⁷”Buongiorno professoressa, le volevo dire a nome di tutta la mia classe che è emersa una situazione di stress e ansia generali: a partire dal momento in cui siamo tornati in presenza al 70% i prof hanno iniziato a caricarci di verifiche e interrogazioni come se nel periodo di Dad non avessimo lavorato”.
Inizia così la lettera che una giovane studentessa, rappresentante della sua classe, ha scritto per chiedere ai docenti un po’ più di umanità in quest’ultima parte dell’anno. Uno scontro generazionale si sta aprendo verso chi prima di insegnare dovrebbe educare e capire il momento storico.
Ma non solo nei livelli liceali si è visto questo approccio, ma anche a livello universitario. Proprio qualche giorno fa, presso la Facoltà di Economia dell’Università Sapienza di Roma, il Preside ha portato in approvazione in Giunta della stessa Facoltà un approccio da condannare fermamente, verso gli esami di questa sessione estiva. Chiedendo comprovazioni sia ex ante che ex post, si sono recepiti solo gli effetti della crisi sanitaria e in parte quella economica e non si è percepito che le nostre studentesse ed i nostri studenti siano sotto attacco psicologico e per molti rimanere nelle mura di casa fino a quando non sarà possibile vaccinarsi porta sicurezza e serenità nell’affrontare una prova di esame, ma questo non deve comunque dare alibi ai furbetti.
Questi due esempi, per dimostrare quanto sia sempre più ampio lo iatus tra la categoria dei docenti, non più educatori che non si fidano dei giovani, e gli studenti che hanno perso ogni guida psicologica. Dobbiamo necessariamente, quindi, arrivare ad uno scontro generazionale come nel 1968 o siamo ancora in tempo di far percepire ai nostri docenti che bisogna svegliarsi dalla chiusura e cominciare a comprendere i nostri studenti per essere non solo docenti ma degli esempi?
di Luigi Dell’Orso