Le origini del toponimo “Due Santi , un luogo di Gadda

“La Madonna di San Luca e gli alluci di San Pietro e San Paolo sulla via Appia a Due Santi”

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Ad un occhio attento nel transitare sulla via Appia , proprio di fronte al cimitero di Castel Gandolfo, non sarà sfuggito quel particolarissimo edificio che, come una balconata, sporge sulla strada tra i rovi e le sterpaglie, e che resiste ancora nonostante l’incuria degli uomini e del tempo. Un documento prezioso del Tomassetti ci ricorda come, proprio alla confluenza dell’antica strada che da Castel Gandolfo conduceva all’Appia (odierna via Santa Caterina), ci fossero i resti di una chiesetta dedicata alla Madonna di San Luca, nel terreno di proprietà di Alberico Cittadini, amministratore del principe Alessandro Torlonia. Un edificio dunque dedicato  al culto  mariano risalente al tempo di Papa Paolo V (1605-1621), quel Camillo Borghese che  dedicò il suo pontificato nel ristabilimento del primato della Chiesa nell’arte e nella costruzione di edifici sia pubblici che religiosi. Lo stesso Papa che radunò a Roma quel cenacolo di artisti bolognesi come i Carracci, l’Albani, il Lanfranco, il Domenichino, il Reni e fra gli altri lo stesso maestro di Caravaggio, il Cavalier d’Arpino. Ad essi il Pontefice affidò l’incarico di abbellire quella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore  che oltre al suo  monumento funebre custodisce la più popolare e venerata immagine della Madonna , quella di San Luca appunto e meglio conosciuta a Roma come “Salus Populi Romani”. Fra i maggiori architetti del tempo possiamo inoltre ricordare i fratelli Domenico e Giovanni Fontana e lo stesso Maderno al quale fu affidata la direzione della costruzione della Cappella Paolina  del Quirinale. Una devozione alla Madonna particolarmente cara che giustificherebbe la costruzione della piccola chiesetta oggi in abbandono sulla via Appia e con le immagini sacre ormai quasi del tutto scomparse. Risalirebbe invece a  qualche decennio successivo, intorno alla metà del Seicento, la costruzione dell’altra chiesetta, proprio sull’altro lato della strada, oggi conosciuta come “San Sebastiano”, come ci ricorda il Piazza e come racconta lo stesso Tomassetti , fosse stata edificata con una danarosa  donazione per un voto fatto alla Madonna di Galloro. E’ lecito convenire che il culto mariano al quale erano dedicate le due chiese possa essere stato tramutato in quello  a San Sebastiano  divenuto Patrono di Castello dopo che ,grazie alla sua intercessione, nel 1656 la città fu preservata dal contagio della peste. Un’altra testimonianza non meno importante, di questo luogo così sacro, la ritroviamo descritta da Gadda  nel suo romanzo più popolare “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, dove  l’autore lo fa riscoprire  ai suoi personaggi, quei carabinieri di Marino che nell’ambito delle indagini stavano percorrendo in motocicletta la via Appia , a Due Santi, in direzione di Albano, il brigadiere Pestalozzi e il suo appuntato. “Lo interrompeva un tabernacolo alto, a due pioventi, con arricciolature di stucchi pallidi in fronte. Due bicchieri, ed entrovi alcune primule e pervinche, consacravano a divozione e iridavano il sasso, del davanzale di quella specie di finestra: da che il divino, un poco intronato nella capa, si affacciava come da un pulvinare sul trambusto dell’Appia.”

“Il Fara filiorum Petri, vi gettò lo sguardo, per quanto imbambolato dal sonno e stupefatto dalle novità della gita. Due sicuramente santi, arguì dai dati,…”(Pasticciaccio, RR II 195).Un affresco, opera di un grande artista dunque , come ebbe a riconoscere Gadda,raffigurante i due santi, Pietro e Paolo, ai quali è inevitabilmente legato il nome del luogo.

“Polluti d’empito e di fresca mano sulla malta allor fresca, cioè a fresco, i due alluci, il petrino e il paulino, palesano tutto il vigore della creazione… Fiat lux! E gli alluci furono. Plàf, plàf.”(Pasticciaccio, RR II 198).

Marco Bellitto, Italia Nostra sezione di Marino