PNRR, da grande opportunità a possibile spreco

Lunedì 5 Giugno ad Albano un Consiglio Comunale straordinario chiesto dalle opposizioni sullo stato dei progetti PNRR e la visione dell'amministrazione comunale sul loro utilizzo

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Palazzo Savelli

Indro Montanelli alle soglie del 2000 disse che l’Italia intesa come nazione non avrebbe avuto futuro, perché incapace di riconoscere il suo passato, mentre gli italiani avrebbero conquistato il mondo, con la loro capacità, oggi si direbbe resilienza, di affermarsi, specie nelle situazioni più difficili. Che la “Gens Italica” abbia insospettabili doti di sopravvivenza e riscatto è opinione diffusa, spesso avvalorata dai fatti, ma a guardare gli ultimi anni qualche dubbio potrebbe venire.

Il logorio della vita moderna, oppure una certa pigrizia fatalista, per cui, nonostante l’aggravarsi continuo dei problemi seri che ci portiamo dietro da decenni, ci porta a pensare che comunque ce la caveremo.

Questo affidarsi allo stellone ci ha accompagnato negli ultimi tragici eventi che hanno segnato e segneranno le nostre vite. La pandemia ed il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Nelle settimane in cui di italiani ne morivano a migliaia ogni giorno, lo sport preferito era cantare dal balcone: uno scatto patriottico? No, più prosaicamente un modo per sostituire il tempo dell’aperitivo.

Del perché in Italia nulla stava andando come doveva e del fatto che non avessimo fatto ciò che si doveva, poco ci importava.

Superato di riffa o di raffa quel momento, con qualche storiella che ci siamo raccontati per tirarci su il morale, avviluppati in un surreale dibattito da operetta tra scienziati e stregoni, sono arrivati i soldi del Piano Next Generation EU.

Oltre 200 miliardi, più della metà in prestito, ad ogni modo la cifra più alta tra tutti gli Stati europei. Pure qui a dire il vero ci siamo raccontati una bugia. Ci si disse che avevamo avuto così tanti soldi perché i nostri governanti erano stati i più bravi, la verità era che l’Italia stava talmente peggio di tutti che per non mandarci a gambe all’aria, l’Unione Europea non può permetterselo, ci fu aperta una linea di credito non indifferente. Comunque una grande occasione per fare un po’ delle cose che non eravamo stati capaci di fare nel passato.

Ecco allora il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il mitico e leggendario PNRR: un progetto di rilancio del sistema paese, tantissimi investimenti pronti ad essere messi a terra sui campi più disparati e più importanti per ammodernare ogni settore della nazione. Eravamo chiamati a scrivere il progetto della nuova Italia 2.0. Una cosa seria.

Uno di quei momenti in cui si è chiamati a dare il massimo, di quelli da adesso o mai più.

E quindi? Quindi niente. Al primo tentativo di scriverlo quel piano abbiamo prodotto uno scarabocchio di cui ci siamo vergognati persino di presentarlo, preferendo cambiare il governo che lo aveva scritto.

Una falsa partenza ci può stare. Tutti i più grandi centometristi della storia hanno bucato uno start. E allora facciamo arrivare quelli bravi, anzi quello bravo, ma bravo bravo eh! Il migliore di tutti, che scriverà quel piano al posto nostro, perché restiamo umili, e sappiamo di non avere una terza possibilità. Caso mai, alla fine di tutto ci potremmo pure prendere i meriti, tanto quello ci riesce sicuro, e finito il lavoro lo mandiamo a fare il nonno.

Varato il governo del migliore, che imprudentemente qualcuno estese al plurale in uno slancio di ottimismo, ci siamo dedicati a ciò che ultimamente ci riesce meglio: suonare i violini e roteare le lingue. E via così tra frizzi e lazzi, inventandoci una narrazione delle magnifiche e progressive sorti italiane, immaginandoci cosa avremmo fatto con tutti quei soldi, come un disoccupato che ha appena vinto la lotteria di capodanno, ma si è dimenticato il biglietto.

Abbiamo così trasformato il PNRR in una specie di Doraemon. Doraemon è un personaggio dei cartoni animati anni 80, un gattone bianco e blu, che aveva nella pancia una tasca, da cui poteva prendere tutto quello che gli serviva per fare qualsiasi cosa.

Fu così che tutte le strutture dello Stato, dai ministeri al più sperduto borgo hanno riaperto cassetti chiusi da decenni, tirando fuori ogni progetto possibile immaginabile, meglio se costosissimo, tanto c’è il PNRR che ce lo paga.

Stadi, funivie, palazzetti, palazzoni, campi e campetti di tutti gli sport, meglio se sconosciuti, a patto che vadano di moda, teatri, cinema, e via andare. Ogni singolo progetto rigorosamente slegato da una visione che andasse oltre il perimetro della propria città, per cui ci siamo trovati con tre teatri da 200 posti in tre comuni confinanti, immemori della crisi dei teatri e dei cinema, palazzetti dello sport di dimensioni olimpiche in territori in cui non esiste una società sportiva o un comune capaci di mantenerli, centri di aggregazione giovanile enormi in posti in cui l’età media è 80 anni.

Qualsiasi giornalista d’inchiesta delle grandi testate nazionali si sarebbe potuto sbizzarrire nello scrivere interi volumi sulle dimensioni di spreco che stava prendendo quel piano. Ve la ricordate La Casta? Ecco, uguale. Invece niente. Niente di niente. Per mesi il coro dei violini suonava sempre la stessa canzone: lodi, lodi, lodi. Nessuno che alzzasse un dito per dire che per far funzionare quel piano, oltre a progetti utili, serviva una macchina burocratica efficiente, compiti chiari e governance certa.

Fu così che il migliore, avendosi visto sbattere in faccia la porta del Quirinale, salutò la compagnia, lasciando il piano in mezzo al guado, con tutte le magagne nascoste a chi faceva finta di non vederle.

Qualcuno disse in campagna elettorale che necessitasse di profonde revisioni, nel frattempo è arrivata una guerra in Europa, ma fu considerato eretico dagli orchestrali di cui sopra.

Arrivando ai giorni odierni, in un clima da postumi da ubriacatura, ci accorgiamo che anche la seconda versione di quel piano, inclusi meccanismi di attuazione, risultano fallaci,

Pochi soldi per il dissesto idrogeologico, da Bruxelles qualcuno dice che gli stadi sarebbe meglio farli pagare ai privati piuttosto che indebitarci i contribuenti, enti locali che mancano delle risorse professionali per scriverli dettagliatamente quei progetti, molte risorse rischiano di non essere spese, o peggio di essere sprecate in mille cattedrali nel deserto, la struttura pubblica, con tutti i suoi lacci e lacciuoli non è capace di far camminare i processi.

In questo contesto, grave ma non serio, cade l’iniziativa dei gruppi consiliari di minoranza di Albano Laziale, che hanno chiesto, e ottenuto, la celebrazione di un Consiglio Comunale straordinario proprio sul PNRR.

Quanti e quali bandi hanno visto la partecipazione del Comune di Albano? Su quali materie? A che punto sono i processi di avanzamento burocratico e pratico delle opere? Quale idea di città sottendono gli investimenti chiesti e ottenuti?

Una operazione verità necessaria, a cui sarebbe opportuno partecipassero in numero significativo anche i cittadini. Non per fare schiamazzi, animare pregiudizi strumentali a fine di propaganda, non se ne sente il bisogno, ma per approfondire, riflettere, finchè si è in tempo, su scelte che determineranno la vita della città per i prossimi lustri.

Andrà tutto bene…si spera…