#parigi e la tragica politica di questi giorni

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L'omaggio di un ragazzo francese alle vittime uccise al teatro Bataclan a #parigi il 13 novembre 2015
#parigi
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La tristezza che pervade tutti in questo surreale fine settimana di metà novembre dovrebbe imporre riflessioni serie, anche seriose all’occorrenza, non banali come tante che si leggono sui media e nelle strade tra la gente comune, come quelle che riempiono ad esempio le bacheche facebook ed in generale i social e non solo in queste ultime ore.

#Parigi e il dramma che sta vivendo la Capitale francese merita rispetto, lo stesso rispetto che dovremmo avere verso noi stessi quando parliamo, prendiamo posizione, argomentiamo un punto di vista sull’accaduto.

La politica dovrebbe essere gestione delle responsabilità, dovrebbe essere governata usando il raziocinio, non ragionando con la “pancia”. In queste ore sono i bassi istinti che prendono il sopravvento, l’idea che c’è sempre più spazio per il trivio nella politica e nel pensiero, unico o non che sia, dettato dal contingente, dalla rabbia e dall’odio mi fa semplicemente orrore.

E’ opinione di chi scrive quella per cui  l’orrore per questo modus operandi è anche superiore al dolore che proviamo tutti davanti alle immagine da #parigi di oltre ventiquattro ore fa. Sabato mattina Parigi si è svegliata in una cappa silenziosa spettrale, le nostre coscienza o per meglio dire quelle di alcuni sono state “lavate” con frasi ad effetto, pro domo di chi dichiara.

Sarebbe comodo per me scrivere che la colpa è di un Islam doppio e cinico (oltre che baro :)), sceglierò il percorso più impervio sicuramente quello “peggiore” utile a non raccogliere consensi, ma distinguo e critiche dai #migliorichetimigliorano.

Non ci si può arrendere al terrore e alla paura, è francamente singolare vedere da ampli strati della classe politica italiana giudizi “tanto al kilo”. Si inneggia a Putin con la facilità con cui tutti parlano di strategia militare, come generali con esperienza sul campo.

Ogni opinione, finché non sfocia nell’offesa all’altro da se, ha diritto e dovere di cittadinanza. Il problema, sottolineo sommessamente, è che le ragioni profonde che hanno innescato l’esclation del terrore a #Parigi e in generale in occidente dai tragici fatti legati sempre alla Francia e alla sua capitale del gennaio scorso con la strage di Charlie Hebdo devono farci riflettere. E vederci riflettere sulle responsabilità dell’Occidente, che non sono meno importanti e gravi di quelle del cosiddetto “Islam” moderato o radicale che sia.

Dobbiamo imporci un esame di coscienza come Occidente profondo e serio, che non vuole dire essere complici ed arrendevoli. Dire #iononhopaura se diventa il tratto distintivo tra buoni e cattivi è esercizio di stile che si commenta da solo, se possiamo parlare di stile.

Ripeto non basta individuare il nemico ed esporlo al pubblico ludibrio, non basta chiudere le frontiere, alzare muri come una certa Europa retriva e fuori dal tempo vorrebbe, da mesi, in Ungheria e non solo.

Serve responsabilità e giudizio, non arrendevolezza, ma decisione sulle priorità. Troppo si è lasciato al gioco perverso dell’alleato di convenienza in medio Oriente e non solo. Vellicare personaggi come Bin Laden prima, prima ancora i talebani, passando per Saddam Hussein, citando solo alcuni protagonisti della nostra Storia, ha portato a questi risultati. Lasciare soli personaggi come Massoud, eroe della resistenza afgana all’URSS, il leone del Panshir guarda caso ucciso pochi giorni prima dell’11 settembre 2001 e tenere per anni al potere e foraggiare – diciamocelo chiaramente – Assad in Siria e non solo, ha lasciato spazio alla formazione di un corpaccione indistinto come ISIS che è sfuggito di mano a chi voleva un player con cui controllare un teatro complicato nello scacchiere mondiale.

Queste sono comunque le ore della riflessione, del dolore, ma devono esserlo anche della consapevolezza. Per rispetto delle vittime di #parigi e di noi stessi.