Riceviamo e pubblchiamo la lettera di Claudio Cerroni, esponente politico tuscolano, sulla situazione politica, economica e sociale di Frascati:
“Carissimi Direttori, spero abbiate il piacere di pubblicare sui vostri giornali questa mia lettera… Perché? Chi sono? – esordisce così Cerroni – Non sono Nessuno o quasi, non rivesto cariche istituzionali… Ho avuto solo l’entusiasmo di partecipare alla vita politica del mio paese interessandomi alle vicende amministrative degli ultimi anni. Non ho alcun titolo perché le mie osservazioni vengano pubblicate sui vostri giornali, ma spero che le possiate trovare interessanti ed utili quali spunto di riflessione comune. Si stanno avvicinando le elezioni amministrative e i toni sono già quelli della campagna elettorale, si alzano i veleni e i litigi, vengono presentati programmi e dichiarazioni di intenti degni dei libri dei sogni, ognuno ha la sua idea di una Frascati migliore e pochi hanno l’idea di come si faccia a farla diventare tale. Si continua a parlare di sviluppo e progresso mentre la recessione economica tocca punte vertiginose e i 125 milioni di poveri europei ricordano cifre postbelliche. I nostri aspiranti politici frascatani continuano ad additare le responsabilità di Tizio e Caio ed affermare che saranno loro a far cambiare la musica. Hanno ridotto la politica frascatana ad una serie di litigi da condominio, con il desiderio di primeggiare in qualche contenzioso giornalistico locale che gli dia l’esaltante emozione della diretta di un talk show di prima serata. Digiuni di una visione politica di più ampio respiro – prosegue Cerroni – restano ancorati alle inezie del rione, della piazza o del bar di periferia. Io, Nessuno, vi invito tutti a riflettere sulla grave crisi che stiamo affrontando, che ci richiede di ripensare e ridefinire il nostro modo di fare politica e gli obbiettivi che tale politica dovrebbe avere. Qualcuno ha avuto l’ardire di paragonare l’attuale crisi a quella del 1929, sicuramente potremmo trovarne dei tratti comuni anche se un paragone in tal senso resta impossibilitato dal fatto stesso che in questa crisi siamo ancora immersi e non è facile valutare un processo che non è ancora terminato. In quanto alle affermazioni speranzose di Monti: “si vede la luce in fondo al tunnel”, non illudetevi troppo… potrebbe essere il faro della locomotiva che ci sta investendo. Non sono pessimista, ma realista. Mancano nell’attuale crisi le condizioni di ripresa del 1929: un sistema produttivo sano e mercati da colonizzare. La crisi di questo sistema economico ci dovrebbe far riflettere su un nuovo modo di pensare l’economia e la politica, la loro importanza e i loro rapporti. Lo sviluppo di un’economia dei servizi, l’aumento esponenziale dei dipendenti pubblici e delle aziende sovvenzionate, la delocalizzazione del sistema produttivo alla ricerca di manodopera a basso costo ci ha portato ad un indebitamento stratosferico. I creditori richiedono indietro i soldi e gli interessi e sono sempre più restii a dare altri prestiti. Il nostro know how è stato regalato a paesi in via di sviluppo del quale i nostri indumenti, cellulari, elettrodomestici ricordano il paese con il famoso made in… Non produciamo più ciò che mangiamo e ciò che utilizziamo, in una tale situazione parlare di sviluppo è pura FOLLIA! Dovremmo invece parlare di sopravvivenza, perché è questo che ci stiamo giocando. La sopravvivenza come civiltà occidentale, che è portatrice di una peculiare forma di pensiero, di particolari espressioni artistiche, umane, civili e politiche… in una sola parola ci stiamo giocando la nostra Cultura. Cultura è un termine di cui si è abusato durante le ultime amministrazioni comunali a Frascati. Sarà forse colpa di Piero Manzoni che mettendo la scritta “merda d’artista” su novanta barattoli ripieni delle sue feci ha aperto la pista ad ogni stravaganza umana o più probabilmente è colpa della confusione che si è generata intorno al tema della cultura, troppo spesso ridotta ad evento? Evento Culturale, quale peggiore ossimoro avrebbe potuto inventare l’essere umano? La fugacità dell’evento stride con l’impegno della cultura, che ha una comune radice con l’altro importante termine che dovremmo rispolverare: coltura. Cultura e coltura derivano entrambe dal latino “colere”, coltivare, prendersi cura. La cultura è il complesso di conoscenze, tradizioni e saperi che ogni popolo considera fondamentali, e in quanto tali meritevoli di essere trasmessi alle generazioni successive. Quindi, una cosa che deve essere curata nel tempo, o meglio è lo strumento attraverso cui si forgia l’animo umano, attraverso cui un essere di natura biologica si trasforma in un essere spirituale e sociale entrando a far parte di un demos, di un popolo, acquistando una funzione sociale.Così come la cultura si prende cura dell’uomo, la coltura si prende cura della terra perché dia nuovi e rigogliosi frutti. Chiunque creda che quanto detto evade dai piccoli e ristretti confini del comune di Frascati e che per governare tale città basta fare attenzione alle buche, ai dossi, a qualche luce, a due sampietrini divelti e così via, farebbe bene a starsene a casa. Cosa accadrebbe se domani le navi piene di granaglie (e topi) che arrivano dai paesi dell’est non approdassero nei nostri porti? I forni di Frascati sarebbero ancora in grado di sfornare il pane? Stiamo lottando per la nostra sopravvivenza e milioni di persone in Italia, che non riescono più a tenersi in piedi sulle macerie, lo hanno capito. Dobbiamo rivalorizzare la nostra coltura e la nostra cultura, dobbiamo tornare a produrre e ad educare. La prima produzione è quella agricola, la terra benigna ricompensa sempre chi l’accudisce, la produzione agricola apre la via a produzioni artigianali ed assicura la sopravvivenza. Inoltre l’agricoltura è la miglior forma di tutela del territorio, un territorio che in questi anni è stato devastato da un’insana politica di inurbamento. Poi c’è bisogno della cultura, dell’educazione sociale alla convivenza attiva e partecipativa, di centri di formazione e scambio permanenti dove i cittadini possano confrontarsi, far sopravvivere le tradizioni e condividere le aspettative per il futuro. Perché una società moderna – continua Cerroni – non può vivere solo di agricoltura, perché non possiamo auspicare il ritorno ad una società bucolica, perché è necessario confrontarsi con i nuovi mezzi di produzione e le nuove tecnologie informatiche, però… Una società non può vivere solo di servizi, lo dimostra la crisi in atto, ed oggi c’è necessità di riequilibrare i due piatti della bilancia. Auspico che gli aspiranti Sindaco di Frascati non si limitino a presentare il programma dei sogni ma abbiano la forza e la voglia di studiare tutte quelle soluzioni atte al rilancio del nostro sistema produttivo. L’Europa è in crisi, l’Italia è sull’orlo del collasso e anche noi a Frascati dobbiamo fare la nostra parte, non si può più ovviare all’endemica carenza di produttività attraverso l’utilizzo invasivo del Piano Regolatore e la cementificazione sfrenata, per una ricchezza di pochi e di breve durata. Il Piano Regolatore deve diventare uno strumento serio che crei i presupposti di un futuro sviluppo, uno sviluppo del lavoro che deve proseguire oltre la presenza dei cantieri edili, con attività stabili sul territorio. Gentilissimi direttori vi ringrazio – conclude Claudio Cerroni – e mi scuso del tempo che vi ho tolto”.