Manolo Valdés a Palazzo Cipolla

L’artista spagnolo Manolo Valdés torna a Roma con una personale nelle sale del Museo in via Del Corso, dopo un’assenza di 25 anni

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Manolo Valdés a Palazzo Cipolla

L’artista spagnolo torna a Roma con una personale nelle sale del Museo in via Del Corso, dopo un’assenza di 25 anni

Manolo Valdés a Palazzo Cipolla

Un’esposizione che di questi tempi è davvero un “miracolo”. Un “miracolo” di colore, estro, manualità e… di gioia.

A cura di Gabriele Simongini, l’esposizione “Le Forme del Tempo” di Manolo Valdés, al Museo di Palazzo Cipolla, (ri)porta a Roma uno degli artisti più noti della Spagna contemporanea dopo 25 anni di assenza, spalancando le porte ad un mondo che celebra il fascino della tradizione articolato su una settantina di opere – quadri e sculture – che la rielaborano, rivitalizzandola con le imperfezioni dell’attualità.

Fino al 10 gennaio 2021, in via del Corso, bellezza e pathos provenienti dallo studio dell’artista e da importanti collezioni private accompagnano lo spettatore lungo le stanze di un evento collettivo che evidenzia quanto l’arte, per mostrarsi à la page, non debba necessariamente distruggere le sue origini, perché dipingere è: “…Continuare a sommare, accumulare…”.

Servendosi dei materiali più disparati (legno, marmo, bronzo, ferro), l’artista valenciano introduce il suo percorso creativo dai primi anni Ottanta ad oggi, servendosi, qui, di alcune incursioni scultoree di importanti dimensioni la cui estrema leggerezza visiva è da sempre un inspiegabile carattere peculiare.

Nella sua ricerca figurativa, i Grandi (da Velázquez a Zurbarán, da Ribera a Matisse, passando per Picasso e Lichtenstein) sono interlocutori nel presente; riflessi con cui intrattenersi ogni giorno per ampliare il proprio “spazio lavorativo”. L’immagine dal passato viene trasformata dal caleidoscopio degli anni: questo, perché l’arte è un continuo fluire, perché quelli che furono sussurrano ancora alle nostre orecchie, e perché, proprio in questo settore, ha meno senso che in altri parlare di “correnti” a sé stanti.

L’ampia personale di Valdès, fortemente voluta da Emmanuele Francesco M.Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale, palesa la sua forza creatrice e vitale che arriva intatta al visitatore, grazie pure a un allestimento sobrio ma efficace, che riesce davvero a far risaltare le opere, piuttosto che concentrare l’attenzione su di sé.
Classe ’42, nel 1957, Valdès si iscrive alla Real Academia de Bellas Artes de San Carlos della sua città che lascia due anni dopo. Nel 1962 presenta l’opera “Barca” (ora al Reina Sofía), nella quale già sono evidenti quelli che saranno gli elementi costanti della sua pittura: il tema figurativo e l’uso informale della materia. Attinge molto dal patrimonio artistico spagnolo e dall’informale. Alla fine del 1964, partecipa alla creazione del gruppo Estampa popular, che si distingue per l’uso di immagini pubblicitarie e i prezzi popolari. Nel 1965, insieme a Rafael Solbes e Juan Antonio Toledo, partecipa al XVI Salone della Giovane Pittura di Parigi, ottenendo un grande successo. Nasce così il gruppo Equipo Crónica, che si caratterizza per il prevalente utilizzo della pittura e la scelta di una tematica ampia, impersonale e influenzata dalla Pop Art, con uno sguardo critico verso il regime franchista. Nel 1983, ottiene un notevole successo anche nell’ambito della grafica; a partire dal 1992, concentra il suo interesse sulla scultura e apre uno studio più grande a New York.
Nel 1999, insieme a Esther Ferrer, rappresenta la Spagna alla Biennale di Venezia. Tanti musei ospitano i suoi lavori; diverse sculture monumentali sono state esposte o installate in permanenza a New York, Parigi, Madrid, Valencia e Pietrasanta. Oggi, vive e lavora tra la Grande Mela e Madrid.

Non sfuggirà ai più attenti che l’opera-madre, il modello di riferimento sia un’inesausta “Meninas” di Velázquez: non tanto e non solo perché ne riprende il tema, ma per quel gioco di rimandi continuo fra realtà ed illusione, verità e apparenze, a cui l’artista, creando sculture, riesce a conferire una tridimensionalità impossibile sulla tela, materializzando il colore del disegno (che diviene così centrale nella sua dimensione poetica).
Una scelta coraggiosa tenere aperti i luoghi della cultura e tagliare il nastro di nuove iniziative. “Perché dare spazio ad eventi come questo, ora come ora, è ancora più importante”, ha spiegato il professor Emanuele. Come dargli torto.

Info: www.fondazioneromamuseo.it