Medicina rigenerativa in ortopedia, i trattamenti mini invasivi più utilizzati ed efficaci per la salvaguardia delle articolazioni

Ne parliamo con il Dott. Riccardo Foti, Medico ortopedico di Roma, Specialista in Traumatologia e Chirurgia Ortopedica

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Dott. Foti, cosa si intende per Medicina rigenerativa?

“La medicina rigenerativa è la branca della medicina che sviluppa metodi per rigenerare, riparare o sostituire cellule, organi o tessuti danneggiati o malati. La medicina rigenerativa comprende  l’utilizzo di cellule staminali pluripotenti terapeutiche, l’ingegneria dei tessuti e la produzione di organi artificiali”.

Come è possibile impiegarla in ortopedia e quando in particolare è utile applicarla ai pazienti che presentano problemi articolari importanti?

 “Sono molte le applicazioni in ortopedia e traumatologia soprattutto per i tessuti come la cartilagine che riveste le articolazioni e ne permette un buon funzionamento.  Altre applicazioni sono in caso di lesioni tendinee croniche e traumatiche e di lesioni muscolari acute o con esiti cicatriziali.

Il danno cartilagineo è una componente fondamentale del danno articolare che si riscontra nell’artrosi, nelle artriti ed è causa di dolore continuo e di grave inabilità. Le tendinopatie e i problemi muscolari costituiscono un campo di applicazione in continuo sviluppo per gli sportivi.

Dolore e inabilità possono compromettere in modo importante la qualità della vita di ogni individuo, con ripercussioni negative anche sulle malattie metaboliche (diabete, ipercolesterolemia, etc.), che beneficiano del movimento, sulla struttura muscolare, sull’umore e la capacità di relazionarsi con familiari, amici, in ambito lavorativo.

Tutto ciò che favorisce il benessere muscolo-scheletrico, migliora la qualità di vita delle persone e anche per questo, vi è stato grande impulso allo sviluppo della medicina rigenerativa in ortopedia”.

Quali sono le diverse soluzioni previste dalla medicina rigenerativa per l’ortopedia?

“Tra queste, molto utilizzati sono i fattori di crescita facilmente reperibili nel sangue, che vengono estratti e preparati con varie metodiche che consentono di averli in alte concentrazioni. Vengono poi iniettati nelle zone sofferenti come ad esempio i tendini, i muscoli e le articolazioni per favorire e accelerare la guarigione biologica dei tessuti danneggiati”.

Quali sono queste metodiche?

“Le più comunemente usate sono le piastrine nel plasma e i monociti nel sangue, procedure abbastanza semplici che possono essere eseguite anche ambulatorialmente.

Allo stesso scopo con procedimenti un po’ più complessi che necessitano invece della sala operatoria, posso essere prelevate le ‘cellule staminali pluripotenti’ così chiamate perché in grado di differenziarsi nelle cellule dei tessuti dove vengono iniettate e dove è richiesta la loro azione riparatrice. Ad esempio, possono essere prelevate dal tessuto adiposo, ovvero dal grasso corporeo, e dal midollo osseo, in particolare della cresta iliaca, una parte del bacino.

Il tessuto adiposo viene poi ‘filtrato’ in modo da ottenere un concentrato di cellule staminali.

Il midollo osseo già largamente utilizzato in passato in molte procedure chirurgiche, viene ora estratto sottoposto ad alcune settimane di lavorazione e poi utilizzato dove necessario”.

Sappiamo quindi che l’impiego della biologia molecolare permette la rigenerazione dei tessuti o degli organi che sono danneggiati o che hanno subito dei traumi, grazie all’uso di cellule staminali mesenchimali, di cellule mononucleate del sangue periferico, dei fattori di crescita e grazie all’utilizzo dell’ingegneria tissutale, della subcondroplastica e degli scaffold e sostituti ossei, Dott. Foti, può spiegare nello specifico cosa rispettivamente sono e per quali ragioni  sono determinanti?

 “Nei casi in cui vi siano delle lesioni della cartilagine e dello strato osseo subito più profondo alla cartilagine, che non sono molto estese, la bioingegneria ha sviluppato dei supporti ovvero degli scaffold, che applicati nelle lesioni osteocondrali, ovviamente adeguatamente preparate, di essere “abitate” dalle cellule mesenchimali del midollo osseo sottostante e quindi portare a guarigione della lesione”.

Dott. Foti, quando invece è necessario ricorrere all’intervento di protesi?

“Tutti i trattamenti ‘rigenerativi’ sono possibili fintanto che il danno articolare è contenuto.

Oltre un certo limite la soluzione più efficace è sempre la protesi per le quali esistono oggi disegni e caratteristiche che si adattano alle diverse età e qualità dell’osso.

Inoltre, è possibile eseguire planning preoperatori molto accurati, mediante integrazioni delle immagini radiografiche e TC con dei software in grado di guidare nella scelta dell’impianto protesico più idoneo per ogni singolo paziente.

L’aiuto della tecnologia attualmente si è spinto oltre con la chirurgia ortopedica robotica che, grazie anche alla capacità e competenza del chirurgo, aumenta la precisione e riduce il margine d’errore e ne prolunga la durata dopo l’impianto delle protesi”.