
L’attenzione alle categorie più disagiate e il coinvolgimento dei giovani. E’ questa la formula di Meta Magazine e i progetti che portiamo avanti lo dimostrano ogni giorno. A cominciare dalla partneship con l’Uici, l’Unione italiana ciechi, proseguendo con i corsi di giornalismo gratuiti per gli studenti dei Castelli Romani, i progetti di alternanza scuola-lavoro e lo stage per giornalisti sportivi in partnership con l’Università di Tor Vergata. Molti giovani hanno avuto spazio sulla nostra testata perché crediamo che dare loro un’opportunità sia un dovere sociale. Ai nostri tempi, se chiedevamo come si diventava giornalisti, la risposta migliore era: “Piantatevi sotto una redazione”. Noi abbiamo deciso di dare a dei giovani appassionati la possibilità concreta d’imparare un mestiere e di inserirsi nel mondo del giornalismo. Ed è in questa direzione che nasce la collaborazione con Riccardo Quadrana, uno studente con tanta passione e talento. Un esempio di quella generazione in movimento a cui Meta Magazine crede e si rivolge.
Morena Mancinelli.
Il calcio nazionale ed internazionale visto e raccontato con gli occhi di un ragazzo di 17anni. Questo l’esperimento che Meta Magazine, grazie al prezioso contributo di Riccardo Quadrana offre ai suoi lettori. La generazione di Messi e C.R.7, dei campionati in diretta tv e non più solo alla radio la domenica pomeriggio, quella del calciomercato 365 giorni all’anno, di internet e dei siti specializzati e delle proprietà multinazionali delle società: chissà se e quali differenze nella narrazione del gioco più bello del mondo ci riserverà.
Andrea Titti
Nel turno di ritorno dei quarti di finale di Champions League, il 19 Aprile, mercoledì, si è imposto come un giorno da ricordare per il calcio; infatti, sono molte le conclusioni che possono essere tirate fuori dalla suddetta sera. Barcellona-Juventus e B.Dortmund-Monaco sono due partite che dicono molto sulla situazione del calcio europeo attuale e analizzarle è molto importante.
Barcellona-Juventus, equilibri invertiti
Per galanteria o per patriottismo, che si cominci, anzi tutto, a parlare della Vecchia Signora, che, come da pronostico, ha difeso il preziosissimo risultato ottenuto alla Stadium. Partita strepitosa sotto ogni punto di vista, ma eccellente sotto due aspetti tecnici in particolare: la solidità difensiva, che probabilmente merita la nomea di “migliore d’Europa”, e la prestazione maiuscola di Cuadrado, un giocatore infaticabile, che corre fino allo svenimento per la squadra, tanto da meritarsi il premio di MVP (giusto per rubare un termine dalla pallacanestro) della partita. Cuadrado può essere considerato uno dei simboli della superba gestione societaria della Juve, che solo per giocatori di un certo livello investe del capitale. Si può parlare, quindi, di un progetto a lungo termine, che è iniziato nel 2011 e che, nonostante gli insuccessi in Europa e il cambio di panchina, sta dando sempre più i frutti sperati. Dall’altra parte della favola, però, c’è una storia triste, non tanto per l’esito, ma per la fine di un’era. Chiamiamola una storia nostalgica. Si parla del Barcellona, una squadra che, dai tempi di Pep e Tito Vilanova, compianto, ha perso i propri valori tecnici. La fine del Barcellona è cominciata, paradossalmente, proprio dalla finale di Berlino contro la Juve, quando i blaugrana dominavano l’Europa dei Grandi. Quella sera, però, una lacrima la versa il Barcellona stesso, perché quella è stata l’ultima partita di Xavier Hernandez, detto “Xavi”, che insieme a Carles Puyol aveva tenuto unito lo spogliatoio per anni ed era il simbolo dei dogmi calcistici dei blaugrana: giocatori dalla Cantera alla prima squadra e tiki-taka.
Da quel momento il tracollo: acquisti sbagliati, fairplay finanziario, panchina instabile, mancanza di leaders e Leo Messi, l’alieno che, non avendo mai giocato nel campionato argentino, viene considerato dagli argentini stessi la delusione più grande del ventesimo secolo e l’eterno secondo di Maradona; infatti, il “Pibe de Oro” ha giocato molti anni nella madrepatria, ha vinto tutto in Europa e ha portato l’Argentina sul tetto del mondo da capitano.
Poi c’è l’altro erede di un altro giocatore a caso. Sì, esatto, è Neymar, l’erede di Pelè.
“O’Ney” è un ragazzo di un talento allucinante, capace di poter fare cose mai viste con il pallone ed è uno dei candidati a vincere il Pallone d’Oro (quando sarà finito il consolato Ronaldo-Messi), ma molte volte imbrocca la partita sbagliata, nella quale non gliene riesce neanche una, il che può succedere, ma queste partite sbagliate sono, per la maggior parte delle volte, quelle cruciali per la stagione. Che cresca pure, di tempo ne ha, ma il Barça no.
B.Dortmund-Monaco, talenti ne abbiamo?
Probabilmente sono le due squadre più interessanti d’Europa sotto il profilo dei giovani talenti e, che lo si definisca un paragone improprio, ma la partita di Dortmund è stata, calcisticamente parlando, la presa della Bastiglia versione 2.0. Non perché abbia vinto una squadra francese, ma perché, nello stesso stadio, nella stessa nottata, ma in due squadre diverse, si sono potuti ammirare i due vessilli della nuova nazionale francese, nonché orgoglio della nazione transalpina. Si sta parlando di: Kylian Mbappè Lottin e Ousmane Dembélé, rispettivamente di proprietà del Monaco e del Borussia Dortmund. Il primo è,ormai, per elezione popolare, il nuovo Henry, ma in molti non ricordano, che l’inizio della carriera di Titì, campione indiscusso, non fu così esaltante come quella di Mbappè. Titì, proprio nel Monaco, cominciò in modo esaltante la propria carriera con numeri da capogiro in Champions League, come il suo erede calcistico, ma in campionato collezionò 14 reti in 80 presenze, mentre il piccolo Kylian ne ha segnate 12 in sole 23, un pelino meglio. E’ stato già convocato in nazionale maggiore, esattamente come l’altro, quello di Dortmund. Dopo uno strepitoso excursus allo Stade Rennes, condito da 12 gol in 26 partite da esterno sinistro (dettaglio non proprio ininfluente), viene consegnato, per soli 15 milioni di euro, nelle sagge mani del Dortmund, che di giovani in rampa di lancio ne ha parecchi, basti pensare a Burki, Passlack, Mor, Pulisic, Isak, Ginter, Merino, Weigl e Guerreiro. Il suo impatto è spaventoso: molte presenze da titolare, carisma, dribbling, gol e tanti tanti assist.
Sono entrambi due miracoli sportivi, che appagano gli occhi e l’intelletto, come diceva Federico Buffa riguardo ad un certo Michael Jordan.
Sulla partita, oltre a questa sviolinata per i due talenti francesi, sono da annotare altri due aspetti positivi: la rinascita di Radamel Falcao, forse tornato “El Tigre” di una volta, e la rivincita di Marco Reus contro la sfortuna, che, per infortuni vari, e di entità consistente, troppe volte ci ha negato la gioia di vederlo giocare.