostro vicino di casa, un nostro amico, due anziani in un bar, un nostro parente,  e perchè no, persino noi stessi. Quante volte sottovoce si pensa, davanti all’ennesimo servizio del Tg: “ma questa se l’è proprio cercata, così impara ad andare in giro mezza nuda, se il marito la picchiava un motivo c’era, chissà quante corna che gli ha messo, mi sa che era una troia”. Analizzando il senso profondo di quella frase, troveremo solidi motivi di preoccupazione e molte risposte a tanta violenza che ogni giorno passa davanti ai nostri occhi, quasi senza provocare più neppure un fremito di fastidio, figuriamoci indignazione. Il finedicitore, se chiamato a farlo, avrebbe certamente votato a favore della mozione, perchè uccidere è peccato, non si fa, e poi a una donna non sta bene, la donna è la nostra mamma, colei che lava, stira, sbriga le faccende domestiche e, alla bisogna, quando serve può anche dare piacere fisico e sfogo alla libido del maschio lavoratore.  Tutte ragioni sulla bocca, e soprattutto nelle coscienze di tantissima di quella che comunemente si definisce brava gente, come “brava persona” sarà stato sicuramente chi ha pronunciato quella frase alla Pisana. Ma come può una “brava persona” pensare certe cose e trasmettere con un concetto una dose di violenza molto più forte di qualsiasi schiaffo? Può, nella misura in cui certe “tradizioni” culturali continueranno ad avere cittadinanza e anzi, ad essere trasmesse e rilanciate dai modelli che questo mondo con i suoi media e le sue storie rilancia quotidianamente. Sgombriamo subito il campo: lungi da chi scrive ogni concetto sessuofobico, il sesso è quanto di più bello e nobile la natura umana si sia concessa, è bene farlo prima, dopo, e soprattutto durante il matrimonio, è una pratica per tutte le età ed i gusti che aiuta il benessere molto più di mille ore in palestra, dall’estetista o dall’analista. Ma siamo sicuri che fare sesso e “scopare” siano sinonimi? Noi crediamo che siano opposti: opposti in primo luogo perchè il “fare sesso” implica una condivisione, almeno ambivalente, una consensualità tra partner, una complicità, entrambi allo stesso livello. Lo “scopare” al contrario contiene nella stessa vocalità della parola un senso di possessione, di singolarità del gesto, come se uno dei due, o più, a piacere, abbia una supremazia sull’altro. Badate bene che questa distinzione non implica, almeno per forza coinvolgimenti amorosi o legami stabili, sia il “fare sesso” che lo “scopare” possono essere praticati semplicemente per avere piacere, e non c’è nulla per cui scandalizzarsi a nostro avviso. La reale differenza risiede nella forma culturale con cui ci si approccia alla questione. Si può “fare sesso” senza amore, con un partner occasionale, auspicando protezione ovvio, come “scopare” con amore, mantenendo un rapporto distorto e violento con l’altra metà. Chi ha pronunciato quella frase potrebbe benissimo essere un padre o una madre modello, un marito o un compagno inappuntabile, che sinceramente a suo modo dice di amare il partner, ma nella realtà mantiene ben radicato in se la convinzione che esiste una sua superiorità sull’altro, un suo diritto naturale a servirsi dell’altro, a usare l’altro, come se l’altro fosse qualcosa a sua disposizione. Ecco quindi che nel significato che diamo alle parole correnti risiede il nostro vero concetto di vivere civile, in questo caso dei propri sentimenti e la propria sessualità. Le donne,, non sono panda a cui riservare un trattamento di favore, salvando le apparenze e mantenendo pericolosi retropensieri, le donne, come gli uomini, dovrebbero ritrovare la forza ed il piacere di amare e amarsi, nelle forme più fantasiose, varie e sincere. Il sesso non è un proseguimento con altri mezzi della nostra affermazione personale nella società, è semplicemente il miglior modo per condividere la più intima e fuggevole delle felicità, e finchè questo mondo non ritroverà il senso dell’amare, se e gli altri, la violenza, dei gesti e delle parole, trasfigurerà sempre più la vita quotidiana di tutte le “brave persone” come chi nei corridoi della Pisana ha esclamato quella frase.

Andrea Titti