
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del Dott. Mario Galli, autore del libro: “Diario del Terrore”:
“Conosci te stesso. Così recitava un celebre motto dell’antichità classica. Conosci l’altro per conoscere te stesso. Queste parole meglio si adattano al contesto in cui stiamo vivendo ormai da troppo tempo. Ignoranza, faziosità, dissimulazione: sembrano essere – scrive Mario Galli – ormai questi i concetti che meglio identificano il mondo internazionale della politica e della gestione dell’informazione. Viviamo in un mondo che vuole etichettare, che ha bisogno di etichettare per esemplificare il più possibile una realtà multiforme e complessa. Viviamo in un mondo che non vuole comprendere, ma solo difendere la sua bieca ottica d’interesse personale, un mondo dove porgere la mano destra troppo spesso significa nascondere con la sinistra un pugnale dietro la schiena. Un mondo in cui si vorrebbe far dimenticare il vero significato delle parole, dei valori. Un mondo dominato in cui si cerca di ridurre la cultura ad un elemento sempre più di facciata, ad un sapere modellato su l’utile e non sulla verità, un orizzonte culturale nel quale diventa gioco forza dichiarare nemici coloro ai quali si continuano a vendere armi senza suggerire al contrario percorsi attraverso i quali – continua Galli – giungere ad un reale sviluppo. L’11 settembre ha segnato profondamente le coscienze di tutto il mondo, aprendo nuovi spiragli di riflessione e portando alla ribalta problemi e situazioni che era stato fatto in modo che la nostra coscienza nascondesse nella sua parte più profonda. Il nemico. Questo è sembrato negli ultimi anni l’elemento fondamentale col quale identificare il mondo islamico: Khomeini, Hussein, Bin Laden, Talebani, Isis. Come se tutto fosse riducibile all’agire di pochi personaggi, un po’ come se l’occidente fosse tutto da condannare solo per l’esistenza di menti folli come quella di Hitler. Generalizzazioni. Manipolazioni. Ed intanto intorno a noi i volti dei medio orientali hanno ormai assunto le fattezze degli assassini, degli esaltati…dei cattivi. Come in un folle western: noi i portatori della cultura, loro i selvaggi da cui guardarsi. Con una differenza in più: come Custer siamo noi ad essere sotto assedio adesso, siamo noi a pagare il debito di sangue contratto con quelli che adesso chiamiamo assassini. Questo ovviamente non giustifica l’orrore e il vento di morte che il mondo fondamentalista ci sta scagliando addosso. Una cosa è certa: prima di combattersi bisognerebbe conoscersi davvero ed imparare a rispettarsi, cercando delle soluzioni che permettano a ciascuno di poter esprimere la reale sua essenza. Essenza. Verità. Difficile parlare di verità, meglio di verità univoca, in un mondo come l’Islam, così ricco di varietà e diversità. Più facile generalizzare, più comodo lasciare che il punto di vista di pochi prevalga, impedendo un sano e proficuo dialogo attraverso il quale giungere alla verità. Più facile? Diciamo più conveniente per le alte sfere, per quel mondo dei “grandi” che vorrebbe noi “uomini comuni” inattivi, ammaestrati. Come pecore condotte al macello. Eravamo partiti parlando di cultura: la cultura dell’ignoranza (ossimorica ma terribilmente reale) contro la cultura della verità. Come se verità e cultura non dovessero coincidere. Un mondo in cui la rivoluzione deve partire da noi, dalla voglia di conoscere davvero l’altro prima di condannarlo, di offrire alternative reali, di accettare di crescere insieme nella ricerca del comune benessere. Aprire gli occhi, scegliere la pillola giusta come recitava uno dei film più interessanti degli ultimi anni. Avere il coraggio di scegliere quella pillola. E se questa scelta si rivelasse inutile, inefficace, se il buio fosse più reale di quanto previsto? Una rivoluzione che deve partire dal basso, una rivoluzione che ci deve investire in prima persona, che ci deve portare a rifiutare le menzogne dei corrotti, siano essi di destra che di sinistra, una rivoluzione alla cui base ci debbano essere due cose: la voglia di conoscere e quella di comprendere. La voglia di voler aiutare gli altri a trovare la verità, senza pretese di infallibilità, animati solo dalla forza della ragione e del cuore. Una ricerca questa non facile. Una ricerca che richiede la disponibilità di entrambi i fronti, una ricerca nella quale ci dovrebbe guidare anzitutto un pensiero: l’essere tutti figli della stessa terra, l’appartenere tutti alla stessa specie. Questo libro sicuramente non cambierà la storia ma potrà forse generare in noi la voglia di conoscere meglio un mondo sicuramente da condannare, quello del terrorismo, ma che sarà difficile sconfiggere senza una profonda e spassionata analisi delle sue cause. Ed ecco allora che la vicenda di Tahir può diventare per ciascuno di noi un momento di riflessione importante grazie alla sua capacità di mostrarci l’altra faccia della spirale, il volto fraterno di un tragica disperazione della quale siamo complici. Senza per questo giustificare, ripetiamo. Senza per questo accettare supinamente aggiungiamo. Una piccola favola, in nero purtroppo, della quale però potremmo cambiare l’essenza negativa nel modo migliore possibile, intervenendo cioè alla radice stessa del suo essere, eliminando cioè le condizioni che trasformano quella favola in una tragica realtà quotidiana” conclude Galli.