Mostra pittorica di Paolo Viterbini al Museo Civico di Albano

0
1849
museo
Museo Civico di Albano Laziale
museo
Museo Civico di Albano Laziale

Presso il Museo Civico di Albano Laziale dal 28 Febbraio al 15 marzo sarà esposta una mostra pittorica di Paolo Viterbini. “Visioni e visuali” è il titolo dell’evento: testo critico di Aldo Onorati, contributo alla critica Giorgio Di Genova e Dante Maffia, introduzione Dott.ssa Rosanna Claps, Direttrice del Museo Civico di Albano.

Così Aldo Onorati descrive l’opera e lo stile dell’artista castellano Paolo Viterbini. “Non è facile scrivere un’esegesi sulle opere di Paolo Viterbini, perché non è possibile isolare un quadro dall’altro, in quanto la sua pittura è dinamica, agganciata a logiche di sviluppo come un ragionamento filosofico. C’è un prima e un dopo, non solo cronologicamente, ma in lievitazione logica e artistica, quasi il formarsi di un’architettura particolare che si realizza man mano che si inventa, pur essendo un piano generale (ma è sempre in fieri, con la trama di un romanzo complesso e metafisico, impossibile da prevedere, ma splendido nel risultato).

Sono città viste dall’alto, da molto lontano, ma hanno un disegno particolare, quasi un nucleo che si diparte in frecce divergenti, in un colore centrale che tende ad imbrunirsi man mano che si sposta verso i bordi senza più tracciati. Viene in mente, a uno spettatore curioso, quali sviluppi può avere una geometria così “spaziale”. In realtà, si tratta di figure, non di planimetrie, vale a dire c’è una reinvenzione della città stessa, la quale assume volta in volta una sorta di identità nell’astrazione, tanto da vivere a se con un animo inafferrabile, un’entità che sembra muoversi proprio dentro le sue intersecazioni. Se fosse una foto dall’alto, non potrebbe mutare. Invece, l’autore percepisce i movimenti “interiori” di questa metropoli, fino a trasferirli in mutazioni sorprendenti che hanno qualcosa di organicamente duttile: ci troviamo di fronte ad una pittura difficile, che forse ha echi del migliore Futurismo, ancorchè “rivisitato” (come lo splendido quadro “La città che cammina”, 2015, estremo punto di arrivo di un discorso che era iniziato con una sorta di staticità che però non poneva i limiti e gli steccati: di lì a poco avremo “Segnatempo” e “Gong”, ove la metamorfosi del panorama si sposta verso il lungo-tempo, fino a Ulisse, dove la città diviene ricordo di energie trasformate per allusione, in un volto umanoide, a tre dimensioni, più quella sottesa, la quarta temporale, sono tutte allegorie di qualche “anima” interna delle cose, che il pittore carpisce dal cielo e poi dal suo perdersi fra le vie, gli odori, le voci, i colori. Dalla città fredda e distante, si dipana per maturazione intima la vita che dal cielo non appare, ma che si fa palpitante in “particolari” di rara intensità espressiva, inserita in un pentagramma spaziale e quindi metafisico.

Il passaggio dalla prima alla seconda fase, vale a dire il centro temporale, il momento di riflessione e di cambiamento, deve rinvenirsi nei due straordinari, lucenti quadri “Silver city, ore 23,00” e “Silver city, le linee del tempo”. Qui sta l’anello di congiunzione di due momenti estremi, in un complesso discorso rappresentativo-esistenziale, in cui la città si è fatta allegoria, concettualità anagogica, tridimensione di fronte allo spazio azzurro. Ci sono forze fuggenti in sensi opposti, come diramazioni di idee che prendono forma in semicerchi, corone circolari, segmenti divergenti, pilastri oscuri quali il palpito dei grattacieli, e sfere mai concluse come l’avventura delle vita e dell’arte.

Bisogna qui usare un metro critico non solo basato sulle sensazioni, ma sulla Storia, perché non esiste città senza la Storia, in quanto le costruzioni umane risentono di Essa e contemporaneamente la fanno. Ma l’uomo dov’è? Non lo vediamo, se non decomposto in “ultradimensioni” nei quadri recentissimi: eppure esiste, perché egli è l’energia nascosta d’ogni umana costruzione, d’ogni avventura. Ma per vederlo e sentirlo dall’alto l’uomo, Paolo Viterbini doveva trovare una formula inusitata, in quanto a lui non interessa la realtà esterna, quanto la realtà in sé: non il fenomeno, ma il suo noumeno. E, in tale direzione, ci ha dato una prova artistico-speculativa da ammirare e, sopr